Perché le donne sono la forza propulsiva della lotta alla disuguaglianza
Il ministro Bellanova e gli studi di Bina Agarwal: “Se vogliamo raggiungere davvero l'obiettivo Fame zero al 2030 dobbiamo tutti insieme affrontare il tema di come spezzare le catene che imprigionano la produttività femminile”
Pubblichiamo l'intervento del ministro, Teresa Bellanova, all'Annual Balzan Lecture di Bina Agarwal presso l'Accademia dei Lincei
Buonasera a tutte e a tutti e grazie al professor Quadrio Curzio per avermi invitato a questa prestigiosa occasione di approfondimento che trovo di massimo interesse. Desidero innanzitutto esprimere il mio sentito e sincero apprezzamento alla Fondazione Balzan, all’Accademia dei Lincei e, di nuovo, al professor Quadrio Curzio che hanno organizzato questa serata, permettendoci di approfondire la conoscenza di Bina Agarwal.
Figura straordinaria a livello internazionale, non solo dal punto di vista della scienza e della conoscenza ma anche per la sua eccezionale testimonianza di impegno personale, sociale, civile e quindi politico.
Mi fa molto piacere essere qui oggi perché il tema di questa serata mi riguarda, ci riguarda.
E l'approccio e le proposte della professoressa Agarwal sono preziosi perché indicano concretamente la via del cambiamento.
Temi come lavoro agricolo e condizione delle donne in agricoltura sono una parte cruciale della mia esperienza, la mia scuola di vita inizia lì. Lì ho conosciuto e sperimentato l’ingiustizia profonda dello sfruttamento del lavoro, il caporalato. Su di me, sulle mie compagne di lavoro.
Per questo, da sindacalista, mi sono battuta per difendere le donne. Non solo per la parità salariale ma anche per difendere il nostro corpo, la nostra dignità. Perché controllo e asservimento spesso equivalgono, per i caporali, a tentare di appropriarsi non solo del lavoro ma del corpo stesso delle donne.
Essere ministra oggi mi carica di una responsabilità importante.
Nelle prime ore al ministero ho pensato alle compagne braccianti che non hanno avuto la mia stessa fortuna, che hanno pagato con la vita condizioni di lavoro indicibili. Una storia che in parte dura ancora perché le varie forme di sfruttamento sono gli anelli della robusta catena che pesa tuttora sull'universo femminile. In tutto il mondo.
Come ci ricorda la Fao, nei paesi in via di sviluppo le donne costituiscono il 45 per cento della forza lavoro agricola, dal 20 per cento dell’America Latina al 60 per cento in alcune zone dell'Africa e dell'Asia. Lavorano 12-13 ore in più a settimana, dovunque hanno meno probabilità di possedere la terra, e sono loro a soffrire di più la fame e la povertà alimentare.
Ecco perché gli studi della professoressa Agarwal sono cruciali.
Per comprendere le dinamiche nel settore agricolo – anche in rapporto alla dimensione di genere, quanto mai importante – e per individuare soluzioni che promuovano la crescita economica senza aumentare le diseguaglianze e senza provocare un impatto negativo sull’ambiente.
E poi perché se vogliamo raggiungere davvero l'obiettivo Fame zero al 2030 dobbiamo tutti insieme affrontare il tema di come spezzare le catene che imprigionano la produttività femminile.
Come possiamo trasferire sapere e innovazione alle piccole aziende condotte da donne, come consentire loro un accesso paritario alle risorse. Già solo garantendo alle donne un migliore accesso alla proprietà dei terreni si potrebbe ridurre di centinaia di milioni di persone la fame che oggi colpisce 820 milioni di donne, uomini, bambini.
Senza dimenticare che le donne reinvestono fino al 90 per cento dei loro guadagni nelle loro famiglie, assicurando così una migliore educazione e alimentazione ai figli e liberandoli dal giogo della povertà. Sono le donne la forza propulsiva della lotta alla disuguaglianza, perché siamo noi le prime a subirla.
La professoressa Agarwal si concentra sui paesi in via di sviluppo, dove l’agricoltura è spesso il settore che coinvolge il più alto numero di lavoratori ma dal quale raramente ci si aspetta una spinta allo sviluppo e alla crescita. Ribaltando questo assunto, le sue analisi sulle diverse forme organizzative dell’economia agricola e sul fondamentale apporto delle donne in questi contesti, fanno emergere le potenzialità di questo comparto, sottolineando gli interessanti e direi “rivoluzionari” risultati che un diverso modo di fare agricoltura può portare, in termini di migliori condizioni di vita, uguaglianza di genere, impatto ambientale e giustizia sociale.
Permettetemi di estendere queste riflessioni ai paesi cosiddetti sviluppati e al nostro in particolare. Anche in Italia abbiamo molto lavoro da fare. Ho accennato prima al doloroso e ancora attuale problema del caporalato: sfruttamento dei lavoratori e violazione dei diritti sono aspetti ancora aspetti presenti, e non solo nelle nostre campagne.
Le differenze salariali sono ancora molto diffuse: vanno combattute. E dobbiamo garantire alle donne la possibilità di conciliare vita professionale e familiare. Se una donna deve scegliere tra lavoro e figli, abbiamo perso tutti. Come governo stiamo lavorando per dare risposte, anche semplici. Gli asili nido gratuiti che abbiamo proposto nel pacchetto famiglia sono un'azione concreta.
In agricoltura circa il 30 per cento delle aziende è condotto da donne: troppo poco.
Nel ministero su 13 direttori generali ho trovato solo una donna. C'è moltissimo da lavorare. E per le imprenditrici femminili, di qualsiasi età, nella legge di bilancio abbiamo inserito il bonus donna in campo. Mutui a tasso zero per investire, far crescere le aziende, creare occupazione. Diamo credito alle donne perché, sono sicura, sapranno restituire con interessi questa fiducia in termini di migliore gestione del territorio, di comunità più forti, di produzioni più sostenibili, di salvaguardia della biodiversità. Come ci dice proprio la professoressa Agarwal: “Quando ci sono più donne a gestire risorse come le foreste, si ha una maggiore attenzione alla loro conservazione. E questo è importante in un'ottica di sviluppo sostenibile”. Una lezione da tenere a mente anche dinanzi a quel che di rovinoso e drammatico sta accadendo in questi giorni nel nostro Paese a causa del maltempo e della crisi climatica.
Ecco perché gli studi della professoressa Agarwal devono costituire un punto di riferimento anche per il nostro paese, stimolando la riflessione su modi di fare agricoltura più equi e più sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale, fornendo idee innovative in merito all’organizzazione del lavoro, alle dimensioni e alla guida delle imprese agricole, alla presenza delle donne e delle giovani donne soprattutto, e supportando noi decisori nell’adozione di misure più giuste ed efficaci, che favoriscano la crescita e una maggiore giustizia sociale.
La Costituzione italiana esprime i valori della solidarietà e del lavoro, della laboriosità e dell’occupazione per lo sviluppo umano in forme molto avanzate. Spetta a noi tutti ritrovare nella situazione storica e geografica in cui viviamo le condizioni per dare concretezza a questi valori nei quali si realizzano, nella parità di genere, gli uomini e le donne.