La fabbrica sfida i sovranismi
La fusione tra Fca e Psa dimostra che il nazionalismo industriale deve essere combattuto a beneficio dei lavoratori e dei consumatori attraverso innovazione e visione europea
Le trattative in corso tra il Gruppo Fca e il gruppo francese Psa (Peugeot, Citroën e Opel) sono una buona notizia per l’industria automobilistica di entrambi i paesi. Davanti alle grandi trasformazioni che il settore sta affrontando entrambi i gruppi hanno bisogno di stringere sinergie e alleanze strategiche che mettano insieme piattaforme e tecnologie e aprano a nuovi mercati con tecnologie proprietarie e una rete vendita e servizi efficiente e ben strutturata anche per il sempre più decisivo post-vendita, ovvero i servizi per la mobilità. Se al termine di queste tre settimane previste dall’intesa si concluderà il memorandum of understanding e andrà in porto l’intesa tra Fca e Psa, si apriranno grandi opportunità, con la creazione di un gigante automobilistico di 50 miliardi di dollari e oltre 9 milioni di vetture.
L’errore fatale del nazionalismo
L’intesa sarebbe un clamoroso smacco al primo ministro francese Emmanuel Macron e al ministro delle Finanze Bruno Le Maire travolti dal loro nazionalismo industriale, che appena sei mesi fa, fecero saltare l’accordo che avrebbe sicuramente rappresentato, insieme a Nissan e Mitsubishi, una straordinaria opportunità per Fca e Renault, ma in quell’occasione l’ingerenza del governo francese, azionista dal 15 per cento di Renault, e le resistenze dei giapponesi a cui si è aggiunta la totale assenza del governo italiano fecero saltare l’intesa. Oggi ci aspettiamo che davanti a questa nuova opportunità il governo italiano faccia la sua parte occupandosi di questa partita cruciale per industria e lavoro del nostro paese. Il contesto rispetto a Renault è differente ma bisogna ricordare che anche in Psa il governo francese è entrato tramite BpiFrance (in Renault la partecipazione statale non solo era al 15% attraverso l'Ape, l'Agenzia pubblica per la gestione degli investimenti statali, ma con ben il 30 per cento dei diritti di voto) per salvare l’azienda insieme ai cinesi di Dongfeng nel 2008, e ognuno detiene oggi il 12,2 per cento per cento (bisognerà verificare che non vi saranno reazioni ostili del governo americano rispetto alla presenza dei cinesi). Le parole del Presidente di Renault Dominique Senard – “abbiamo sciupato l’occasione di realizzare un campione europeo” – fanno ancora eco all’Eliseo. E oggi il governo francese ha un problema aperto proprio con Renault rimasta sola a danze aperte. Gli analfabeti funzionali dei due paesi dovrebbero ricordare, quando parlano della fine dell’Auto in Italia o in Francia che Fca era fallita (di fatto) nel 2003 e altrettanto si può dire per Psa nel 2012. Quest’ultima peraltro ha in corso un piano di ristrutturazione che riguarda chiusure francesi e delocalizzazioni verso Slovacchia e Spagna.
Psa e Fca hanno già un ottimo precedente con una consolidata sinergia nello stabilimento Sevel in Val di Sangro in Abruzzo, dove producono in joint venture veicoli commerciali rappresentando in Europa il primo produttore di questo segmento con 293 mila veicoli commerciali nel solo 2018 di cui il 25 per cento in Germania dove batte i concorrenti tedeschi dello stesso segmento.
Il Gruppo Fca include dieci marchi Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat professional, Jeep, Lancia, Ram e Maserati per un totale di 199.000 dipendenti diretti e 102 stabilimenti al mondo, di cui quelli Italiani sono tra i più innovativi al mondo e un fatturato di 110 mld di euro. Il gruppo Psa include invece cinque marchi Peugeot, Citroën, Ds automobiles, Opel, Vauxhall con oltre 208 mila dipendenti.
