Effetti controproducenti del decreto Cura Italia
blocco delle procedure di distacco per morosità di elettricità, gas e acqua e le esecuzioni degli sfratti. Una questione seria e reale e la tentazione di spostare i problemi, anziché affrontarli
“Mal comune mezzo gaudio” può essere una formula auto-consolatoria, ma non una strategia per uscire dalla crisi economica indotta dal coronavirus. Eppure, la tentazione di spostare i problemi, anziché affrontarli, sembra irresistibile. Ci sono almeno due esempi: il blocco delle procedure di distacco per morosità di elettricità, gas e acqua e quello delle esecuzioni degli sfratti. In entrambi i casi si parte da una questione seria e reale (le difficoltà di molte famiglie e imprese di far fronte ai pagamenti) per arrivare a un approdo del tutto controproducente (il trasferimento della grana su terze parti). Tutto ciò poggia sull’assunzione che chi sta a monte possa assorbire meglio la botta. Ne siamo sicuri?
Facciamo il caso di un fornitore di energia elettrica (ma vale anche per gas e acqua, e nella sostanza pure per il proprietario di un immobile in locazione). Dopo che il decreto Cura Italia aveva previsto la sospensione delle bollette per gli undici comuni della ex zona rossa, l’Autorità per l’energia (Arera) ha disposto il blocco dei distacchi fino alla fine del lockdown, pur tra i caveat del presidente Stefano Besseghini riguardo alla sostenibilità del provvedimento nel lungo termine. Tecnicamente, i cittadini sono tenuti a pagare le bollette, ma – qualora non lo facciano – i fornitori non possono farci nulla. Di fatto, se non è un invito alla morosità, non è neppure un disincentivo. E, infatti, la sensazione è che gli insoluti stiano crescendo più di quanto sarebbe lecito attendersi date le circostanze. Ci sono vari effetti collaterali. In primo luogo, il periodo interessato va dal 10 marzo al 3 maggio (per ora). Quindi può riguardare anche situazioni di morosità pregresse, per le quali i fornitori potrebbero aver già attivato le procedure prima del Covid-19. Oltre tutto, il distacco è l’esito di un processo molto lungo, durante il quale occorre dimostrare che il cliente non salda le fatture da tempo nonostante siano state intraprese le necessarie azioni di sollecito. Inoltre, prima della disalimentazione è prevista la riduzione della potenza del contatore fino al 15 per cento di quella contrattuale. Nulla di tutto questo è consentito.
Mentre il cliente non può essere sanzionato, il venditore rimane legato ai suoi obblighi. In media, per un cliente domestico, solo il 12 per cento della bolletta tipo rimane in tasca al venditore a copertura dei suoi costi. Circa un quarto corrisponde al costo della materia prima acquistata all’ingrosso, altrettanto si riferisce alla spesa per il trasporto dell’energia e la gestione del contatore, mentre il 40 per cento sono oneri parafiscali e tasse. Queste somme vanno riversate a monte. In pratica, ai venditori di energia elettrica si chiede di fare da banca sia verso i consumatori finali, sia verso il sistema. Le parziali deroghe che sono state previste, se in piccola misura mitigano gli oneri per i venditori, finiscono per esporre le società di distribuzione allo stesso tipo di problema. E’, in tutta evidenza, una situazione insostenibile che sarebbe impensabile prorogare oltre. Neppure il fondo appositamente creato presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali rappresenta una soluzione, in quanto nel medio termine gli eventuali buchi andranno coperti. Senza contare che la tariffa elettrica è già stata impropriamente scomodata, pochi mesi fa, per garantire il prestito ponte ad Alitalia.
I venditori di energia elettrica – specie quelli di minori dimensione – si trovano nella tipica condizione del vaso di coccio. Tutto ciò in un contesto di drastico calo della domanda. I fornitori di gas e acqua e molti proprietari immobiliari nuotano nelle stesse acque. C’è davvero bisogno di strangolare gli operatori, scaricando sulle loro spalle un tasso di insolvenza ancora più alto di quello fisiologico? Oppure il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, vuole aprire altri tavoli di crisi accanto a quelli che già si stanno moltiplicando? Se il governo e il regolatore intendono alleviare la pressione sui consumatori finali, devono adottare schemi di sussidio o di garanzia sui finanziamenti, cercando di distinguere chi ne ha davvero bisogno da chi, legittimamente, ne approfitta. A volte può aver senso rinviare i problemi o spalmarli su una platea più ampia, ma è un gioco pericoloso. Il confine tra il rischio calcolato e la roulette russa è più labile di quanto si creda.