Fase 2. La versione dei manager
Lo choc digitale, il prolungato smart working, gli asettici webinar. E ora una socialità da riconquistare e la necessità di rifondare alcuni settori. Com’è cambiato e come cambierà il lavoro nell’Italia del dopo coronavirus. Un girotondo
Il Covid-19 cambia il nostro modo di vivere e pensare. Abbiamo chiesto ad alcuni manager italiani come stanno affrontando il prolungato lockdown, quali cambiamenti osservano e come sarà l’Italia di domani.
Per Pasquale Frega, ad di Novartis Farma e country president di Novartis Italia, “le giornate scorrono veloci perché il settore farmaceutico è molto sollecitato a causa dell’emergenza sanitaria. Tuttavia ogni trasformazione porta con sé enormi opportunità. Il nostro compito, in qualità di manager, è guardare avanti e far sognare un po’ l’organizzazione nei momenti difficili”. 1.800 dipendenti di Novartis sono in smart working. “Questa straordinaria accelerazione digitale aumenta la produttività. L’anno prossimo l’azienda si trasferirà nel centro di Milano in una nuova struttura basata sull’idea di activity-based working: manterremo soltanto il 60 percento delle postazioni e non ci sarà più il ‘mio’ o il ‘tuo’ ufficio, gli spazi verranno utilizzati su prenotazione e la sede sarà il luogo dove incontrare colleghi e tenere riunioni. Il nuovo modello incentiva il lavoro di gruppo e comporta risparmi che fanno bene all’ambiente e all’aria che respiriamo: non ci saranno più novecento automobili che ogni giorno si spostano e inquinano”. Di certo, il lockdown ha accresciuto le quotazioni di tecnologia e scienza. “Anche i più restii tra noi si sono resi conto che la tecnologia ci rende più efficaci ed efficienti. Stiamo sperimentando uno choc digitale, come se vivessimo dieci anni in dieci giorni: le persone scoprono quanto è facile disporre un bonifico online, così, una volta tornati alla vita normale, avranno più tempo a disposizione per dedicarsi ad altro. In futuro dovremo guardare alla salute non come a una quota di budget da contenere ma come a un volano della crescita economica nazionale. I No Vax si sono dissolti, non si sentono più. La crisi ha minato la credibilità di quanti puntano il dito contro la scienza. I cittadini elettori oggi chiedono alla politica più investimenti per la salute”. Novartis ha lanciato l’iniziativa Italia a prova di futuro. “Vogliamo sensibilizzare le giovani generazioni sull’importanza dell’innovazione scientifica. Spesso i nostri figli hanno una minore propensione verso le facoltà medico-scientifiche che oggi invece hanno un gran bisogno di risorse umane ed economiche. Io penso che ne usciremo con la voglia di vivere ancora più intensamente. Lo vedo in famiglia: tra moglie e figli, arrivano quindici al giorno. Gli acquisti sono una valvola di sfogo: c’è voglia di tornare alla vita. Si fanno molte conferenze online ma nulla può sostituire gli incontri dal vivo: le riunioni via Skype sono un po’ rigide, non puoi interpretare il linguaggio del corpo altrui, i cosiddetti Webinar sono scambi un po’ effimeri, preda della distrazione, non lasciano il segno”.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, è in auto, direzione Desenzano. “Ho incontrato a Roma i ministri Bellanova e Patuanelli, nel nostro settore il lavoro non si è mai fermato e io ho continuato a muovermi in auto, da solo e in sicurezza. Godo di una libertà maggiore rispetto a una persona che sta in un appartamento di cinquanta metri quadri. Le ricadute psicologiche di questo prolungato lockdown si sentiranno nei prossimi mesi, non ripartiremo tutti con la stessa effervescenza d’animo”. Com’è cambiato il lavoro? “Non vedo l’ora di tornare alle assemblee dove stringi le mani e guardi in faccia i tuoi interlocutori. Ritrovarsi seduti intorno a un tavolo ha un valore unico e insostituibile. Ho provato qualche webinar, una formula che mi sembra asettica, le persone