Dividendi o aiuti di stato? Questo il dilemma
È giusto pagare gli utili agli azionisti se si accettano contributi pubblici per il Covid? Francia e Germania dicono no. Nei decreti italiani nessun divieto. Dallocchio (Bocconi): meglio sarebbe se le aziende investissero in aumenti di capitale
Milano. Nelle ultime tre settimane, cioè da quando la Francia ha deciso di far ricorso agli aiuti di stato previsti dalla Commissione europea per l’emergenza coronavirus, il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, non ha perso occasione per dire che le aziende devono scegliere tra ricevere i contributi pubblici e pagare il dividendo agli azionisti. Le Maire ha ribadito il concetto in tutte le interviste e trasmissioni televisive a cui ha partecipato, compresa una molto popolare che potrebbe essere paragonata alla nostra “Uno Mattina”, arrivando a essere tranchant: “Non firmerò alcun prestito garantito dallo stato francese per una società che pagherebbe i dividendi ai suoi azionisti”. E ha avvertito: tutte le società che beneficeranno di misure come il differimento di oneri sociali o fiscali saranno obbligate a restituire gli anticipi in contanti e con gli interessi se quest'anno dovessero distribuire gli utili ai soci. Allo stesso modo, per le aziende di cui è azionista, anche lo stato francese voterà contro la distribuzione dei profitti. “Questione di solidarietà”, ha dichiarato il ministro del lavoro, Muriel Penicaud.
Insomma, quella che in un primo momento era stata interpretata come una moral suasion da parte del governo Macron, ha preso la forma di un divieto vero e proprio che è stato esteso anche alle operazioni di buy back, cioè di acquisto di azioni proprie sul mercato da parte di società quotate. La Germania di Angela Merkel, seppure con toni più sobri, ha assunto una posizione analoga: alle società tedesche verrà chiesto di sospendere il pagamento dei dividendi per beneficiare delle (massicce) misure messe in campo dal governo contro la crisi del coronavirus. E qualche giorno fa la portavoce del ministero dell’economia ha precisato in una conferenza stampa che il governo stabilirà le condizioni in base alle quali le imprese potranno usufruire di prestiti e garanzie da parte della banca statale KfW. Obiettivo: evitare che il credito erogato finisca nelle tasche dei soci.
Il tema è stato a aspramente dibattuto anche al Congresso americano a metà marzo quando era in discussione il pacchetto da 2000 miliardi di dollari per aiutare l’economia americana. Alla fine, per superare l’impasse, il presidente Donald Trump ha deciso di non opporsi alla mozione proposta dai democratici di vietare gli acquisti di azioni proprie alle società che ricevono assistenza federale durante la pandemia . “Sono completamente d’accordo sul fatto che lo stato debba porre condizioni alle imprese a fronte di sovvenzioni pubbliche legate al Covid 19 e mi sembra strano che in Italia neanche se ne parli – dice al Foglio Maurizio Dallocchio, uno dei più noti esperti di corporate finance e consulenza aziendale (Università Bocconi) – Anzi, si potrebbe cogliere l’occasione per incentivare le aziende a investire in aumenti di capitale, rinunciando a dividendi e buy back. Uno dei gravi problemi dell’economia italiana è il nanismo del tessuto produttivo che rappresenta uno svantaggio in termini di competitività. A fronte di questo sforzo, lo stato potrebbe riconoscere alle imprese un beneficio fiscale di cinque anni. Insomma, mi sembrerebbe sensato se le aziende in momento di crisi si concentrassero sulla crescita dimensionale e sulla solidità patrimoniale perché questo consente di generare gli utili di domani”.
Nei decreti approvati dal governo non sono previsti divieti alla distribuzione di dividendi, tranne un generico richiamo al principio generale fissato dalla Commissione europea nell’ambito del quadro temporaneo del 19 marzo e limitato, sembra, all'erogazione di liquidità e non anche ad altri tipi di aiuti come cassa integrazione e agevolazioni fiscali. Inoltre, mentre la Francia ha voluto rendere pubblica la condizionalità esponendo il governo su questo punto, in Italia nessun esponente di Palazzo Chigi vi ha fatto il minimo accenno. “Distribuzione di utili e acquisto di azioni proprie dovrebbero essere impediti alle aziende che usufruiscono di aiuti per il Covid perché questo si tradurrebbe in una pubblicizzazione delle perdite, di un danno per le casse dello stato”, prosegue Dallocchio. In assenza di un’indicazione, come è successo con le banche alle quali la Bce ha raccomandato di sospendere le cedole ma anche i bonus ai manager, le società quotate italiane si stanno regolando in ordine sparso. Hanno deciso di non distribuire dividendi, ad esempio, il produttore di freni bresciano Brembo, il distributore di prodotti alimentari Marr e l’azienda di apparecchi acustici Amplifon, mentre Poste, Enel, Ferrari e Rcs staccheranno comunque le cedole. Ovviamente, non si sa se e quali di queste società chiederanno aiuti di stato legati al Covid19 – anche sotto forma di prestiti e cassa integrazione - e così al momento si può solo dedurre che alcune hanno optato per un approccio più prudenziale di altre.