Se la maleducazione finanziaria è una scusa per attaccare le banche

David Allegranti

“L'ignoranza ha costi alti”, dice Annamaria Lusardi. E l’Italia è messa male

Roma. Ogni volta che scoppia uno scandalo riguardante una banca, i complottisti fanno a gare di sciacallaggio per spiegare che è tutta colpa dei direttori di filiale che truffano i vecchietti. Di recente, c’è stato il caso di Giovanna Scialdone, insegnante di scienze motorie, che in un’intervista al Corriere della sera si è lamentata di aver investito nella Popolare di Bari 440 mila euro —300 mila in azioni e 140 mila in obbligazioni — “di cui consapevolmente solo 60 mila euro in azioni. Per il resto, tutto è successo a mia insaputa: il direttore della filiale ha avuto gioco facile con me che sono finanziariamente analfabeta”. Lasciamo stare, per ora, una questione spesso sottovalutata dai sedicenti truffati, cioè l’ingordigia di chi va in banca pensando che esistano rendimenti alti senza rischi. E concentriamoci sul problema che è a monte: la conoscenza finanziaria in Italia. Secondo i dati del S&P Global Financial Literacy Survey del 2014, solo il 37 per cento degli italiani ha una conoscenza dei concetti di base, percentuale che accomuna l’Italia ai paesi Brics più che ai paesi del G7.  Secondo un’indagine più recente di Banca d’Italia di inizio 2017, la percentuale degli italiani con un livello sufficiente di conoscenze finanziarie continua a essere di poco sopra il 30 per cento, contro una media del 48 per cento dei paesi del G20. Eppure, spiegail prof. Angelo Baglioni nell’ultimo rapporto sull’educazione finanziaria in Italia pubblicato a giugno dall’Osservatorio monetario dell’Università Cattolica e dell’Associazione per lo sviluppo degli studi di Banca e Borsa, “più elevate competenze finanziarie consentono di prendere decisioni più consapevoli, di proteggersi dagli effetti di una crisi come quella che ci ha investito dieci anni fa, di ridurre le diseguaglianze”.

 

Nel 2017 è nato un Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, il cui compito è proprio di promuovere e coordinare le attività di educazione finanziaria in Italia.  La direttrice del comitato, l’economista Annamaria Lusardi, ha spiegato nel numero dell’Osservatorio di giugno quale siano i problemi dell’Italia:  “La bassa conoscenza finanziaria ha alti costi, che sono stati messi ancor più in evidenza dalle crisi finanziarie”. I dati, scrive Lusardi, “mettono anche in evidenza quali sono i gruppi più vulnerabili. In primo luogo le persone con basso reddito e poca istruzione formale. Ma vi sono fasce della popolazione per cui le basse competenze finanziarie sono meno scontate. Tutte le indagini registrano, per esempio, una minore conoscenza finanziaria delle donne. Le indagini restituiscono anche un quadro uniforme sulle competenze finanziarie molto basse degli anziani, mentre tra giovani il livello di competenze è più eterogeneo”.

 

Un’indagine Ocse-Pisa del 2015  sul livello di conoscenze in tema di financial literacy tra gli studenti quindicenni di quindici paesi europei ed extra europei aiuta a capire qualcosa di più sui giovani. Anzitutto, che cosa si intende per literacy finanziaria? L’Ocse-Infe la definisce così: “Per literacy finanziaria si intende un insieme di conoscenze e cognizioni di concetti e rischi di carattere finanziario, unito alle abilità, alla motivazione e alla fiducia nei propri mezzi che consentono di utilizzare quelle stesse conoscenze e cognizioni per prendere decisioni efficaci in molteplici e diversi contesti di carattere finanziario, per migliorare il benessere degli individui e della società e per consentire una partecipazione consapevole alla vita economica”.  E’ stata proprio la direttrice Lusardi a guidare il gruppo all’Ocse che ha sviluppato questa misurazione.   In questo studio, spiegano Patrizia De Socio, responsabile delle Olimpiadi di economia e finanza, e Alvaro Fuk, dirigente tecnico al Miur e membro del comitato, “sono stati esaminati circa 3 mila studenti italiani di tutte le aree geografiche, (circa il 65 per cento del nord, il 35 per cento del centro-sud). Di questi circa il 46 per cento proveniente da licei, il 33 per cento da istituti tecnici, l’11 per cento da istituti professionali, il resto da centri di formazione professionale. Il risultato medio degli studenti italiani sui 43 quesiti è di 483 punti, leggermente inferiore alla media Ocse di 489, ma con un buon miglioramento di 17 punti rispetto alla rilevazione del 2012 nella quale il nostro paese era finito penultimo della lista”. A dimostrazione che l’educazione finanziaria debba passare necessariamente dalle scuole, coinvolgendo non solo gli studenti ma anche gli insegnanti. Anche loro, come suggeriva Giovanna Scialdone, hanno bisogno di avere conoscenze finanziarie.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.