parlano con uno schermo in mezzo. Mi auguro che i ristoranti riaprano il prima possibile, in primo luogo per i ristoratori che sono imprenditori a tutti gli effetti”. La riapertura per loro è rinviata al primo giugno. “Mi auguro che la data sia anticipata. Se si guardano i numeri delle attività produttive rimaste aperte, si vede che il numero dei contagi è persino inferiore rispetto a chi è rimasto chiuso in casa o è uscito in modo sporadico. Se si usa cautela non è detto che uno venga contaminato semplicemente perché esce”. Come cambia la socialità degli italiani? “Innanzitutto ci siamo disabituati alla socialità. Ripeto: le ricadute psicologiche di un confinamento così lungo non passano in un giorno. Riscopriremo il piacere di stare seduti intorno alla stessa tavola, a godere delle nostre prelibatezze enogastronomiche, per non parlare delle vacanze che saranno italianissime. Cose un tempo banali ci appariranno bellissime”. Intanto ad aprile si è registrato un calo degli acquisti alimentari. “Proprio così: nella seconda metà del mese abbiamo registrato consumi ridotti per insaccati, latte fresco, prosciutto di Parma e San Daniele. Le persone sono senza reddito e cominciano a stringere la cinghia. Questa situazione deve sbloccarsi, dobbiamo ripartire. Lo vedo con i miei figli: all’inizio erano contenti di saltare la scuola, adesso non vedono l’ora di tornare in aula. Gli italiani non cambieranno le proprie abitudini alimentari perché siamo un paese abituato al cibo di qualità, e questa nostra ricchezza diventerà il traino per il rilancio del paese, come già accaduto in passato, all’indomani della Seconda guerra mondiale o della crisi economica del 2008”.
Nardo Filippetti, presidente di Lindbergh Hotels, è la voce di un settore che rischia l’annientamento causa Covid-19. “Mi sono interrogato spesso sul senso della libertà: i numerosi Dpcm ne hanno azzerato il significato individuale per rimetterlo al registro della coscienza collettiva. Penso che attorno a questa parola agirà il cambiamento più importante circa il nostro modo di pensare. Quanto vale la mia libertà? Tanto quanto il punto in cui il suo esercizio non sia lesivo di quella altrui. Quanto sei libero se non hai la conoscenza di quello che ti circonda? Libertà e conoscenza sono i due poli di attrazione di questa quarantena. Mi sono sentito spesso al buio, prigioniero di disinformazione e demagogia numerica. Mi auguro che queste tenebre, popolate di fake news e qualunquismo, ci abbiano fatto riscoprire quanto sia fondamentale un’informazione scientifica, rigorosa. Scomoda. Dobbiamo avere una visione critica del mondo che ci circonda”. Lei ha trascorso la “quarantena” nella sua casa di Pesaro. “Vero, sono stato sigillato in casa, e non è stato facile. Ho sperimentato lo smart working, adesso si fa un gran parlare di digitalizzazione e fibra ottica potenziata per essere sempre connessi. Sono strumenti utili e necessari che in questo tempo sospeso ci hanno permesso di resistere chiusi a lavorare tra le quattro mura di casa, di restare in contatto virtuale con le persone che amiamo e di non perdere il contatto con la realtà esterna. Ebbene, io spero che questa reclusione forzata ci porti un rinnovato entusiasmo per l’ufficio e per i suoi rituali, per le relazioni umane de visu con i colleghi, per il tempo del confronto aperto e non tramite videochiamata. Non riesco a credere che la paura del virus ci trasformi in ipocondriaci terrorizzati dal contatto umano o dalla vicinanza. Spero invece ci abbia ricordato quanto siano fondamentali legami umani autentici e la routine delle piccole, semplici gestualità dell’affetto: abbracci, strette di mano, come stai? Premure che nella frenesia di un mondo che non si è mai fermato davvero, abbiamo spesso rimandato, tralasciato, sbrigato con troppa fretta, con la certezza arrogante di avere un tempo illimitato in cui ripeterle”.
