Per ripartire davvero immaginiamo il futuro che non vogliamo più
L'emergenza Covid può essere un'occasione di rilanciare un'Italia più europea, tecnologica, solidale e meno burocratica. Ma dovremo comprendere gli squilibri globali che ha generato ed evitare l’onda lunga del risentimento
Questa crisi, per tanti aspetti drammatica, deve essere vissuta come un’occasione di rilancio per il nostro Paese. Dovremo però immaginare una nuova visione del mondo e del futuro a cui aspirare o, come diceva Montale, “del futuro che non vogliamo più”. Tale visione non potrà essere deterministica ma necessiterà di continui aggiustamenti tattici alla luce delle sempre più rapide modifiche del quadro di riferimento geopolitico, economico e sociale.
Dovremo ridare slancio al Paese anche per evitare che cinghie di trasmissione più volte sperimentate nella storia dell’umanità, trasformino la crisi economica in un’onda lunga di risentimento delle fasce più svantaggiate con potenziali conseguenze nefaste sulla tenuta sociale e politica.
I cinesi considerano che in ogni crisi vi è un'opportunità, tanto che utilizzano lo stesso suffisso “Ji”, per descrivere entrambe.
Per cogliere appieno tale opportunità, dobbiamo peraltro comprendere quali siano gli squilibri globali che questa emergenza sanitaria ha generato:
Squilibrio dell’economia reale
Tutte le previsioni indicano che il 2020 passerà alla storia come l’anno della peggiore recessione globale dal secondo dopo Guerra. Quattro miliardi di persone in lockdown hanno procurato un arresto generalizzato tanto sul fronte della produzione quanto su quello dei consumi. La Cina ha registrato il primo trimestre di crescita negativa (-6 per cento) dopo quarant’anni di crescita ininterrotta. Il mondo occidentale registrerà probabilmente numeri anche peggiori per almeno un paio di trimestri. A conti fatti l’Asia, probabilmente, uscirà prima e meglio del resto del mondo da questa crisi. Avremo quindi un’ulteriore riprova che il XXI secolo sara’ quello del definitivo ritorno sulla scena globale del “Regno di mezzo” di cui dovremo tenere conto.
Squilibrio di indebitamento
I livelli di indebitamento del bilancio consolidato dell’economia globale avevano registrato un picco storico gia’ nel 2019. Sommando debito pubblico e privato si era registrato un livello del 322 per cento del rapporto del totale del debito sul PIL. Peraltro, tutte le principali aree geografiche del mondo avevano raggiunto livelli di guardia (Usa 327 per cento, Ue 389 per cento, Cina 309 per cento). Le politiche fiscali con le quali tutti i governi stanno fronteggiando la crisi porteranno a livelli ancora più elevati di indebitamento. La gran parte del nuovo debito sarà peraltro detenuto dalle banche centrali. Non si può escludere che bisognerà pensare ad una moratoria o addirittura alla cancellazione di tale debito assunto per fattori esogeni alle politiche di bilancio dei diversi Stati.
Squilibri nei mercati finanziari
Le politiche monetarie espansive della Fed e della Bce hanno inondato da anni il mondo di liquidità. Le misure prese dalle principali banche centrali nell’ultimo mese hanno ulteriormente aumentato la massa monetaria in circolazione. Ciò ha comportato che, per la prima volta, le obbligazioni a dieci anni del Tesoro americano, rendono meno dell’1 per cento e quelle tedesche hanno addirittura rendimenti negativi. Gli investitori alla ricerca di rendimenti maggiori, finiranno per esporsi a rischi non adeguatamente prezzati. Un tale fatto è probabile si verifichi anche nel mercato azionario. Dobbiamo quindi prepararci a un periodo con un’elevata volatilità sui mercati. Bruschi movimenti di prezzo dovuti alla modifica repentina degli appetiti degli investitori metteranno a dura prova i nervi dei regolatori e dei risparmiatori. E’ presumibile che dovremo immaginare dei meccanismi di calmierazione per evitare che lo scoppio di bolle speculative generi nuove crisi finanziarie.
Squilibri nel mercato dell’energia
Il forte rallentamento delle economie globali, insieme alla aumentata volatilità dei prezzi di cui sopra, ha portato a un crollo nel prezzo del petrolio. Il prezzo di un barile WTI e’ crollato intorno ai 20 dollari. Ciò sta già comportando forti tensioni geopolitiche in tutti i produttori che necessitano delle entrate dell’oro nero per sostenere le loro economie. La solvibilità di Russia, Venezuela, Iran, Indonesia, Nigeria e altri paesi del Medio Oriente verrà messa a dura prova. Gli stessi Stati Uniti rischiano di vedere fallire una buona parte dei propri produttori indipendenti e di ritornare a essere importatori di combustibili.
Squilibrio occupazionale
Purtroppo siamo solo all’inizio di questa emergenza eppure abbiamo visto come negli Stati Uniti la disoccupazione sia passata da meno di un milione a quasi trenta milioni in un solo mese. Lo stesso fenomeno e’ purtroppo immaginabile anche in Europa. Diventa essenziale mettere in piedi una rete di protezione dati i rischi per la tenuta sociale. E’ anche presumibile che questo fatto, a cominciare dalle elezioni americane, sposterà il pendolo della politica sempre piu’ verso sinistra con obiettivi di redistribuzione della ricchezza.
Come può l’Italia in un contesto di tale complessità cogliere questa occasione per reinventare il suo modello di sviluppo?
Serve una visione del futuro a cui aspirare per poter trovare lo slancio per ripartire. Si noti, per inciso, che due su cinque degli squilibri sopra menzionati hanno effetti positivi per il nostro Paese (il calo del prezzo dell’energia e i tassi di interesse bassi) e uno vede il nostro Paese in una posizione favorevole in termini relativi (l’Italia e’ “solo” al 311 per cento nel rapporto debito totale su PIL contro una media UE di 389 per cento).
