L'Asl di Taranto blocca i test sierologici all'ex Ilva. Proteste dei sindacati
ArcelorMittal effettuava controlli gratuiti e su richiesta degli operai, che in caso di positività venivano tenuti in quarantena in attesa del tampone. Ora la regione chiede la sospensione dello screening
“ArcelorMittal Italia è dispiaciuta di dover comunicare la sospensione – come da richiesta ufficiale ricevuta dalla ASL di Taranto – delle attività di screening sierologico già iniziato nei giorni scorsi per lo stabilimento di Taranto. ArcelorMittal Italia conferma che le attività di screening sierologico continueranno ad effettuarsi, come già previsto, nei rimanenti siti di Genova, Novi e Milano.
ArcelorMittal Italia riprenderà a Taranto le attività di screening sierologico non appena le Autorità competenti lo consentiranno”.
Ilva, come Il Foglio aveva già raccontato, è tra le poche aziende siderurgiche rimaste aperte durante il lockdown, rientrando nella lettera G dei codici Ateco, ovvero fabbriche a ciclo continuo.
La forza lavoro si è ridotta a 3.500 lavoratori, con oltre 5 mila cassintegrati diretti, e persino il famoso Afo 2 è rimasto senza operai con sospensione della colata. Sin da subito la direzione con accordi sindacali ha predisposto protocolli che prevedevano fornitura di Dpi con eccezionale permesso di poterli portare anche fuori la fabbrica, termoscanner, termocamere, distanziamento sui mezzi di trasporto, e test sierologici. Questo ha permesso, nonostante i sindaci della provincia avessero approfittato anche dell’emergenza Covid per chiederne chiusura, che solo 4 lavoratori siano risultati positivi, e per fortuna asintomatici (con contagio partito da fuori la fabbrica).
Da giorni l’azienda ha rilasciato un modulo sul portale delle buste paga in modo tale che chi volesse sottoporsi al test in maniera volontaria, riservata e gratuita, potesse recarsi con apposito appuntamento in un laboratorio mobile esterno. Ma nella giornata di ieri l’Asl di Taranto – che pure alla salute dei dipendenti Ilva ha prestato molta attenzione, essendo gli unici di cui ha rilevato nella comunicazione del bollettino specifica provenienza del luogo di lavoro, mentre vige segretezza su tutto il resto della mappa epidemiologica di Taranto – ha inviato una lettera, di cui il Foglio ha preso visione, a firma del dipartimento Prevenzione e indirizzata ad Arcelor Mittal, in cui chiede la sospensione dei test in attesa di ulteriore pianificazione.
Il primo a comunicarne la notizia è stato il segretario nazionale della Uilm Rocco Balombella: “Una decisione incomprensibile che va in contrasto con quanto disposto e comunicato positivamente dalla Asl di Genova per i lavoratori ex Ilva. Ci troviamo di fronte a una situazione assurda – dice Palombella – e a subire le conseguenze saranno i lavoratori, privati di un esame importante in questa situazione drammatica. Avevamo concordato con l'azienda una serie di misure per salvaguardare la salute e sicurezza dei lavoratori come i termoscanner, guanti, maschere e altri Dpi. Dal 24 aprile, l’azienda aveva avviato un progetto di screening per la ricerca di anticorpi al quale i lavoratori potevano accedere gratuitamente e su base volontaria. Abbiamo salutato positivamente questa iniziativa aziendale – dice il segretario dei metalmeccanici della Uil – che, nonostante le difficoltà, ha adottato tutti gli strumenti necessari per salvaguardare i lavoratori. In altre grandi aziende, come Fca, Fincantieri, ma anche nel sito di Genova dell’ex Ilva questi test sono stati concordati con le Asl locali e benvolute dai lavoratori. Finora sono stati effettuati circa 90 test, con esito negativo, e oltre 700 lavoratori si erano prenotati sul portale aziendale. Tutto questo aveva alimentato un clima di fiducia in una comunità che da troppi anni sta vivendo enormi problematiche e contrasti interni”. Palombella non tentenna nel definire “assurda , incomprensibile e sbagliata la decisione dell’Asl di Taranto perché, anche grazie a questo atto, si poteva ricostruire un minimo di rapporto tra la fabbrica e la città, invece si è deciso di aumentare la tensione tra i lavoratori e i cittadini”.
