Cambiano gli esecutivi, cambiano le maggioranze, cambiano i ministri, cambiano i premier, cambiano le manovre ma alla fine la scelta di fronte alla quale si ritrovano periodicamente i partiti che tentano di governare l’economia del nostro paese è sempre la stessa: una politica con la testa sulle spalle deve assecondare o deve respingere la via giudiziaria alla crescita economica? Negli ultimi giorni ci sono almeno cinque notizie gustose che ci ricordano perché la politica interessata a rimuovere gli ostacoli che rendono difficile la crescita è quella che tenta in tutti i modi di limitare i poteri di supplenza della nostra magistratura. La prima è doppia ed è relativa ad alcuni numeri sul lavoro. Da una parte ci sono i dati positivi sugli occupati, che a novembre del 2019, ha detto ieri l’Istat, sono cresciuti di 41 mila unità rispetto al mese precedente portando il tasso di occupazione al valore più alto mai registrato dall’inizio delle serie storiche: 59,4 per cento, che in valori numerici si traduce in 23 milioni e 486 mila occupati. In molti ieri hanno tentato di attribuirsi i meriti di questo boom ma è sufficiente osservare il grafico storico sull’occupazione offerto dall’Istat per notare che la crescita dell’occupazione ha cominciato ad accelerare nel 2015 ai tempi del Jobs Act (governo Renzi).
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