Le integrazioni delle piattaforme
L’alleanza con Fca aprirebbe per la casa automobilistica francese le porte al mercato americano, in cui il gruppo Fca è molto forte, mentre Psa porterebbe in dotazione le piattaforme sull'elettrico e la più radicata presenza sul fronte asiatico. Un aspetto di grande interesse per Fca riguarda la piattaforma modulare Cmp ed efficiente che riguarda i segmenti B (utilitarie) e C (famigliari) e affianca la EMP2 (Efficient Modular Platform) utilizzata con successo anche sull’ammiraglia 508 e tutte le auto medio grandi, Suv inclusi che fa grande concorrenza alla Mqb di Volkswagen. E consente alle auto compatte di diventare veicoli multi-energetici, a trazione termica (benzina e diesel) e con Cmp anche full electric. Fca e Psa insieme hanno venduto complessivamente lo scorso anno 8,7 milioni di automobili: a tale livello sarebbero la quarta casa automobilistica al mondo, davanti a General Motors con 8,4 milioni di auto. Volkswagen ha venduto 10,8 milioni di vetture, una cifra simile a quella dell'alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. Toyota ne ha vendute 10,6 milioni.
Molti analisti da tempo considerano che il grande processo di consolidamento lascerà in piedi sei grandi costruttori globali, sempre più orientati a vendere molti servizi collegati alla mobilità. Da questo punto di vista la fusione genera il IV gruppo mondiale, in grado pertanto di rientrare nel gruppo di testa.
Una fusione quindi tra Fca e Psa può generare grandi vantaggi, magari di diversa portata di quelli ipotizzabili con Renault o Hyundai, ma sicuramente interessanti per ampiezza dell’offerta, numero dei brand e copertura geografica. Fca integrandosi con il gruppo transalpino potrebbe porre fine al suo principale problema l’assenza di piattaforme modulari (per costruire modelli diversi per taglia brand e tipologia) come quella di Volkswagen Mqb (Modularer Querbaukasten) una sorta di “Lego” che permette di creare vetture totalmente diverse per stile, brand e tipologia, dai suv alle citycar passando dai monovolume. In questa fase la costruzione di nuove piattaforme richiede molto denaro e ne genera sempre meno. Per questo il cuore dell’intesa riguarda piattaforme modulari, capaci di ammortizzare maggiormente gli investimenti.
Sovrapposizioni e integrazione
Gli assetti occupazionali discendono dai piani industriali e non dalle rassicurazioni a parole. Vigilare sugli stabilimenti italiani
Anche il rischio di sovrapposizioni possibili può essere mitigato con intelligenza sfruttando l’offerta multibrand di entrambe le aziende, oggi la differenza la fanno il posizionamento e il marketing e gli investimenti in tecnologia. Certo che, anche in considerazione dell’alleanza di Psa e Opel bisogna tenere d’occhio le sovrapposizioni su motoristica, segmento B, nuove piattaforme elettriche e Suv bisognerà integrare con intelligenza i due gruppi. E’ chiaro che per noi il focus resta la salvaguardia del lavoro in Italia e la capacità per il gruppo di stare dentro queste grandi trasformazioni.
Vengono in mente coloro che contestavano la scelta di un upgrade delle produzioni verso veicoli a maggiore marginalità (premium e lusso), ma anche la necessità di lanciare sul serio gioielli come Alfa Romeo e Maserati senza confondere i target del lusso con quelli del mercato premium.
Queste sono partite decisive per il futuro dell’industria e del lavoro in Italia e per un settore, come quello dell’Automotive, importante per occupazione e per le ricadute economiche che ha sulla bilancia commerciale del nostro Paese, in particolare sull’export. L’Italia su questo fronte non può permettersi errori né disattenzioni se vuole restare tra le prime manifatture d’Europa. Oggi Fca è un’azienda che ha azzerato il suo debito e che in Italia ha gli impianti più innovativi, crediamo che ciò rappresenti un valore. Fca ha chiuso il 2018 con un fatturato di 110 miliardi di euro mentre Psa di 74 miliardi ma con una crescita importante.
