Perché per l'emergenza la Bei è meglio del Mes. Parla Quadrio Curzio
Secondo l'economista dell'Università Cattolica far leva sulla Banca europea per gli investimenti è la via maestra per far partire un progetto di ricostruzione europea
Milano. “Dare un ruolo centrale alla Banca europea degli investimenti (Bei) nella risposta fiscale per contrastare l’emergenza della pandemia è assolutamente corretto e rappresenta l’unica alternativa possibile al Mes perché andrebbe a vantaggio anche dei paesi nord europei”. Alberto Quadrio Curzio, economista dell’Università Cattolica e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei, spiega al Foglio perché l’ipotesi Bei, emersa a margine del Consiglio europeo di giovedì, non solo può funzionare, ma è l’unica possibile per un progetto di ricostruzione europeo all’insegna di un “solidarismo liberale”. “Spero che il Consiglio degli stati prenda seriamente in considerazione questa possibilità ora che si è dato qualche giorno di tempo per studiare una via d’uscita – dice –. Per come immagino io un simile intervento, la Bei dovrebbe emettere titoli di debito pubblico senza essere esposta ai mercati. L’acquirente sarebbe la Bce e con i fondi raccolti si potrebbero finanziare le casse depositi e prestiti dei vari paesi e anche una nuova euro- Cdp, usando enti già esistenti, che coordini gli investimenti sui territori”.
L’economista ha una sua visione di eurobond, che divide in due categorie: gli “Euro-union-bond” che servirebbero per lanciare un grande piano infrastrutturale e d’innovazione industriale per stimolare la domanda esogena e gli “Euro-rescue-bond” più finalizzati ad affrontare l’emergenza socio-sanitaria. Questi ultimi sono più affini ai “coronabond”, lo strumento di debito caldeggiato da Italia e Francia, che, però, non riesce a superare l’opposizione della Germania e di altri paesi, come dimostra il nulla di fatto con cui si è concluso il Consiglio europeo. In ogni caso, la Bei dovrebbe svolgere un ruolo essenziale in quanto, secondo Quadrio Curzio, è “solo marginalmente considerata nell’attuale emergenza, un po’ come il Fondo europeo per gli investimenti, e invece si tratta di due giganti che possono e devono essere più utilizzati adesso che l’Eurozona rischia una crisi strutturale dell’economia”. La premessa su cui si fonda il suo ragionamento è che non serve un piano Marshall, ma un piano Delors/Draghi, che unisca il pragmatismo dell’ex presidente francese della Commissione europea (1985-1995) e la visione dell’ex presidente italiano della Bce (2011-2019). Ma perché la soluzione Bei potrebbe risultare più convincente rispetto al Meccanismo europeo di stabilità (Mes)? “Perché il Mes ha troppe incognite, mentre la strategia Bei non esonererebbe l’Italia dalla vigilanza sui suoi conti pubblici, ma se riuscissimo a far crescere di più il nostro pil, l’aggiustamento diverrebbe meno faticoso. E probabilmente gli altri paesi capirebbero che il peso del sistema produttivo italiano è essenziale all’economia europea. Basterebbe considerare che tra Francia, Germania e Italia arrivano al 64,2 per cento del pil dell’Eurozona”. Non solo. Un ulteriore fattore messo in luce da Quadrio Curzio è che la Bei, fondata nel 1958, ha come azionisti gli stati dell’Ue con Francia, Germania e Italia che arrivano a poco meno del 50 per cento del capitale sottoscritto e versato. “Raggiungere la maggioranza nelle decisioni, se si considera anche la Spagna, potrebbe non essere così difficile, perché la Bei decide con la maggioranza a differenza del Mes, che ha bisogno dell’unanimità”. Il Consiglio degli stati si è dato due settimane “per studiare una soluzione adeguata all’emergenza che tutti i paesi stanno vivendo”. Ma grazie anche all’intervento del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, l’ipotesi che un’istituzione europea solida come la Bei – che gode del rating tripla A – faccia da ente emittente per nuovi titoli di debito pubblico non è escluso possa farsi largo. Quello a cui si pensa è costituire un fondo di 25 miliardi garantito dagli stati, che con il meccanismo della leva finanziaria arriverebbe a mobilitare investimenti per 240 miliardi attraverso emissioni obbligazionarie di pari importo. Si vedrà se quest’idea riuscirà a convincere il Consiglio.