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Gli effetti collaterali della manovra economica sulle banche

Mariarosaria Marchesano

Bloccare la deducibilità delle perdite su crediti danneggia il settore, compreso il Mps di stato. Analisi di Mediobanca

Milano. Mentre sul progetto di bilancio approvato dal Consiglio dei ministri sta per aprirsi con Bruxelles un confronto “ordinario”, come l’ha definito il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, nel documento programmatico di bilancio c’è una misura aggiuntiva – tra quelle inserite per la lotta all'evasione e all'elusione fiscale – che ha le potenzialità di insidiare la relativa tranquillità “domestica” riconquistata dal settore bancario italiano dopo la drastica riduzione dello spread sovrano in seguito al cambio di governo. Sul testo definitivo della norma ci sono ancora dei dubbi – ne sono circolate diverse versioni e interpretazioni – ma la sostanza è che nel decreto fiscale è stato previsto il blocco per il 2019 della deducibilità di alcune imposte e i benefici connessi alle operazioni di svalutazione degli attivi vengono spalmati su più anni. Un pacchetto che consente al governo di recuperare 1,6 miliardi di risorse – una somma, quindi, tutto sommato molto piccola rispetto al valore della manovra di 30 miliardi di euro – ma che potrebbe generare un danno di portata più vasta. E questo non perché la misura vada ad impattare sui conti economici degli istituti di credito, ma perché rischia di indebolirne la struttura patrimoniale, come messo in evidenza da un’analisi di Mediobanca. Interessante notare che tra le banche che sopporteranno il peso maggiore del pacchetto figura il Monte dei Paschi di Siena, il cui azionista di maggioranza è proprio lo stato, che, però, si prepara a uscire dall’azionariato dell’istituto entro il 2021.

 

La prospettiva di un effetto collaterale e inatteso della manovra economica del governo giallorosso ha fatto sobbalzare sulla sedia più di un banchiere in questi giorni in cui nei board di vari istituti si sta discutendo se e in che misura ribaltare sulla clientela l’effetto dei tassi negativi della Bce come ha deciso di fare Unicredit seppure limitandolo ai depositi sopra il milione di euro. Gli operatori bancari si preparano, infatti, a contabilizzare per l’esercizio 2019 l’erosione degli utili che deriva dal fatto di avere grandi masse di liquidità parcheggiate presso la banca centrale europea che di recente ha ridotto ulteriormente sotto zero i tassi di deposito. E adesso arriva direttamente da Palazzo Chigi una stangata, che non è proprio una nuova tassa ma un po’ ci assomiglia. Di che cosa si tratta esattamente? Nel decreto fiscale che accompagna la manovra economica inviata alla Commissione europea é stato inserito per quest'anno lo stop alle deduzioni sulle svalutazioni e perdite sui crediti deteriorati (i non performing loan) e sono state differite in dieci anni le deduzioni sulle svalutazioni (questo ai fini Ires e Irap) di crediti e altre attività finanziarie derivanti dall’applicazione dei nuovi principi contabili Ifrs e, infine, rimodulata la deducibilità delle tasse sull’avviamento d’impresa. Secondo gli analisti di Mediobanca, benché queste misure valgano una tantum, in quanto saranno applicate solo nel 2019, rischiano di impattare direttamente sui Cet1, cioè i requisiti di solidità patrimoniale delle banche. Sempre in base all’analisi di Piazzetta Cuccia, l’entità di tale impatto non si può stimare uguale per tutti, ma potrebbe variare da un livello minimo o pari a zero, come nel caso del gruppo Intesa Sanpaolo, a una soglia più che negativa come per Montepaschi e Banco Popolare di Milano. Negli ambienti bancari la domanda è: possibile che dopo gli anni passati a disinnescare la mina dei crediti inesigibili sui bilanci e a portare avanti le operazioni di de-risking, tanto caldeggiate dalla vigilanza europea, ora arriva una norma che vanifica in parte questo sforzo?

 

Lo scenario secondo Mediobanca

 

Prendiamo il caso Mps. Il Mef sta trattando con l’Unione europea la scissione di crediti a rischio per 10-14 miliardi di euro. La decisione definitiva di Bruxelles arriverà solo dopo l’insediamento del commissario Margarethe Vestager, che entro poche settimane dovrà esprimersi sull’esistenza o meno di aiuti di stato e quindi di eventuali effetti distorsivi sulla concorrenza. Ragionevolmente, dunque, il responso della Ue arriverà prima che a fine dicembre il governo italiano ottemperi agli obblighi di dettagliare le modalità di uscita dal capitale di Mps. Che effetto avrà su una banca che dovrebbe essere resa appetibile per gli investitori privati il blocco della deducibilità delle svalutazioni dei crediti? Naturalmente, Mediobanca prende in considerazione lo scenario peggiore, che non tiene conto dell’effetto mitigazione che potrebbe esserci con la trasformazione di queste nuove attività di bilancio (che sono considerate alla stregua di imposte anticipate) in crediti d'imposta differiti. Se, però, in futuro questo percorso non dovesse essere consentito, allora, dice la ricerca, potrebbero esserci effetti sul capitale delle banche con elevate perdite fiscali da portare in bilancio. In conclusione, Mediobanca vede “un basso profilo rischio-beneficio a medio termine per il governo dopo il doloroso processo di ristrutturazione che le banche italiane hanno attraversato negli anni passati”. Come per dire, che il gioco non vale la candela.

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