Airbnb contro i luoghi comuni su contante e diffidenza digitale

Renzo Rosati

“Lo sviluppo dei pagamenti digitali è positivo, i nostri viaggiatori e proprietari non depauperano il territorio”. Parla Romano

Roma. Come vive la guerra governativa e favore dei pagamenti digitali la maggiore piattaforma mondiale per affitti brevi di case, cioè Airbnb, che basa l’intero business sui pagamenti tracciati? Ovviamente bene, ma non mancano problemi. Iolanda Romano, responsabile affari istituzionali per Italia e sud-est Europa della company fondata nel 2007 da Brian Chesky a San Francisco, sottolinea due dati: “Primo, l’Italia è al 23esimo posto su 28 della classifica europea di digitalizzazione dei pagamenti. Sta migliorando la propria performance, tuttavia secondo il ministero dell’Economia l’86 per cento delle transazioni complessive è ancora regolato dalle banconote. Il secondo dato è che in questa situazione Airbnb è l’unica piattaforma che rende impossibile il ricorso al denaro liquido, e quindi l’evasione. Altri concorrenti, però, non sono nella stessa situazione”.

 

E’ un’anomalia, ma in fondo anche una curiosità, dal momento che ci si immagina che tutto ciò che passa via internet sia tracciato. “In apparenza. Quando una casa o un soggiorno in albergo vengono affittati con Airbnb il pagamento è perfezionato attraverso la piattaforma, dopo il check-in, mentre altri siti chiedono sì un numero di carta di credito a cauzione, però il cliente può poi saldare il conto in contanti. Il nostro sistema è l’unico che garantisce la piena tracciabilità e l’assolvimento degli obblighi fiscali, a cominciare dall’Iva. Ma non ci muoviamo in una situazione di concorrenza leale”.

 

Airbnb sostiene il governo nella lotta al contante, ma deve vigilare anche su due altri fronti. Il primo è la cedolare secca che nel caso degli affitti brevi è al 21 per cento e per la quale l’azienda fa da sostituto d’imposta. Intanto, dopo il vertice di maggioranza sulla manovra, è stato ieri ritirata l’ipotesi di aumento al 12,5 per cento della cedolare secca sugli affitti a canone concordato dal 2020 che verrà invece abbassata al 10.

 

Il secondo fronte di interesse per Airbnb è l’introduzione di un codice identificazione unico nazionale (Cin) per tutte le forme di ospitalità. “Sul primo punto abbiamo fatto ricorso al Consiglio di stato che ha rinviato il tutto alla Corte di giustizia europea. Attendiamo la sentenza, considerando che all’estero non esistono i nostri obblighi. Sul secondo il clima è di massima collaborazione e totale disponibilità, benché il turismo sia materia concorrente tra stato e regioni, e nonostante i referendum autonomistici presentati dalle regioni del nord”. La collaborazione consiste nella trasmissione dei dati non solo all’Agenzia delle entrate ma anche alle autorità di pubblica sicurezza e agli stessi enti di promozione turistica regionali per monitorare il flusso dei visitatori. Tuttavia il leader mondiale degli affitti brevi giudica assai positivamente la svolta “cashless”: “Incentivi alle transazioni digitali anche online sono benvenuti”, dice Romano. “Purtroppo scontiamo da una parte il conservatorismo anti contante, dall’altra una certa diffidenza verso le piattaforme internet, che tendono a essere considerate come esportatrici di ricchezza all’estero. Però non tutte sono uguali. Nel nostro caso il 97 per cento dei compensi ai proprietari di casa rimane sul territorio, mentre le tasse vanno allo stato”.

 

Nel 2018 l’impatto economico di Airbnb sull’Italia è stato di 5,4 miliardi, con una spesa media giornaliera per gli ospiti di 125 euro. Aggiunge Iolanda Romano, che ha un curriculum di mediazioni e dialogo con il territorio, per tre anni è stata commissario governativo per il terzo valico ferroviario Genova-Novi Ligure ed è animatrice di Avventura urbana, fondata a Torino nel 1992 per far dialogare istituzioni e comunità locali: “L’Italia è quarta dopo Stati Uniti, Francia e Spagna e prima del Regno Unito per benefici prodotti dalla piattaforma. Il 43 per cento dei nostri viaggiatori ha effettuato acquisti negli stessi quartieri nei quali ha soggiornato; il 51 dichiara di spendere in loco i soldi risparmiati attraverso Airbnb”. Il classico circuito virtuoso, purché la politica abbia il coraggio di contrastare i luoghi comuni.

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