Bruno Tinti a Omnibus

“Spianare il Turchino”. L'approccio di Tinti contro l'evasione fiscale

Luciano Capone

Un ex magistrato offre, in stile Portobello, il rimedio definitivo che si chiama “contrasto di interessi”. Ma come ogni soluzione semplice è sbagliata 

Roma. Da noi non c’è questione che non possa essere risolta facilmente, da sempre siamo il paese dove le soluzioni semplici ai problemi complessi trovano terreno fertile. Solo che decenni fa questo approccio era una prerogativa dell’intrattenimento, oggi invece dell’approfondimento politico. Allora il problema era la nebbia in Val Padana, ora l’evasione fiscale.

 

 

Verso la fine degli anni 70 Enzo Tortora conduceva “Portobello”, un popolarissimo programma televisivo dove persone comuni presentavano le loro invenzioni. Un giorno si presentò il signor Pietro Diacono, tranviere milanese, per offrire al paese la soluzione definitiva al problema della nebbia in Val Padana: spianare il Turchino. “Il principio è semplice – diceva il sig. Diacono – è lo stesso che cambiare l’aria in una stanza: apriamo una porta e una finestra, così si crea un movimento circolatorio d’aria”. E così, siccome la porta c’è già ed è la costa adriatica da Trieste in giù, il sig. Diacono propone di aprire una finestra dall’altro lato, in Liguria: “Qui sul passo del Turchino”. “Cosa intende per spianare il passo del Turchino?”, chiede scettico Tortora. “Abbassarlo al livello del mare. Senza tutte quelle curve”. Ma lì ci abita della gente, ribatte perplesso il conduttore. “Lei si rende conto di quante migliaia di persone muoiono per via della nebbia? E quanti migliaia di miliardi di danni provoca la nebbia?”. La scenetta, terminata tra gli applausi e le risate del pubblico, è rimasta nell’immaginario collettivo anche per il dibattito sull’efficacia dello strambo progetto che poi ne nacque.

  

 

Dopo quarant’anni abbiamo avuto la fortuna di assistere a un remake dello sketch in un programma condotto, ironia del destino, proprio da una figlia di Enzo Tortora, la giornalista Gaia che su La7 conduce il programma di approfondimento “Omnibus”. L’ospite non è un tranviere che suggerisce di spianare il Turchino, ma un ex magistrato che offre il rimedio definitivo per stroncare l’evasione fiscale. Lui si chiama Bruno Tinti e il suo metodo risolutivo “contrasto di interessi”: “Lo strumento per abolire l’evasione dell’Iva è la detrazione totale delle spese – dice Tinti –. Se consento all’utente finale di detrarre dal reddito quello che ha speso, compresa l’Iva, abbiamo ipso facto risolto il problema dell’evasione. Perché creiamo il contrasto di interessi”. Semplice: se tutti possono scaricare tutto, dice Tinti, allora chiederanno sempre la ricevuta. Per gli evasori non c’è scampo. “Ho fatto un calcolo banalissimo: immaginiamo un idraulico, che abbia un reddito annuo di 40 mila euro e su cui paga 14.970 euro di imposta. Immaginiamo poi un qualsiasi consumatore finale con lo stesso reddito – prosegue – se avviene una transazione da 4 mila euro il cliente risparmierà 1.520 euro, ma il professionista dovrà versare 2.016 euro. Quindi l’operazione è sempre a vantaggio del fisco”. Semplice, come spianare il Turchino.

 

Ma perché nessuno ci ha mai pensato prima? La risposta probabilmente secondo Tinti è che i politici vogliono difendere gli evasori anche di fronte a una ricetta che offre pasti gratis, ma più banalmente è che ha sbagliato a fare i conti. Innanzitutto Tinti fa confusione tra deduzioni e detrazioni, ma assumiamo l’ipotesi a lui più favorevole, quella di una detrazione del 18 per cento, tale da annullare il costo dell’Iva e quindi da non rendere più vantaggiosa per il consumatore la transazione in nero. In realtà ci sono ancora margini che la rendono preferibile: ad esempio, senza fattura il consumatore monetizza subito il vantaggio, mentre con la detrazione deve pagare e aspettare un anno per il rimborso; inoltre l’idraulico, per evitare il pagamento dell’Irpef può sempre offrire uno sconto superiore al valore della detrazione (in pratica se c’è un’imposta di mezzo, i comportamenti collusivi sono per forza di cose sempre più vantaggiosi del “contrasto di interessi”). Ma tralasciando pure queste obiezioni, l’idea di Tinti è che se alla fine il consumatore non paga l’Iva è incentivato a chiedere la fattura e su quella l’idraulico pagherà l’imposta sul reddito, il cui gettito supererebbe la perdita dovuta alla detrazione. Ora, questo meccanismo ovviamente azzera l’evasione dell’Iva, perché per definizione ne annulla il gettito: nessuno evade l’Iva perché nessuno la paga (alla fine tutti scaricano tutto). A quel punto l’Iva si trasforma da imposta in un metodo per segnalare al fisco il reddito degli altri (oppure, vista dall’altro lato, l’Irpef si trasforma in un’imposta che tassa solo il reddito non speso, ovvero il risparmio).

 

Qual è il problema di una soluzione del genere? Che produrrebbe un enorme buco di bilancio. Perché la possibile emersione di nuova base imponibile non riuscirebbe a compensare la perdita di gettito causata dalle detrazioni sulle transazioni che prima avvenivano in chiaro. Per tornare all’esempio dell’idraulico, Tinti non deve considerare come perdita per lo stato solo la detrazione sulla nuova transazione da 4 mila euro, ma anche tutte le detrazioni degli altri consumatori sugli altri 40 mila euro di fatturato dell’idraulico. Sono banali considerazioni aritmetiche che gli studiosi della materia conoscono. Così come i meteorologi erano consapevoli dei limiti dello spianamento del Turchino per eliminare la nebbia in Val Padana. La differenza rispetto a 40 anni fa è che oggi la proposta di Tinti per spianare l’evasione non viene seppellita da una risata.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali