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La ruspa di Visco

Luciano Capone

Il governatore di Bankitalia smonta le bufale sul Mes (e sulla ristrutturazione del debito). E attacca la Lega anti euro

Roma. Anche Ignazio Visco smonta la propaganda sovranista che, attraverso una manipolazione di alcune sue parole, aveva fatto di lui un alfiere della campagna politico-mediatica contro il Fondo salva stati. “La creazione del Mes ha rafforzato la governance dell’Unione monetaria – dichiara il governatore della Banca d’Italia in audizione alla Camera – e ha ridotto i rischi di instabilità finanziaria per ciascun paese e per l’area nel suo complesso”. Quanto alla riforma in discussione “segna un passo nella giusta direzione”, dice Visco, “soprattutto perché introduce il backstop al Fondo di risoluzione unico”, una innovazione da tempo richiesta dall’Italia. Le altre modifiche, che in queste settimane hanno suscitato sdegno e alimentato preoccupazione, sono secondo Visco cambiamenti marginali rispetto all’attuale trattato e, in ogni caso, positivi.

 

Il punto fondamentale, che Visco ribadisce più volte, è che la riforma del trattato del Mes proposta non favorisce la ristrutturazione del debito: “La riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani”. Non cambia nulla rispetto all’attuale assetto, perché “come nel Trattato già oggi in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito” e anche “la verifica della sostenibilità del debito”, prevista per l’accettazione di una richiesta di aiuto “è già prevista dal trattato vigente”. E questa valutazione, che è stata descritta come lesiva degli interessi nazionali, è invece “una clausola a tutela delle risorse del Mes, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore”. Perché, e questo è un punto che Visco ricorda più volte, l’Italia è un creditore del fondo e ha interesse a che i prestiti vengano restituiti e non siano “trasferimenti a fondo perduto”: “I presidi in termini di condizionalità ex ante e di monitoraggio ex post che accompagnano i finanziamenti del Mes erano e restano doverosamente rigorosi. Sono presidi a tutela delle risorse che i paesi dell’area dell’euro hanno ‘investito’ nell’istituzione del Mes”.

 

Visco ha affrontato tutti i punti della riforma: dalla riforma della governance del fondo alla collaborazione con la Commissione europea; dall’introduzione del backstop, inteso come sostegno di emergenza del Fondo di risoluzione unico per gestire le crisi bancarie, alla modifica delle Cacs, le clausole di azione collettiva, utilizzate in caso di eccezionale ristrutturazione del debito. Tutti queste novità sono considerate irrilevanti o migliorative rispetto al trattato finora in vigore. Un esempio è proprio la disciplina delle Cacs che con la revisione del Mes renderebbe sufficiente un’unica votazione dei creditori (“single limb”) per accettare modifiche sui termini dei titoli di stato, anziché una doppia deliberazione (“dual limb”) – per ciascuna emissione e per tutti i titoli – come prevede l’attuale normativa. Secondo alcuni deputati, come Giuseppe Bellachioma della Lega, questa modifica potrebbe essere un segnale ai mercati che rende la ristrutturazione più probabile. Ma secondo Visco questo ragionamento è un “non sequitur”. Anzi, l’effetto è contrario, perché la normativa riduce l’incertezza, con conseguenze positive su spread e Cds: “Come già avvenuto con l’introduzione delle Cacs attuali nel 2013, questa modifica, che non aumenta la probabilità di un default ma riduce l’incertezza relativa al suo esito, potrebbe favorire un calo dei premi per il rischio sul debito sovrano”.

 

Rispondendo al grillino Raphael Raduzzi che aveva provato a incalzarlo, Visco spiega che le sue parole, peraltro non nuove, sul “rischio enorme” pronunciate in un intervento sullo stallo dell’unione monetaria sono state completamente fraintese, perché non si riferivano alla riforma del Mes ma a un ipotetico meccanismo di ristrutturazione del debito. E ribalta così il senso di tutte le polemiche di questi giorni: “Il Mes non è un meccanismo per la ristrutturazione del debito sovrano, anzi è volto a evitarla”. Non è quindi il Mes il vero rischio, ma le nostre finanze pubbliche. “Un paese con un alto debito pubblico – dice Visco – deve porre in essere le condizioni per evitare di dover ricorrere al Mes”. E la strada maestra è ridurre il debito “mantenendo l’avanzo primario su livelli adeguati” e “innalzando la crescita economica. Nel finale Visco ha tirato una stoccata a chi ha alimentato le polemiche in questi giorni: “Abbiamo sicuramente un obbligo: non facciamo risalire lo spread con mosse avventate e dichiarazioni avventate. Ce l’ho con lui”, ha detto rivolgendosi al no euro Claudio Borghi, il presidente leghista della commissione Bilancio che era seduto al suo fianco.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali