Città e infrastrutture migliori. Ecco da dove ripartire
Perché non cogliere questo momento per mettere in campo un piano strategico di manutenzione e rinnovamento, partendo proprio da opere ed edifici pubblici, in particolare le scuole?
La drammatica situazione che stiamo vivendo ormai da settimane cambierà molti aspetti della vita quotidiana e della gestione del Paese. Quale sarà l'impatto sul futuro lo sapremo solo poi, ma già oggi possiamo fare qualche riflessione e provare a cogliere qualche opportunità da un'esperienza che purtroppo non ha nulla di positivo.
Anche senza poterlo vedere di persona, ci è chiaro che le strade, i ponti, le città, le scuole sono oggi poco affollati, se non deserti, a causa del lockdown. Ancor più ci è chiaro che il nostro Paese ha bisogno di infrastrutture sicure e moderne, di edifici – scuole in primis – sismicamente adeguati, salubri ed efficienti. Nello stesso tempo il sistema delle costruzioni, da sempre riconosciuto come volano per l'economia, è in forte crisi e chiede la riapertura garantendo massima sicurezza nello svolgimento delle attività.
Perché, quindi, non cogliere questo momento per mettere in campo un piano strategico di manutenzione e rinnovamento, partendo proprio da infrastrutture ed edifici pubblici, in particolare le scuole? Si offrirebbe alla filiera delle costruzioni un impulso per la ripartenza, con un beneficio per l'intera economia, consegnando al contempo alla comunità un patrimonio costruito più sicuro ed efficiente dal quale e con il quale ripartire.
La manutenzione delle infrastrutture, in queste ultime settimane, è tornata al centro del dibattito, e non solo negli ambienti tecnici dove il tema è costantemente oggetto di confronti. Questo accade ciclicamente, ogni volta che un fatto di cronaca riporta l'attenzione sullo stato delle infrastrutture o del patrimonio edilizio del nostro Paese, ricordandoci qualcosa che già sapevamo o meglio che avremmo dovuto sapere.
Tutti i materiali e gli oggetti che ci circondano, del resto, hanno bisogno di manutenzione e cura. Ne ha bisogno la nostra automobile quanto la lavatrice. Perché non dovrebbero averne bisogno le infrastrutture e le costruzioni più in generale? A volte se ne parla come se fosse una novità, quando esiste invece una normativa che ne disciplina l’obbligo, vincolando il progettista a prevedere un piano di manutenzione già in fase di progetto.
La manutenzione, quindi, dovrebbe essere centrale anche nella programmazione degli investimenti nelle opere pubbliche. Peraltro, siamo in un Paese che da sempre predilige il calcestruzzo armato come materiale per costruire, un materiale che ha fra le sue caratteristiche intrinseche proprio la durabilità e che, pertanto, dovrebbe semplificare notevolmente l'approccio al tema, sia in termini di interventi da programmare che di costi. Il calcestruzzo, se scelto con la dovuta attenzione all’ambiente nel quale la costruzione vivrà, richiede una manutenzione minima per durare più di quanto ci si aspetti normalmente da un'opera.
Dal punto di vista della pianificazione, sono oggi disponibili strumenti di assessment – semplici e sostenibili da un punto di vista economico – che consentono di valutare eventuali variazioni dei requisiti prestazionali delle opere (es. carichi di traffico, ecc.), monitorare l’impatto di agenti ambientali, eventi sismici o azioni ripetute sui materiali, permettendo di definire al meglio gli interventi sui materiali e sulla struttura, mantenendo, ripristinando o migliorando i livelli di sicurezza originali in funzione delle esigenze specifiche. A tal fine esistono soluzioni innovative in grado di agire sulle opere esistenti per ricostruire, proteggere, sigillare, consolidare il materiale e/o la struttura stessa.
Abbiamo quindi a disposizione tutti i mezzi per prevedere, pianificare e attuare la manutenzione più appropriata.
Riportando il discorso all'attuale contesto, la manutenzione di cui il nostro patrimonio infrastrutturale ha bisogno, potrebbe quindi assumere un significato ancor più rilevante, diventando addirittura un'opportunità di crescita.
E se tra le infrastrutture comprendessimo anche la città, la sua manutenzione e il miglioramento della condizione igienico-sanitaria, riproponendo quanto in passato abbiamo saputo fare proprio a seguito di epidemie, con l’occasione potremmo dare un impulso concreto anche alla politica di rigenerazione urbana, da tutti auspicata.
*Francesco Karrer, presidente Comitato Scientifico Federbeton