Alla pari, ma davvero
Entrambi i gruppi hanno bisogno di stringere sinergie e alleanze strategiche. Non c’è opposizione governativa che tenga
Auspichiamo un’“alleanza equal”, paritetica non solo nel breve periodo e che imprese e politica comprendono che serve una visione europea della politica industriale anche per difendere le produzioni nazionali. Oggi si riuniranno il cda di Fca e il comitato di Sorveglianza di Psa, abbiamo chiesto di incontrare il vertice del Gruppo e confrontarci sulle prospettive produttive e occupazionali. Il presidente sarà John Elkann e Ad Carlos Tavares. Il cda sarà di 11 componenti, 5 Fca e 5 Psa più 1 indipendente a rotazione, partirà Psa. Bisogna consolidare anche nel medio lungo periodo la pariteticità ed evitare disimpegni italiani futuri. Per un sindacalista gli assetti occupazionali discendono dai piani industriali e non dalle rassicurazioni a parole, su questo vigileremo e in particolare sulla maggiore potenza di fuoco finanziaria per sostenere investimenti corposi.
I due gruppi Fca e Psa, in una nota ieri hanno confermato di progettare l’“unione delle forze per creare un leader mondiale in una nuova era della mobilità sostenibile”. Dopo le indiscrezioni di martedì sera e la conferma dei colloqui arrivata ieri, le due società rendono noto che le discussioni in corso aprono la strada alla creazione di un nuovo gruppo di dimensioni e risorse globali, detenuto al 50 per cento dagli azionisti di Groupe Psa e al 50 per cento dagli azionisti di Fca. La società risultante dalla fusione farà leva sulla sua forza nella ricerca e sviluppo e sul suo ecosistema globale per accelerare l'innovazione e affrontare queste sfide con agilità ed efficienza negli investimenti. L’aggregazione creerebbe il quarto costruttore automobilistico al mondo per vendite annuali per 8,7 milioni di veicoli. Inizialmente la società risultante dalla fusione beneficerebbe di margini tra i più elevati nei mercati ove presente, sulla base della solidità di Fca in nord America e in America Latina e quella di Groupe Psa in Europa.
Sinergie annuali a breve termine del nuovo gruppo sono stimate in circa 3,7 miliardi di euro, senza chiusure di stabilimenti. In entrambi i casi i due gruppi si stanno attrezzando a realizzare incassi da simmetriche procedure di spin-off, la componentistica di Faurecia per Psa, più simile a quella già effettuata di Magneti Marelli, a cui aggiungere Comau per 1,5 miliardi di euro. Comau rappresenta un’eccellenza nella robotica più avanzata. Robotica che è sempre più un’infrastruttura e una tecnologia abilitante per i nuovi impianti industriali. Perderla sarebbe un vero peccato.
Il 7 novembre uscirà un libro inchiesta proprio sugli stabilimenti italiani di Fca che ho realizzato insieme a Diodato Pirone. Chi pensa si stia giocando una partita della old economy sbaglia di grosso. L’automotive riguarderà non solo le trasformazioni della nuova mobilità ma ciò avverrà prendendo a piene mani dalle tecnologie abilitanti della grande trasformazione digitale. Il manifatturiero innovativo sta cambiando pelle, sta tornando al centro grazie all’innovazione e gli schemi di lettura routinari non favoriscono la comprensione di quel che accade. Ieri pomeriggio schizzava il titolo di Fiat Chrysler in apertura della giornata di contrattazioni a Wall Street, guadagnando oltre il 7 per cento. Il titolo di Peugeot perde invece oltre l’11 per cento. Il mondo chiuso vince solo in politica e fa male a lavoratori e imprese. Ormai confido in una più rapida consapevolezza degli elettori che dei politici, la retorica reazionaria e populista ci marginalizza dalle grandi partite globali. Svegliamo i sonnambuli prima che sia troppo tardi.