Sessione plenaria del Parlamento europeo (foto LaPresse)

Variabile Greta sul bilancio europeo. Ma gli stati frenano

Mariarosaria Marchesano

Accordo in extremis tra Parlamento e Consiglio. 500 milioni di euro oltre il budget per il clima, Strasburgo chiedeva di più

Milano. Quando la Commissione europea guidata da Jean Claude Juncker ha definito l’indirizzo politico del piano di spesa pluriennale per il periodo 2014-2020, Greta Thunberg aveva solo 11 anni e il cambiamento climatico era già all’attenzione delle massime istituzioni dell’Unione. Ma Juncker aveva elaborato la sua proposta in un contesto di crisi finanziaria ed economica e perciò aveva posto l’accento sul rafforzamento degli investimenti, sull’occupazione e la crescita dell’Unione europea, lasciando sullo sfondo l’adozione di una “politica climatica lungimirante”. Da allora sono passati cinque anni e negli ultimi due la questione ambientale – a causa anche del movimento di protesta giovanile promosso dalla ragazza svedese – è deflagrata nel dibattito pubblico conquistando il primo posto nell’agenda della nuova commissione guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, come lei stessa ha annunciato quando è stata eletta a luglio. Ma quest’ultima avrà un potere d’indirizzo nella pianificazione della spesa delle risorse degli stati membri – il contributo dell’Italia è pari a 12 miliardi di euro – solo dopo che si sarà insediata e comunque per il prossimo piano pluriennale 2021-2027, non prima.

 

Così, il progetto di bilancio per il 2020 dell’Unione europea – sul quale è stato trovato un accordo in extremis tra Parlamento europeo e Consiglio degli stati membri la notte del 18 novembre – è l’ultimo proposto dalla commissione Juncker e rappresenta il simbolo di un momento di trapasso tra come il fattore green veniva percepito prima di Greta e come lo è oggi nell’assemblea di Strasburgo che è stata eletta a maggio scorso. Lo dimostra il fatto che l’iter di approvazione del bilancio è stato messo a rischio da un aspro dibattito proprio sui finanziamenti destinati ai cambiamenti climatici. Alla fine è stato raggiunto un compromesso e rispetto al budget di spesa proposto inizialmente dalla commissione europea (168,3 milioni di euro per il prossimo anno) saranno spesi 500 milioni di euro in più per l’ambiente, le piccole medie imprese e i giovani. Per essere formalmente adottato, il bilancio 2020 dovrà essere votato in aula e firmato dal presidente David Sassoli.

 

La mediazione raggiunta lunedì ha soddisfatto solo in parte la deputata tedesca del Ppe, Monika Hohlmeier, che, da relatrice principale del progetto di bilancio, si era data obiettivi molto più ambiziosi ed è era riuscita a creare un fronte unito nel Parlamento che aveva chiesto ben 2,7 miliardi in più per clima, ricerca e altri progetti rispetto al budget. Perché – si erano detti gli eurodeputati – non cominciare ad affrontare concretamente questioni come gli oceani senza plastica e non chiedere agli stati di dare subito una risposta forte alle istanze che vengono dalle nuove generazioni?

 

Questa posizione si è scontrata con quella del Consiglio europeo che avrebbe invece voluto apportare tagli per 1,5 miliardi al budget sollevando non pochi malumori a Strasburgo. Due posizioni distanti che si sono avvicinate con la mediazione svolta nelle ultime settimane dal comitato di conciliazione, costituito dai negoziatori di Parlamento e Consiglio. “Siamo delusi dall’atteggiamento dei contribuenti netti”, ha detto Hohlmeier riferendosi agli stati membri e rilevando le discrepanze tra gli annunci che fanno i leader politici sul tema ambientale e la disponibilità che dimostrano i ministri delle finanze quando si tratta di allargare i cordoni della borsa. Insomma, la deputata tedesca avrebbe voluto un salto in avanti che si è rivelato prematuro, ma va anche detto che ottenere 500 milioni per investimenti aggiuntivi per il settore green è un traguardo che prima d’ora non era mai stato raggiunto a Strasburgo.

  

La sensazione è che sta cominciare una nuova èra e che i nodi verranno al pettine con la discussione per il prossimo quadro pluriennale (2021-2027) in cui l’indirizzo politico della commissione Von der Leyen sarà reso visibile. Gli stati potrebbero essere chiamati a fare uno sforzo in più, ma sul tavolo ci sarà anche un altro problema scottante: come far quadrare i conti dopo la Brexit. Il contributo della Gran Bretagna – pari a 14 miliardi di euro – dovrebbe essere versato integralmente fino a quando il paese sarà considerato a tutti gli effetti stato membro dell’Ue, cioè fino al 2020. Poi sarà gradualmente ridotto fino all’estinzione.