Non basta eliminare l'uomo per avere meno incidenti sulla strada
La tecnologia ha contribuito alla diminuzione degli incidenti, anche se spesso viene ignorata. Ora arrivano i sistemi di assistenza alla guida (Adas), ma non bisogna cedere alla tentazione di delegare alla macchina le nostre responsabilità
Roma. Meno incidenti stradali, più decessi sulle strade. Il paradosso dei numeri del primo semestre dell’anno è tutto qui. In quella equazione che unisce la gravità di ciò che si verifica sulle nostre strade a coloro che ne diventano vittime, principalmente pedoni e ciclisti, i soggetti più vulnerabili. Secondo i dati Istat e Aci, gli incidenti mortali sono aumentati dell’1,3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre sono scesi gli incidenti con lesioni (-1,3 per cento) e feriti (-2,9 per cento). Allargando però lo sguardo si scopre che, a fronte di un dimezzamento degli incidenti in Italia tra il 2001 e il 2018, il numero di pedoni feriti o morti è rimasto stabile, aumentando quindi l’incidenza sul totale, mentre i ciclisti coinvolti sono aumentati del 35 per cento.
Spiegare quali siano le cause non è semplice. I fattori che concorrono sono molti, dalle infrastrutture alla segnaletica, dall’illuminazione delle strade fino all’anzianità del veicolo. L’unico elemento comune sembra essere quello del fattore umano: che sia un eccesso di velocità, un colpo di sonno, una cattiva abitudine del conducente, una distrazione di chi guida o della vittima, l’uomo è sempre coinvolto nella dinamica che porta all’incidente. Anche per questo, nell’immaginario comune, l’idea di eliminare completamente l’uomo è sempre stata legata allo standard massimo di sicurezza raggiungibile. Eppure, anche nelle prime esperienze di guida autonoma, il dibattito sulla responsabilità del conducente rispetto a quella del software svela come il computer non abbia ancora sostituito del tutto l’automobilista.
“Nelle nostre macchine ci sono sempre più automatismi che subentrano al conducente, ma il comandante a bordo resta l’uomo”, dice al Foglio Enrico Pagliari, coordinatore dell’area tecnica di Aci. “Fino a che c’è il conducente, dobbiamo sempre insegnare il modo corretto per intervenire e al momento le auto in vendita, anche quelle più evolute come la Tesla, hanno ancora a bordo un conducente che deve restare vigile e sapere cosa fare”.
La tecnologia ha contribuito alla diminuzione degli incidenti che si è registrata negli ultimi 17 anni, anche nella sua versione 1.0 che riguarda le cinture di sicurezza e gli airbag. Tuttavia una ricerca Aci evidenzia come anche questi sistemi di sicurezza siano spesso ignorati: solo 2 persone su 10 indossa la cintura se seduta nei posti passeggeri posteriori. Il salto di qualità è atteso con l’introduzione dei sistemi di assistenza alla guida (Adas), dispositivi 2.0 in grado di compensare almeno una delle cause di incidenti, forse la più importante, la distrazione di chi è al volante. Il rilevamento dei pedoni e i sensori anticollisione potrebbero davvero fare la differenza, ma restano uno dei tasselli del quadro. L’interazione uomo-macchina, anche in questo caso, è un punto centrale. “Di fronte all’iniziativa delle auto che potranno subentrare al conducente, si rischia di avere reazioni controproducenti. Sarà importante che le scuole guida prevedano moduli dedicati per insegnare l’uso corretto di questi dispositivi”, spiega Pagliari. “Il freno automatico è l’innovazione più importante e si attiva quando il conducente non si accorge che c’è un ostacolo”. Le aspettative sull’incidentalità urbana a spese di ciclisti e pedoni sono molto alte. “Nei paesi dove è obbligatorio – continua Pagliari – gli incidenti sono diminuiti almeno del 30 per cento”.
In Europa gli Adas saranno obbligatori sulle nuove auto in vendita dal 2022. Ma già si pensa a come promuoverne la diffusione anche sulle auto più vecchie, come quelle che circolano in Italia. “Ci sono dispositivi esterni, l’unico limite è che non possono intervenire ma solo avvisare il conducente del problema”. Un passo avanti nel processo di automazione, che si rivelerà prezioso solo se l’uomo saprà accettare di servirsi della tecnologia senza cedere alla tentazione di delegare alla macchina le sue responsabilità.