Per il turismo è un cataclisma. “Se penso all’impatto che questo virus sta avendo sul turismo sono francamente spaventato. Non tanto dall’idea che questo settore possa non resistere, quanto dalla consapevolezza che in pochi possano condividere e ascoltare la profonda urgenza di rinnovamento che ritengo dovrebbe attraversarlo. In questi giorni lenti, confusi, febbricitanti di richieste concrete al governo per fronteggiare l’emergenza, in me ha preso corpo un’impellente necessità di rifondazione: dobbiamo coltivare una nuova visione del settore che ponga al centro l’Italia come brand per il suo patrimonio di bellezza, per la sua storia, per il suo stile di vita. All’estero il nostro modello di life style è oggetto di imitazione. Per sostenere l’economia dei territori serve un turismo destagionalizzato, non ricattato dal calendario scolastico, capace di evitare congestioni e picchi che spesso pregiudicano la qualità dei servizi. Capace di promuovere anche l’Italia minore, puntellata di piccoli borghi e bellezze di provincia. Non solo città d’arte. Servono infrastrutture, nuovi collegamenti e perché no, modelli di trasporto alternativo, come il car sharing. Un turismo che diventi manifesto della bellezza nazionale, capace di esaltare le singole perle senza dimenticare il lustro dell’intera collana. Perché ciò sia possibile, serve un unico, importante, forte ministero, governato da un unico interlocutore”.
Per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “nell’immaginario collettivo prevale l’idea che gli agricoltori continuino a produrre e tutto vada bene, purtroppo non è così. Viviamo una crisi senza precedenti e gli strumenti d’intervento governativi ed europei non sono all’altezza dei problemi che affrontiamo. Le procedure per ottenere i prestiti bancari sono lente e farraginose: restiamo i campioni della burocrazia. E’ positiva invece l’estensione del golden power al nostro settore: dobbiamo puntare a raggiungere l’autosufficienza produttiva nazionale per fronteggiare qualunque crisi”. Quali settori soffrono di più? “Vino e prosciutteria attraversano una stagione drammatica a causa della chiusura del settore Horeca (Hotellerie, ristoranti e caffè, ndr). L’Italia si è specializzata in prodotti premium, come i vini rossi pregiati, che si consumano, di solito, in situazioni di socialità diffusa e risentono perciò negativamente dell’isolamento. Per non parlare poi dell’interruzione di banchetti e cerimonie: senza matrimoni, cresime e comunioni va in crisi un intero settore enogastronomico. Sono pure in calo le vendite di latte fresco, insalate prelavate in busta e, in generale, dei prodotti affettati al bancone: facendo la spesa una volta a settimana, i consumatori privilegiano le lunghe scadenze”. All’apertura dei ristoranti si registrerà il pienone? “Io dubito che gli italiani correranno ad affollarli, abbiamo pianto quasi 30 mila connazionali e la paura di ammalarsi ci terrà compagnia per lungo tempo. Saremo più cauti e prudenti”.
Marco Hannappel, presidente e ad di Philip Morris Italia, pone l’accento sulla “nuova normalità” che caratterizzerà la nostra vita nei prossimi mesi: “Le persone sono sempre più attente alla sicurezza rispetto al business. Per questo, sin da febbraio, Philip Morris ha adottato diverse misure per far fronte all’emergenza sanitaria, con l’obiettivo di tutelare i nostri 2.500 dipendenti, sostenere la Protezione civile e supportare l’intera filiera. Abbiamo istituito anche un numero verde gratuito per ottenere supporto psicologico a distanza, abbiamo introdotto nuovi strumenti informatici per mantenere il senso di comunità, incluso un appuntamento settimanale con i vertici aziendali per aggiornamenti e sessioni di domande. Per una ripresa in sicurezza abbiamo installato schermi in plexiglass in oltre duemila tabaccherie a protezione dei rivenditori, inoltre stiamo distribuendo 500.000 mascherine a tutti i tabaccai aperti, ai coltivatori e ai trasformatori di tabacco. Ci aspetta per qualche tempo una nuova modalità di vita personale e lavorativa, distanziata socialmente, con regole di comportamento definite, dove il fisico viene in molti casi sostituito dal digitale negli acquisti e nel lavoro di tutti i giorni. Le aziende dovranno investire in innovazione dimostrando senso di responsabilità e attenzione alla sicurezza”.
