La sardina dell'economia che piace alla generazione Z e al ministro Gualtieri

Imen Jane, 25 anni, è diventata star con i suoi spiegoni sui social

Michele Masneri

Roma. E’ il suo momento. Imen Boulahrajane, venticinque anni, nota soprattutto per il suo nome social, Imen Jane, con cui irrora ogni giorno pillole di economia ai duecentomila follower su Instagram, è l’economista che piace ai millennial, anzi alla generazione Z, insomma quella di Greta e delle sardine, ma anche al più anziano ministro dell’Economia Gualtieri, che la vorrebbe a lavorare a via Venti Settembre. Lei non ci pensa neanche, dice al Foglio, perché sta per lanciare “una startup”, “un progetto editoriale, infotainment sviluppato solo su piattaforma social”, insomma la prosecuzione del suo Instagram con altri mezzi.

 

Perché lei dal suo account spiega materie micidiali da boomers – la Finanziaria, la Brexit, il deficit e il pil – al popolo che ha abiurato i giornali come orrendi manufatti radioattivi. Tutto è nato da sua sorella, che “non legge i giornali e che si informa sui social”, spiega Imen, e dall’anno scorso, quando per il decennale della crisi Lehman ha cominciato a ricostruire cos’era successo, in storie da quindici secondi che hanno fatto il botto. Insomma, se nel nostro mondo pericolante ci sono quelli che si lamentano dei 15 euro a pezzo, lei prende il discorso al rovescio e ci mette 15 secondi. “Non è che non c’è più voglia di giornalismo, anzi. Semplicemente cambiano i supporti. Vedo molta rassegnazione in giro, ma è come se dicessimo che la gente non si veste più. No, la gente ha sempre bisogno di vestiti, ma nessuno se li cuce più a casa, e dunque sarebbe folle buttarsi oggi nel business delle macchine da cucire. Va cambiato supporto, e approccio”. “Anch’io lo pensavo: le persone non hanno più voglia di leggere, ma si tratta invece di cambiare. E per cambiare non intendo che bisogna fare i gattini. Semplicemente va trovato un nuovo format”.

 

Così insieme a un cofounder, Alessandro Tommasi, ex manager di Airbnb, sta per lanciare il suo progetto, ispirato a Ian Bremmer, autore di culto americano, “una persona incredibilmente autorevole che però sa essere anche incredibilmente spigliata. Puoi dire cose interessanti, e non per questo devi far cadere la gente addormentata ai convegni”. Sul suo Instagram le chiedono “scusa Imen, mi sai dire cos’è la Corte costituzionale?”, e lei coi suoi spiegoni 2.0 risponde, riposta, decolla. Ma è una star anche offline, dai grattacieli delle startup milanesi alla vecchia assemblea di Confindustria a Roma. Dove posta: “Confindustria, Carbonara e Cottarelli, la mia giornata perfetta”. Ma come: sei una giovane vecchia, alla fine. “Cottarelli è un idolo”, risponde, “non solo per il lavoro che sta facendo, spiegare il deficit e il pil, una cosa che dovrebbe fare la scuola; ma anche come persona, un vero signore”. Imen non traghetta solo il giornalismo o qualcosa che gli assomiglia dal mondo reale a quello dei social, ma porta pure cittadini virtuali nella realtà. Ha organizzato un sit in di protesta per Hong Kong a Milano, “e sono venuti, sono usciti dal computer e sono venuti in piazza. C’erano persone di 40 anni, mi dicevano che era la prima volta che facevano una manifestazione”.

 

Lei, la sardina dell’economia, è invece abituata, viene da una famiglia “di centrosinistra”, “ieri i miei erano appunto dalle Sardine a Busto Arsizio”. Come un’altra illustre influencer lombarda ha due sorelle, però qui tutte politicizzate, “hanno fatto tutte e due le vicesindache per i ragazzi”. Immigrazione di seconda generazione, immigrazione un po’ un per cento, “nonno imprenditore, mamma che ha sempre lavorato nelle istituzioni, interprete, una cugina console del Marocco a Verona”, insomma difficile etichettarla. “Sono cresciuta a Cassano Magnago, il paese di Umberto Bossi, in regione abbiamo la Lega, e non abbiamo la dittatura”. Così sull’immigrazione “non sto con Salvini ma neanche con la Boldrini, ci vogliono i diritti ma anche i doveri, e bisogna capire che è una questione che l’Italia non può affrontare da sola”. Ha frequentato i giovani democratici lombardi di FutureDem, si definisce “progressista liberale”, ma “credo nelle persone prima che nel partito, come tutti oggi. E’ finita l’epoca delle persone che prendevano la tessera di partito a 18 anni”.

Bisogna cambiare il supporto anche in politica, insomma. “Si capisce benissimo dai social, semplicemente le persone sono deluse da un certo clima politico, non dalla politica in sé. E se a destra questa voglia di partecipazione la raccoglie Salvini, a sinistra non la raccoglie nessuno. Non certo Renzi”: considerato un po’ da queste parti la macchina da cucire del centrosinistra, par di capire.

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