Per ripartire non bastano le risorse, bisogna liberarle
Già prima dell'emergenza Covid-19 la situazione nel settore dei contratti pubblici appariva tutt'altro che rosea. Suggerimenti, a costo zero, per andare oltre il nostro farraginoso e “iper-restrittivo” Codice
In questo momento siamo tutti impegnati a trovare pronte risposte di liquidità per affrontare la crisi prima che sia troppo tardi. Occorre però lavorare seriamente anche sulla “messa a terra” di tali risorse, sia di quelle che già ci sono, sia di quelle aggiuntive. Bisogna avere un metodo: partire dall’esistente, massimizzare ed efficientare. Nella situazione attuale occorre pensare a riorganizzare tutti i processi della vita lavorativa e delle attività quotidiane. Moltissimo, in realtà, si potrebbe fare subito a “costo zero”.
Nel settore dei contratti pubblici, per esempio, la situazione non appariva rosea neanche pre Covid-19. Ingenti risorse pubbliche stanziate nel corso degli ultimi anni non hanno trovato traduzione in opere e i cantieri già in corso hanno subito forti ritardi.
L’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 impone il rapido approvvigionamento di lavori (es. realizzazione di ospedali e campi di terapia intensiva), forniture (dispositivi di protezione individuale, attrezzatura e strumentazione medica) e servizi (ad esempio di cura socio-sanitaria). La stessa rapidità è necessaria anche per tutto l’indotto e, più in generale, per tutto ciò che occorre realizzare prontamente, sia nell’immediato che nella ripresa. In questo quadro non è pensabile continuare ad applicare il nostro farraginoso e “iper-restrittivo”, Codice dei Contratti Pubblici. Il nostro Codice, infatti, prevede, in parte, una disciplina più restrittiva rispetto a quanto previsto dalle direttive europee.
Basti pensare, ad esempio, che l’attuale soglia europea prevede che si possa procedere all’affidamento diretto per gli appalti pubblici di lavori fino a 5.350.000 euro e fino a 139.000 o 214.000 euro (a seconda dei soggetti interessati) per le forniture e i servizi, mentre da noi la soglia per entrambi, sia per i lavori che per le forniture e i servizi, è di soli 40.000 euro. Tuttavia, nel Codice vi sono alcune previsioni che si potrebbero utilizzare nell’immediato. Ad esempio, l’articolo 163 del Codice, prevede che, nei casi di somma urgenza ed emergenza nazionale, le stazioni appaltanti possano procedere con affidamento diretto fino all’ammontare previsto dalle soglie comunitarie. Inoltre, l’articolo 63, comma 2, lettera c), recependo integralmente quanto previsto dall’articolo 32 della direttiva 2014/24 UE, dà la possibilità alle amministrazioni aggiudicatrici, nei casi di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione stessa, di procedere ad affidamento mediante procedura senza pubblicazione del bando di gara. Partiamo da qui, cominciamo ad utilizzare quello che già si può fare. Sotto questi profili non occorre ricorrere alle direttive europee: è già previsto nel nostro Codice. Tuttavia, per superare i condivisibili timori delle stazioni appaltanti nell’applicare la normativa sopra richiamata, un piccolo intervento normativo, seppur ridondante, potrebbe aiutare nel chiarire espressamente quanto sopra.
Occorre però pensare a cos’altro si può fare nell’immediato di davvero efficace, con una semplice e chiara previsione normativa che, soprattutto, non necessiti di ulteriore decretazione secondaria di attuazione. A mio avviso, tutte le stazioni appaltanti, a partire dai comuni, oggi sono chiamate ad affrontare le stesse difficoltà e ostacoli che incontra la Protezione civile nella gestione dell’emergenza. Alla Protezione civile sono state però concesse numerose deroghe che, invece, non sono previste per tutte le altre stazioni appaltanti. In particolare l’Ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020, oltre a richiamare espressamente l’applicazione degli articoli 163 e 63 del Codice dei Contratti Pubblici sopra descritti, prevede un’ulteriore lunga lista di deroghe a specifiche previsioni del Codice (come, ad esempio, in tema di subappalto) nel rispetto “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”. In questo modo, sostanzialmente, il nostro Codice risulterebbe allineato alle direttive europee senza prevedere ulteriori restrizioni.
Basterebbe, dunque, una semplice norma che, fino al termine dello stato di emergenza, estenda le deroghe al Codice dei contratti pubblici – o parte di queste – di cui all’Ordinanza n. 630 a tutte le stazioni appaltanti. Un’unica previsione normativa, di poche righe, che potrebbe avere un impatto dirompente nell’immediato, senza necessità di ulteriore decretazione attuativa e senza abrogare – rectius “sospendere” – espressamente l’intero Codice. Una mera sospensione integrale del Codice con semplice richiamo alle direttive europee, infatti, necessiterebbe comunque di una qualche normativa interna che disciplini i profili procedurali che le direttive di riferimento non prevedono. Ciò non può essere fatto in un giorno e richiederebbe tempo, che ora non abbiamo. Certo, post emergenza, è sicuramente fondamentale pensare a una sostanziale revisione del Codice, evitando, in buona sostanza il cd. gold-plating. Ora però non è il momento degli indugi: ora bisogna fare bene e in fretta.
*già consigliera giuridica del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, avvocato, partner dello studio legale Gatti Pavesi Bianchi