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“Manette agli evasori”, lo slogan per non riformare il sistema fiscale

Giorgio Infranca

Per combattere l'evasione fiscale si è preferito intervenire sul già pesante carico sanzionatorio penale, nella speranza di recuperare rapidamente gettito, senza preoccuparsi di affrontare e superare le inefficienze

Con il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio 2020, è stato previsto un inasprimento del regime sanzionatorio per i reati tributari. Inasprimento che si muove sotto quattro direttrici: pene più alte, soglie di punibilità più basse, inserimento dei reati tributari tra i delitti presupposto per l’applicazione della confisca (e del sequestro funzionale alla medesima) per sproporzione, inserimento dei delitti tributari nell’alveo della responsabilità amministrativa degli enti di cui al DLgs. 231/2001.

 

Se l’obiettivo proclamato è il contrasto all’evasione fiscale, è lecito però chiedersi se le misure previste siano idonee allo scopo o se, diversamente, sia stata adottata la soluzione più immediata per coprire le inefficienze della macchina statale nel rapporto tra fisco e contribuente. Il nostro paese è, come noto, caratterizzato da un complesso disordinato di norme tributarie che – a causa di un modo di legiferare schizofrenico – non è oggi assolutamente in grado di guidare con chiarezza il contribuente nell’assolvimento degli obblighi tributari; da un apparato preposto ai controlli che non riesce, soprattutto per mancanza di risorse, a utilizzare a pieno tutti gli strumenti di accertamento (invero tantissimi) previsti dalla normativa; infine da una giustizia tributaria formata da giudici non professionali, part time, pagati miseramente, che produce esiti paragonabili a un tiro di dadi.

 

Nel conseguire l’obiettivo proclamato, si è deciso semplicisticamente di intervenire sul (già, a dire il vero, pesante) carico sanzionatorio penale, nella speranza di recuperare rapidamente gettito, senza invece mettere seriamente mano, con i tempi necessari, a una più complessa riforma della macchina fiscale, in grado di affrontare e superare le gravi inefficienze sopra segnalate.

 

Dietro lo slogan “manette agli evasori” vi è, senz’altro, la consapevolezza da parte del governo che le misure adottate possano portare, almeno nell’immediato, a un recupero di risorse. Sotto questo profilo, va infatti ricordato che il DLgs. 158/2015 nel revisionare, tanto per cambiare, il sistema sanzionatorio penale tributario ha previsto dei meccanismi premiali in termini di esclusione della punibilità o di attenuazione della pena a favore dei soggetti che provvedono all’integrale pagamento delle somme richieste dall’erario.

 

In quest’ottica appare verosimile immaginare che l’inasprimento del regime sanzionatorio penale porterà sempre più il contribuente, anche nel caso in cui abbia ragioni da spendere per contestare nel merito la pretesa (situazione peraltro aggravata dallo stato della giustizia tributaria sopra ricordato), a chiudere il prima possibile la pretesa con il fisco, pagando tutto e subito, per evitare conseguenze peggiori. Ma è una scelta che non pare cogliere nel segno. Non si affrontano minimamente le criticità del nostro sistema fiscale (che anzi si tenta di nascondere) e si finisce, in fin dei conti, per colpire in maniera indiscriminata tutti i contribuenti, senza distinguere condotte caratterizzate da un effettivo intento evasivo e condotte che si collocano nel contesto della confusione normativa sopra delineata e dunque nell’ambito della cosiddetta evasione interpretativa.

 

Solo costituendo, a monte, un sistema uniforme di regole chiare, al passo con i tempi e con le nuove forme di business (si pensi ad esempio alla disciplina degli affitti brevi o al mondo dell’influencer marketing), si può facilmente individuare chi si ponga effettivamente in contrasto con esse. Solo attuando un sistema di controlli efficaci che non rimanga sulla carta, si può rintracciare dove si annida la vera evasione (piccola o grande che sia). Solo professionalizzando infine la giustizia tributaria, si assicura, in un colpo solo, il diritto del contribuente alla giusta pretesa impositiva e la tutela dell’interesse erariale.

In conclusione, nel combattere una battaglia si può decidere di utilizzare la tecnica, individuando seriamente gli obiettivi per colpirli in maniera chirurgica oppure si può decidere di sparare all’impazzata con la speranza di colpire più target possibili. Pare evidente quale sia la direzione intrapresa.

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