(Foto LaPresse)

La variabile Dongfeng sulla fusione Fca-Psa

Mariarosaria Marchesano

Perché la presenza della terza compagnia cinese nell’alleanza può indispettire la Casa Bianca

Milano. L’Eliseo sarà particolarmente vigile sulle condizioni della fusione tra Fca e Psa, come ha in sintesi detto ieri il ministro dell’economia e delle finanze francese, Bruno Le Maire, ma anche la Casa Bianca ci butterà un occhio. L’ incognita politica che rischia di pesare sulla definizione dei dettagli dell'accordo, non è limitata alla Francia, per il fatto che lo stato è socio di Psa, ma potrebbe essere rappresentata soprattutto dagli Stati Uniti. Che tipo di reazione avrà il presidente Donald Trump di fronte al matrimonio tra il gruppo italo-americano, nato nel 2014 dalla fusione tra Fiat e Chrysler, e la francese Psa, a cui fanno capo marchi come Peugeot e Citroen? La questione assume una certa rilevanza alla luce del fatto che uno degli azionisti 'forti' di Psa è il gruppo cinese Dongfeng Motor, il quale detiene il 12 per cento circa del capitale, partecipazione analoga a quelle possedute dallo stato francese e dalla famiglia Peugeot. Le ultime indiscrezioni di agosto su un’imminente uscita di Dongfeng non hanno ancora trovato conferma ed è lecito porsi qualche interrogativo su come potrebbe essere considerata questa presenza da Trump viste le tensioni nei rapporti con la Cina. “Riteniamo che il presidente degli Stati Uniti potrebbe opporsi a un accordo che potrebbe portare un gruppo cinese a diventare azionista del terzo produttore automobilistico statunitense”, afferma Andrea Belloni, analista del centro studi di Mediobanca in un report. Detto questo, “vale la pena ricordare che si dice che Dongfeng sia interessato a vendere la sua partecipazione”, prosegue l’analista paventando, quindi, una possibile uscita in concomitanza proprio delle nozze tra il gruppo presieduto da John Elkann e quello guidato da Carlos Tavares, che ieri sono state “benedette” dalle Borse di Milano e Parigi con forti rialzi per entrambi i titoli.

 

La ‘variabile‘ cinese potrebbe giocare in questa trattativa lo stesso ruolo svolto dai giapponesi di Nissan nelle mancata aggregazione tra Fca e Renault. All’inizio tutti sottovalutarono l’esigenza di Renault di consolidare la partnership con Nissan, che finì con mettere una serie di paletti, contribuendo così a far naufragare l’affare. Se Dongfeng vuol davvero vendere, potrebbero crearsi le condizioni per un’alleanza a vantaggio di Fca, ma in casi come questo sono diversi i fattori da considerare. Come ha ricordato di recente Bloomberg, la vendita delle quote cinesi in Psa andrebbe a rompere un delicato equilibrio in un’ottica di prospettive di sviluppo industriale. Dongfeng – che è tra i primi tre produttori di automobili in Cina - si troverebbe a incassare una grande liquidità (il valore della partecipazione è stimata in 2,5 miliardi di euro) nel momento in cui i rivali occidentali, invece, devono attingere alle proprie casse per investire nei veicoli elettrici e nei sistemi di guida autonomi.

 

Se andasse in porto, dalla fusione Fca-Psa nascerebbe il quarto produttore mondiale con 8,7 milioni di veicoli prodotti, vendite per 185 miliardi di euro e un utile netto di 6,9 miliardi. Uno dei vantaggi per Fca, oltre al rafforzamento in termini di quote di mercato nell’area Emea, sarebbe quello di un migliore accesso alle piatteforme tecnologiche per la mobilità elettrica, campo in cui i francesi sono più avanti. Per contro, il produttore d’Oltralpe troverebbe finalmente uno sbocco sul mercato nord americano da cui è assente da diversi anni (attraverso i marchi Maserati e Alfa, Jeep e Ram). Ma non ci sarebbero solo sinergie. Gli analisti di Banca Imi mettono in luce l’effetto “sovrapposizione” che si andrebbe a creare tra le due case automobilistiche in Europa, mercato che nel migliori dei casi è previsto in stagnazione nei prossimi anni. E proprio qui si apre un ulteriore scenario. Il 13 novembre è attesa la decisione del presidente Donald Trump sui dazi da applicare alle automobili europee, che andrebbero a incidere su 37 miliardi di esportazioni verso gli Stati Uniti. In questi giorni le diplomazie europee e di Washington sono al lavoro per trovare una mediazione, ma è difficile pensare che Trump accetti di ritirare gli aggravi tariffari che finiranno con il rendere ancora più fosche le prospettive del settore nel Vecchio Continente. In questo contesto, uno dei punti di forza di Fca è proprio quella di avere una gamba in America, cinesi di Dongfeng permettendo.

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