“Per un nuovo patto con la burocrazia urge cambiare Consip e Corte dei Conti”
Carlo Cerami, avvocato amministrativista di punta a Milano, propone al Foglio una scaletta di interventi che il governo può approntare rapidamente
Roma. La vicenda, riportata da Repubblica, di un freelance italiano che a Berlino ha ottenuto in pochi giorni il sussidio di 5 mila euro che la capitale tedesca ha destinato a chi ha subito perdite per il coronavirus è rimbalzata in Italia mentre l’Inps andava in tilt, incapace di gestire il sostegno da 600 euro alle partite Iva. Berlino risolve il problema che assilla l’economia europea con una collaborazione tra uffici pubblici e banche; a Roma l’Inps dà la colpa agli hacker. Che lezione trarne, al di là dei soliti luoghi comuni e dietrologie che impazzano? “Il dibattito su come sbloccare l’Italia verte sui miliardi da ottenere dall’Europa. Comprensibile: il paese non può, per colpa sua, contare su risorse proprie, e le ricette autarchiche sono fantasiose e inapplicabili, o sortirebbero un effetto boomerang. Invece bisogna chiedersi: come fare arrivare in tempo reale le risorse a chi ne ha bisogno? Punto due, non meno importante, come non impantanarsi nella burocrazia? La vicenda Inps è una sintesi di queste due cose, un presagio di ciò che potrebbe accadere”.
Carlo Cerami – avvocato amministrativista di punta a Milano dove è da anni animatore della sinistra riformista, nel cda di Poste italiane dopo esserlo stato di una costellazione di aziende da Terna a Cariplo – propone al Foglio una scaletta di interventi che il governo può approntare rapidamente. “Cominciamo dai soldi. Quando arriveranno i fondi comunitari è vitale non condannarli alla stessa sorte dei finanziamenti passati. Magari non doverli restituire tra un po’. Farli gestire ed erogare dallo stato e dagli enti locali si è rivelato fallimentare. Siamo un paese bancocentrico: l’apparato produttivo è dato sì dalle capacità imprenditoriali ma anche dal sostegno del sistema bancario. Dunque non solo a Berlino ma anche qui i soggetti con la miglior presa sul territorio e conoscenza di imprese, professionisti, singoli colpiti dalla crisi son le banche. Le quali, tra la liquidità pregressa e la richiesta della Bce, fatta propria dalla Banca d’Italia, a non distribuire dividenti, dispongono già di una loro potenza di fuoco. Aggiungervi e far transitare dalle migliori banche i fondi in arrivo, certificati e con l’obbligo di porli in un fondo a parte sotto controllo pubblico e di Bankitalia, per convogliarli alla clientela con crediti non inferiori ai cinque anni di scadenza, commissioni zero o minime, può far ripartire subito imprese e famiglie”. Come nelle crisi precedenti, si dirà che si salvano le banche. “No, se il governo impone l’obbligo di certificare e trasferire i fondi. D’altra parte le banche, come le Poste, dispongono di strumenti di tracciabilità e verifica sull’affidabilità dei creditori, tutti interconnessi e regolati dalla Banca d’Italia, migliori della pubblica amministrazione. Questa operazione poi dovrebbe vincolare un terzo della liquidità del sistema bancario, e come riflesso contribuire a risolvere il problema dei crediti incagliati”. Una supplenza alla burocrazia pubblica? “Lo stato, Bankitalia e tutti gli organi di controllo, ripeto, devono vigilare. Ma la burocrazia non può essere sconfitta se non si fanno altre due cose”. Cioè? “L’Europa poggia sul principio della concorrenza. Giusto, ma noi lo interpretiamo in maniera che rende impossibile fare le gare, distribuire appalti, aprire cantieri. Compiti assunti di nuovo da stato e regioni. Bisogna trattare con l’Europa su un allentamento dei vincoli, per noi meno appariscenti del patto di stabilità ma non meno importanti. La Consip è uno strumento superato, mentre sugli appalti grava una situazione che pochi conoscono: i funzionari sono esposti alla responsabilità colposa da parte della Corte dei Conti. Persone con retribuzioni molto più modeste dei manager privati non hanno, a differenza di questi, nessuna copertura assicurativa. Nell’incertezza non decidono, non firmano”. Un’assicurazione pubblica? “Piuttosto potenziamo la Cassa depositi e prestiti con una rete di professionisti, avvocati, ingegneri, tecnici che possa agire da stazione appaltante, con criteri e tutele private”. La Cdp è sempre tirata in ballo. Basterebbe questo ruolo potenziato? “No, se non interveniamo su un ulteriore livello, lo snellimento delle gare d’appalto. Devono avere tempi definiti, essere accessibili a pochi soggetti, magari garantendone la rotazione. Gli strumenti di trasparenza ci sono: le banche dati, da Bankitalia alla polizia, funzionano in tempo reale. Il codice degli appalti, per com’è ora, costituisce un ostacolo spesso insuperabile. Bisogna rovesciare la visione: distribuire, controllare, ricostruire nel mentre che si agisce. Non alzare barriere all’azione”.