Per Maurizio de Cicco, presidente e ad di Roche Italia, “viviamo in un sistema dove le singole parti sono integrate e l’urto di una comporta conseguenze su ogni altra. Dinanzi a una crisi epocale, nessuno di noi può esimersi dal contribuire alla soluzione. Solidarietà è compattezza e sistema, prima ancora che bontà. La negoziazione cooperativa esiste ed è l’unica possibile in questo contesto. Dobbiamo creare nuovo valore immaginando un mondo nuovo, non semplicemente rimpiangendo quello che avevamo. La crisi pandemica ci insegna che non esistono più confini, frontiere, limiti: una linea di separazione a definire interessi per propria natura confliggenti è un pregiudizio concettuale e quindi anche operativo. Ci siamo occupati tanto di prevedere il lungo termine e poco di immaginarlo. Servono più visione e meno pianificazione. In un malinteso significato di storytelling, ci siamo abituati a credere, e quel che è peggio ad accettare, che qualsiasi cosa, se ben confezionata e raccontata, abbia senso e sia convincente. Lo choc di questa crisi ci ha scosso e ci ha fatto riapprezzare, individualmente e collettivamente, le cose nel loro valore. Non tolleriamo più i perditempo, i produttori di trailer ingannatori, i rapaci di popolarità a ogni costo. Vogliamo senso e autenticità. Riecheggiando le note della straordinaria canzone ‘L’anno che verrà’ di Lucio Dalla, il futuro arriverà perché il bello delle crisi è che finiscono e insegnano. Terminerà questo tempo sospeso che ha il pregio irresistibile e imperdibile di farci costruire il mondo che vogliamo vivere. Non possiamo dilapidare l’occasione di riscrivere la nostra storia”.
Secondo Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia, “da questa esperienza impariamo che l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e quella aumentata, i big data e la robotica saranno componenti fondamentali per il cambiamento che richiederà un nuovo compromesso tra privacy e benessere. La pandemia ha prodotto una straordinaria partecipazione, un movimento di solidarietà, come all’indomani di un terremoto. Abbiamo riscoperto una italianità dimenticata. Ciò cambia inevitabilmente il nostro stile di vita sociale e di lavoro mettendo in evidenza la fragilità del paese e la paura di perdere tutto in un istante. Abbiamo rispolverato le nostre conoscenze, la nostra storia, siamo andati a confrontarci con altri momenti simili e quello che emerge, infine, è la voglia di tornare a vivere. Il cambiamento dovrà essere guidato da una leadership forte capace di portarci in una direzione sicura. Abbiamo bisogno di sicurezza, protezione, benessere, crescita economica e sociale”. Huawei punta anche sulla telemedicina. “L’innovazione digitale avrà un impatto concreto su ogni settore industriale, pubblico e privato. Il diritto alla cura può essere garantito a tutti solo con un nuovo modello sostenibile di sanità con competenze distribuite, reti 5G e strumenti medicali sul territorio. I governi e le industrie che riusciranno a capire prima degli altri come sfruttare a pieno le sinergie tra la forza lavoro e le macchine entreranno nei paesi del gruppo di testa e saranno leader della conoscenza e del mercato con piena efficienza e maggiore competitività”. Con Huawei, il 5G e la diplomazia delle mascherine si pone una questione geopolitica. “In un mondo in rapida trasformazione siamo chiamati a difenderci con la conoscenza, non con la discriminazione”.
Per Andrea Incondi, managing director di FlixBus Italia, l’azienda di autobus low cost, “il settore dei trasporti è il più colpito dalla crisi: tutti i mezzi di trasporto sono fermi e la ripresa sarà lenta. Le persone torneranno a spostarsi con gradualità, inevitabilmente riprenderanno confidenza con la libertà di movimento un po’ per volta. E’ probabile che all’inizio le ragioni di spostamento per lavoro o salute prevarranno sui motivi di piacere e studio. Noi non ci occupiamo di trasporto locale o urbano e non riceviamo alcun contributo pubblico, immagino che il trasporto sulla lunga distanza potrà tornare alla normalità non prima del nuovo anno. Bisognerà decidere presto come tornare a incentivare gli spostamenti in Italia al di là dell’auto privata: senza trasporti il turismo non riparte.
Nel 2019 FlixBus, insieme a settanta aziende partner, ha trasportato oltre 10 milioni di viaggiatori in Italia e fino allo scorso febbraio la domanda di mobilità era in continua crescita. Oggi non sappiamo come sarà la ripresa perché, da una parte non conosciamo la propensione dei cittadini a tornare a viaggiare e, dall’altra, siamo in attesa di una chiara strategia di rilancio da parte delle istituzioni. Lamentarsi non serve, però è necessario intervenire economicamente a supporto degli operatori di trasporto e delle esigenze di chi avrà necessità di spostarsi. Il punto non è chiedere di poter riaprire a maggio ma se chi si occupa di trasporto deve poter garantire i propri servizi nei prossimi mesi o fra sei mesi o un anno, un intervento del governo serve il prima possibile”.