Milano. Certe parole non vengono pronunciate a caso. Se l’amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, nel giorno in cui ha presentato il nuovo piano industriale, dice che spera di partecipare “a un consolidamento che venga da molte banche di media dimensione che si uniscono piuttosto che da un’operazione ostile”, significa che sta escludendo ogni possibilità di allearsi con il fronte dei soci storici di Ubi Banca, bergamaschi o bresciani che siano, per contrastare l’offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo. Magari, Castagna a suo tempo ci ha pensato, eccome, a un matrimonio con la banca di Victor Massiah, e magari tra i due c’è stato anche uno scambio di vedute, ma poi non se n’è fatto più nulla e, sembra voler dire il numero uno di Bpm, non è il caso di riparlarne ora, nel momento forse più delicato dell’affare Intesa-Ubi. Il fronte del “no” all’offerta di Intesa Sanpaolo potrebbe, infatti, consolidarsi se anche il terzo patto di sindacato, quello bresciano in cui è presente la famiglia del presidente emerito di Intesa, Giovanni Bazoli, si esprimesse a sfavore come hanno già fatto gli altri due, il Car e il patto dei Mille. In questo caso salirebbe sotto il 30 per cento la percentuale di azionisti di Ubi Banca contrari alle nozze con il gruppo Intesa rendendo più concreta la possibilità di mettere il bastone tra le ruote all’operazione.
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