“L'intervento nella Popolare di Bari sia temporaneo”. Parla Marattin
“Altro che banca d’investimento, diventi spa e torni al mercato”. E Lannuti presidente di commissione “è invotabile”
Roma. Appena lo provochi, reagisce. “Non è affatto una questione di metodo”, dice Luigi Marattin. E lo dice perché l’impressione che un po’ si ha – a vedere i renziani tutti indaffarati a pignoleggiare sul lessico, sulla scelta di definire “rilancio”, come vorrebbe il M5s, e non “salvataggio”, l’intervento del governo sulla Popolare di Bari – è quella di assistere ai monaci bizantini che discutono sul sesso degli angeli mentre i turchi sono alle porte. “Non si tratta affatto di forma”, dice allora il deputato di Italia viva, “ma di sostanza. Non c’è alcun bisogno di mascherare un’operazione chiarissima, ovvero l’ingresso pubblico nel capitale di una banca in crisi, con slogan accattivanti concepiti dagli esperti di comunicazione, come la ‘banca pubblica degli investimenti’. Noi vogliamo che l’intervento pubblico sia temporaneo, sulla base di un solido piano industriale, e con l’obiettivo di restituire poi la banca al mercato. Possibilmente con un management più efficiente di quello che l’ha portata al disastro. Il che mi porta al secondo punto”. Sarebbe? “Vogliamo che i soldi pubblici entrino solo a condizione che la Popolare di Bari diventi spa, come del resto la riforma Renzi del 2015 la obbliga a fare. Cosicché, quando lo Stato uscirà, si siano rimosse alcune cause strutturali della mala gestio”.
E perché finora a Bari sono riusciti ad aggirare quella legge? “Facemmo quella riforma per rimuovere la causa principale dei crac bancari: una governance opaca, poco contendibile e con vertici inamovibili che caratterizzava le banche popolari di dimensioni maggiori. Un sistema che contribuì a generare più di 20 miliardi di perdite di esercizio nel periodo 2011-2016. Delle dieci banche coinvolte dalla riforma, otto hanno completato con successo la trasformazione, portando in alcuni casi alla nascita di grandi gruppi competitivi, come il Banco Bpm. Invece Bari, insieme a Sondrio, si è opposta facendo persino ricorso alla Consulta, che tuttavia le ha dato torto nel marzo 2018. E’ forte il sospetto che fossero troppo affezionati al vecchio modello di governance, in cui era possibile passare la direzione della banca da padre in figlio indipendentemente dai risultati raggiunti”.
Cosa non vi convince dell’idea di creare una “banca pubblica d’investimento”? “La Popolare di Bari è una banca retail: raccoglie depositi e li presta. Qualcuno sa spiegarmi cosa c’entra la banca d’investimento, che è una fattispecie completamente diversa? E in secondo luogo, banca di investimento per fare cosa? In cosa lo stato sarebbe più efficiente nel fare banca? Forse nel regalare soldi in giro a clientele varie? Insomma, ho l’impressione che anche qui stiamo parlando solo di slogan orecchiabili, completamente separati dalla realtà dei fatti”. E però voi di Iv siete un po’ isolati, nella contrarietà all’intervento dello stato come rianimatore di imprese in difficoltà: da Bari all’Ilva, passando per Alitalia. “Io rifiuto sia la logica che lo stato sia sempre per forza meglio del mercato, sia quella opposta. Dipende dai contesti, dal settore, dalla durata dell’intervento. Ma su questo vedo ancora molta ideologia e anche molta confusione. Leggo che qualcuno parla di ‘fallimento del mercato’ ogni volta che, semplicemente, un privato fallisce. Ecco, consiglio a qualche mio collega di rileggersi meglio un banale manuale di microeconomia base”.
La Commissione d’inchiesta sulle banche, che per Di Maio va inaugurata immediatamente non assomiglia un po’ al tribunale del popolo a cinque stelle? “Nessuna inquisizione. Ma un’opportunità di guardarsi allo specchio come paese e capire cosa è successo dal momento (tardivo) in cui si decise che le banche non dovevano essere più enti di diritto pubblico. Cioè che non dovevamo più attendere l’esito di un congresso di partito per sapere il nome dell’amministratore delegato di una banca. E, infine, che ruolo abbiano avuto sia la politica che le autorità di vigilanza in questo processo. Se la commissione fa questo è utile. Se deve invece essere usata, come quella precedente, come clava di campagna elettorale, allora è inutile e dannosa”. Anche da Salvini arriva la disponibilità a votare per Lannutti come presidente. In teoria, dunque, una maggioranza per assegnare la presidenza della commissione al senatore grillino ci sarebbe. Per voi di Iv è votabile, uno come Elio Lannutti a presidente della commissione, visto che anche Matteo Salvini lo sostiene? “Assolutamente no. Non solo perché è a digiuno di ogni tipo di competenza su banche e economia, ma perché ritengo offensivo anche solo pensare che si possa eleggere in un ruolo così delicato una persona che ha esposto, e mai ritrattato, teorie antisemite”.