La carica della partita Iva
È nato come gruppo su Facebook a inizio dicembre e, in poco tempo, la pagina “Partite Iva Insieme per cambiare” ha superato i 300 mila aderenti. Ora è pronta a diventare un'associazione: “Lottiamo uniti per cambiare questo sistema”
Il simbolo è l’omega: quella lettera all’ultimo posto dell’alfabeto greco, che indica nel modo più incisivo la voglia di farla finita con una situazione che percepiscono come iniqua. Il nome è “Partite Iva Insieme per cambiare - Gruppo Apartitico”: in origine un semplice gruppo Facebook, ma che è ormai arrivato a oltre 300.000 aderenti e vuole diventare qualcosa di più.
Tutto è iniziato a novembre dall'incontro tra sei persone a Monopoli, in Puglia. Tra di loro Pino Palmisano, un commerciante che è diventato il presidente del gruppo. Con lui un altro commerciante, un commercialista, due artigiani, un libero professionista, un giornalista. “Un’impresa o Partita Iva che fattura 50.000 euro l’anno ne versa circa 33.200, con un guadagno netto di appena 17.800. Senza contare le numerose ore di lavoro svolte in prima persona anche la notte e nei giorni festivi - si leggeva nel loro appello iniziale - Per fare impresa in Italia ci vuole molto coraggio, ma è un credito di cui tutti i governi si sono approfittati, senza rendersi conto che ormai sta per andare in sofferenza”. Hanno fatto girare il testo sui social e il 12 dicembre erano già diventati 122.000 in tutta Italia. “Cresciamo di almeno 1200 nuovi membri al giorno”, ci spiega il coordinatore nazionale Angelo Di Stefano, commerciante ortofrutticolo all’ingrosso di Modena.
Il loro sogno è quello di costruire anche in Italia un sistema simile a quello tedesco: “In Germania le partite Iva possono scaricare gli acquisti e tutte le spese, inclusi i veicoli. E per fare un controllo il Fisco prende appuntamento con l’imprenditore, proprio perché non si parte dal principio che il cittadino è un evasore. Per pagare ci sono poi scaglioni stabiliti, che al loro interno hanno ulteriori modulazioni per evitare di fare di tutta l'erba un fascio. Dalla Germania subiamo tante cose, cerchiamo pure di copiarli in quelle che funzionano”, aggiunge Di Stefano. “Siamo circa 300.000 partire Iva. Stanche e sfinite per la pressione fiscale, per la scarsa competitività del nostro paese rispetto ad altri, per la troppa burocrazia, per l'assoluta mancanza di diritti assistenzialistici e sanitari di donne e piccoli imprenditori. Ci vuole più equità nel rapporto tra stato e impresa, e deve essere rivisto lo statuto del contribuente. Se no, il paese muore”.
“Uniti si vince”, è il motto. “Dopo tanto tempo che, purtroppo, siamo andati ognuno per conto proprio, iniziamo a agire insieme”. Nel programma si richiede tra l’altro la riduzione del prelievo fiscale e contributivo al 30-35 per cento globale per le imprese di ogni categoria, con minimo fisso; l’abolizione degli studi di settore, con determinazione del reddito analitico; la revisione dello statuto del contribuente e la sua effettiva applicazione; il reddito minimale per le imprese da 15-20.000 euro per un periodo di due anni, da integrare a carico dello stato in caso di mancato raggiungimento; la riduzione dei contributi di lavoratori dipendenti e autonomi; un sistema di protezione del reddito in caso di malattie o altri problemi gravi; l’applicazione delle imposte in modo uguale in tutta la Ue; la riduzione delle aliquote; l’eliminazione degli acconti; la revisione del sistema di agevolazioni creditizie alle imprese; la tracciabilità dei prodotti made in Italy; l’innalzamento del limite dei contanti, con l’abolizione dell’obbligo del pos e delle ganasce fiscali e l’impignorabilità dei conti correnti.
“Ormai stiamo creando una struttura nazionale con direttivo e coordinatori regionali e provinciali”, spiega Di Stefano. “Stiamo facendo incontri e riunioni su tutto il territorio nazionale dalla Sicilia al Trentino per poter ascoltare i problemi, conoscerci e lottare insieme per cambiare questo sistema”. Diventerete un sindacato? “Un’associazione. Ci si può tesserare a un costo di 25 euro: ma, ci teniamo a dirlo, in maniera volontaria”. Il 15 marzo ci sarà a Bari la prima manifestazione. “E altre ne seguiranno”.