Eppure, come rivela Francesco Brigati della Fiom, in un primo momento la Asl aveva validato il progetto: “ll giorno 23/04/2020 le Organizzazioni Sindacali sono state convocate dalla Direzione di Arcelor Mittal per comunicare l’avvio del progetto di screening e, secondo quanto riportato dal medico competente durante l’incontro sindacale, tale scelta era stata condivisa con il Dipartimento di Prevenzione della Asl Taranto. Tuttavia, in data 28/04/2020, apprendiamo dalla stampa un evidente cambio di passo da parte della Asl di Taranto che esprime perplessità in relazione all’attività di screening dichiarando, in una nota inviata ad Arcelor Mittal, la scarsa validità dei test sierologici per la diagnosi di malattia, e infine la loro sospensione”.
Abbiamo contattato il medico competente dottor Giuseppe Briatico Vangosa, consulente dalla società Ecopan che si occupa della sicurezza sul lavoro per Ilva. Affermando l’assoluta autonomia nella somministrazione dei test, trattandosi di un esclusivo accordo aziendale, il medico competente ci ha confermato l’iniziale accordo con l’Asl, che prevedeva un primo step su 500 tamponi. Invece l’interruzione è arrivata dopo due giorni ai primi 150 test, di cui 4 positivi. Questo, secondo il dottore Briatico Vangosa, probabilmente deriva da una difficoltà dell’Asl di Taranto, e della Regione Puglia in generale, ad attivare le successive procedure di presa in carico, soprattutto rispetto ai tamponi. Difficoltà che tutti lamentano dall’inizio dell’emergenza in Puglia, e che ha visto protagonisti di numerose proteste medici, personale delle forze dell’ordine famiglie che non riescono a ricevere il tampone seppur in stretto contatto con positivi.
“Ora l’Asl ci dice di sospendere i test sierologici perché non diagnostici, ma noi non vogliamo fare diagnosi ma epidemiologia” ci dice il dottor Briatico. La famosa mappatura, che è proprio ciò che manca soprattutto a Taranto, dove a parte i 4 positivi Ilva null’altro si sa su dove e come si sia diffuso il virus.
Tra l’altro, ci dice il medico competente, non è necessaria l’immediata tempestività del tampone dopo il test sierologico, perché i lavoratori che risultano positivi al test vengono comunque messi in quarantena in via precauzionale, quindi l’Asl ha almeno 15 giorni di tempo anche estendibili per poterlo effettuare. Che poi è quanto sta accadendo ad esempio alla ditta Siciliani Carni, in provincia di Bari, unico vero focolaio non ospedaliero in Puglia, con 71 dipendenti su 500 positivi. Differenze anche tra Asl della stessa regione, oltre che fra Regioni.
Mentre infatti il governo dice che test sierologici sono utili solo su base sperimentale nazionale, non ancora avviata, in tutta Italia già si fanno. La regione Marche ad esempio dopo aver effettuato test a sue spese a tutti dipendenti di forze dell’ordine, vigili del fuoco e sanitari, ha dato il via libera a tutte le aziende. In Puglia invece vengono fermate, probabilmente perché non si riescono a effettuare i successivi tamponi.
In questo cortocircuito tra livelli di governo, chi ne paga lo scotto sono ancora una volta i lavoratori e i cittadini di Taranto. Secondo il segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli “le aziende fanno i test sierologici da settimane, mentre è un mese che si attende la validazione del test nazionale, ora fanno una commissione, poi una gara, e poi non si sa cos’altro dovremmo aspettare. In una situazione di emergenza – secondo Bentivogli – non si può ragionare con queste tempistiche. Le aziende stanno dimostrando più rapidità del governo. I lavoratori sanno che non avranno la patente d’immunità, ma ora sanno zero e preferiscono il 95 per cento a zero”. È la stessa ratio che ci viene confermata dal medico competente di Ilva: “Il test non dà l’immunità a chi risulta negativo, ma intanto chi risulta positivo al test viene fermato, senza test sarebbe al lavoro” per precauzione e responsabilità dell’azienda. Secondo la regione e il governo, sarebbe regolarmente al lavoro.