Se Salvini e Di Maio vogliono davvero tutelare i risparmi, si occupino del debito
I due leader dovrebbero farsi spiegare da qualcuno che il ricorso al Mes è strettamente legato alla politica di bilancio
Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), conosciuto come Fondo salva-stati, è operativo dal 2012. In Europa, da circa un anno si discute di una sua possibile riforma. In Italia, però, il tema non ha mai suscitato molto interesse: è davvero difficile trovare commenti da parte dei leader politici riguardanti i progressi in atto. Almeno fino a una settimana fa. Quando Matteo Salvini ha spiegato che “il Fondo salva-stati massacrerebbe i risparmi dei cittadini”. Non sono passate neanche ventiquattro ore che anche Luigi Di Maio ha fatto sentire la sua voce: “Se approvata, la riforma metterebbe a rischio chi ha comprato titoli di stato”.
Queste affermazioni sono piuttosto sorprendenti. Non tanto perché Salvini e Di Maio si dichiarino preoccupati per il funzionamento di un fondo che ha già operato in diversi paesi e che – con la riforma – non subirà cambiamenti sostanziali (ma non sarà che questo è l’ennesimo argomento tecnico – alla stregua del franco Cfa e dei minibot – usato per “distrarre” l’opinione pubblica?), quanto perché si dichiarino preoccupati per i risparmi degli italiani. Chiariamoci. Chi ha la responsabilità di guidare il paese – o chi l’ha avuta in passato – deve porsi come obiettivo prioritario quello della tutela del risparmio come scritto nella Costituzione. Alle parole, però, dovrebbe far seguire i fatti. Se si analizza la politica economica messa in campo da Salvini e Di Maio quando erano insieme al governo, si evince che questa tutela è stata assai blanda. L’introduzione di misure come Quota 100 (che mette a rischio la sostenibilità del sistema del welfare) – per di più finanziate a deficit –, unitamente alle minacce (più o meno velate) di uscire dall’euro, ha contribuito ad acuire la tensioni sui mercati e a far salire il livello dello spread oltre i 300 punti base. Come è noto, un livello di spread elevato – e in crescita – comporta una riduzione del valore dell’investimento in titoli di stato e, quindi, una riduzione del valore dei risparmi degli italiani. Eppure, né Salvini né Di Maio si sono preoccupati per ciò che stava accadendo. Al contrario. Di Maio festeggiava dal balcone di Palazzo Chigi e invitava gli italiani a non concentrarsi troppo sui “numerini”, ossia sul livello di spread. La strategia immobilista del Capo politico del Movimento 5 stelle veniva affiancata da quella interventista del leader della Lega. Salvini spiegava, infatti, che questi risparmi erano una risorsa preziosa a cui il governo avrebbe potuto attingere in caso di necessità. “La forza dell’Italia, che nessun altro degli amici seduti al tavolo oggi ha, né i francesi né gli spagnoli” spiegava a margine di una delle (rare) riunioni internazionali a cui ha partecipato “è un risparmio privato che non ha eguali al mondo. Io sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano. Il governo ha un’idea per ridurre lo spread”. In altre parole, Salvini suggeriva di usare i risparmi degli italiani per calmierare lo spread che cresceva a causa dei provvedimenti presi dal governo. E’ davvero difficile seguire la logica economica sottostante questa “idea”. A conti fatti, né Salvini né Di Maio si sono preoccupati dei risparmi degli italiani quando erano alla guida del paese. E continuano a non preoccuparsene neanche ora, con il primo all’opposizione e il secondo al governo con il Pd e Italia Viva. Lo spread è sceso sotto 150 punti base, ma resta sempre più elevato di quello spagnolo (intorno a 60), portoghese (introno a 50) e francese (intorno a 30). Ultimamente, peraltro, è risalito. Non c’è da stupirsi considerando che il rapporto debito/pil continua a mostrare una dinamica crescente tanto da aver raggiungto quest’anno il 135,7 per cento.
Insomma, ci voleva la riforma del Mes a far preoccupare Salvini e Di Maio. A loro avviso, il ricorso a questo Meccanismo da parte dell’Italia si tradurrebbe in una distruzione dei risparmi degli italiani a causa della “ristrutturazione” del debito che scatterebbe in maniera “automatica”. Nella bozza di proposta disponibile sul sito del Mes oramai da diversi mesi non vi è, però, traccia né della parola “ristrutturazione” né della parola “automatica”.
E’ del tutto normale che i due leader – nel caso abbiano letto la suddetta bozza – non riescano a cogliere appieno tutte le tecnicalità del funzionamento del Mes. Potrebbero, però, farsi spiegare i concetti base del calcolo delle probabilità. Capirebbero che la probabilità dell’evento “ricorso al Mes e ristrutturazione del debito italiano” – che attualmente è molto bassa –, è strettamente legata alla politica di bilancio e all’evoluzione del debito pubblico italiano. Capirebbero, quindi, che se si vogliono veramente preoccupare dei risparmi degli italiani, dovrebbero cominciare a preoccuparsi proprio della dinamica del rapporto debito/pil.