Abbiamo però bisogno di un cambio di marcia che sviluppi una visione di lungo periodo che abbandoni un approccio determinisitico alla realtà da secolo scorso. Di fronte ai continui mutamenti dello scenario globale, dobbiamo sviluppare un metodo di risoluzione dei problemi che ci permetta di aggiustare il tiro al cambiare degli eventi. Detto ciò, esistono alcuni macro temi su cui imperniare una nuova visione del Paese.
Rilancio del multilateralismo
Possiamo aspettarci che, anche alla luce della mancanza di trasparenza cinese nella gestione dell’emergenza sanitaria, nei prossimi mesi vivremo un aumento delle tensioni tra blocco occidentale e Cina. Stiamo inoltre assistendo a un ritorno del regionalismo se non addirittura del nazionalismo. Esattamente il contrario di quello che dovrebbe accadere dopo una grande crisi, e soprattutto alla luce delle prossime sfide, come ad esempio il cambiamento climatico che andrà affrontato con una strategia globale. L’Italia deve porsi come obiettivo di rilanciare il dialogo tra blocchi cosi come di tornare a risolvere le tensioni nelle adeguate sedi delle organizzazioni internazionali.
Rilancio dell’idea di Europa
Appare evidente come rimanere ancorati all’Europa sia diventata un’esigenza esistenziale per il nostro Paese. A valle della crisi, il nostro Paese conterà meno del 2 per cento del Pil mondiale e dovrà poter contare sugli ingenti acquisti da parte della Bce per finanziare i propri fabbisogni crescenti. Dobbiamo pero’ adoperarci per un’evoluzione dell’Europa da soggetto economico a soggetto politico capace di indicare al mondo un modello di crescita e dei sistemi valoriali basati su una cultura umanistica e sulle proprie radici religiose.
Rilancio di una politica di investimenti infrastrutturale
Keynes ci ha insegnato che dalle grandi crisi si esce con grandi politiche di investimenti. Esse vanno fortemente incentivate e indirizzate sulle filiere della tecnologia e della sostenibilità. E’ giunta l’ora di dotare il Paese di fibra ottica in tutte le case, tanto per accelerare l’evoluzione verso delle “smart cities” quanto per assecondare il ripopolamento di borghi e campagne (una sorta di “smart land”) anche per facilitare il lavoro in tempi di “social distancing”. Tali investimenti dovrebbero permettere anche l’accelerazione dell’adozione dell’e-commerce da parte del settore del commercio al dettaglio.
Dovremo anche accelerare verso l’obiettivo di un paese a emissioni zero per diventare un esempio di sostenibilità per il mondo. Penso in particolare a prodotti e servizi per il settore residenziale cosi’ come per l’auto elettrica. Dovremo inoltre adeguare alle nuove tecnologie tutto il comparto dei trasporti: strade, autostrade, aeroporti e porti. Questi investimenti avranno funzione tanto difensiva (per arginare eventi straordinari legati al cambiamento climatico) quanto offensiva, per migliorarne la competitività. Con le scuole chiuse fino a settembre, si potrebbe lanciare un grande progetto per l’ ammodernamento degli spazi. Infine, dovremo reinvestire nel settore della sanità (anche facendo uso del Mes?) per permettere all’Italia di mantenere il suo primato di paese in cui si vive meglio e più a lungo.
Per avviare in tempi rapidi tali progetti infrastrutturali diventa essenziale eliminare tutti i vincoli burocratici che storicamente hanno rallentato i lavori di esecuzione nel nostro Paese.
“Reshoring” di imprese, capitale umano e finanziario
Incentiviamo un ritorno a casa dei nostri connazionali che vivono all’estero. Creiamo una banca dati e un ufficio di collocamento centralizzato che permetta a chiunque di avere chiara visibilità delle opportunità nel pubblico e nel privato. Si scelgano i migliori e si renda piu’ difficile la “raccomandazione” se non basata su reale merito. Inoltre, in un contesto di inversione della globalizzazione appare urgente riportare in Italia i vari impianti delocalizzati negli ultimi vent’anni. Infine creiamo le condizioni per riportare in Italia tanto i soggetti giuridici quanto i capitali attualmente parcheggiati in giurisdizioni fiscali vantaggiose. Questo appare particolarmente urgente alla luce di recenti prese di posizione poco scaltre di alcuni di tali Paesi, anche europei.
Rilancio di un nuovo patto pubblico - privato
E’ il momento del ritorno del settore pubblico in tutto il mondo. Assisteremo a nazionalizzazioni dei principali settori in difficoltà (quello delle linee aeree per esempio). Approfittiamone per immaginare un modello di cooperazione virtuoso tra pubblico e privato. Recenti esempi come la creazione di Salini Impregilo con la partecipazione di Cdp, potrebbero indicarci la strada. Il pubblico può fornire al privato capitali ma soprattutto un appoggio nei mercati esteri. E’ il momento di creare i presupposti per una nuova enfasi data al “Sistema Paese ” di cui i nostri imprenditori sentono da sempre un disperato bisogno, specialmente all’estero.
Rinnovata attenzione al sociale
In questa crisi si calcola che più di dodici milioni italiani, tra cui più di 2.5 milioni di minorenni, finiranno sotto la soglia della povertà. La più grande di tutte le sfide sarà trovare il modo di arginare il malessere sociale che ne conseguirà. In assenza di adeguate politiche di redistribuzione, dobbiamo trovare il modo di tenere questa larga fetta della popolazione coinvolta in un progetto di rilancio comune.
Andranno forse rivisitati concetti come il servizio civile e di un agricoltura sociale incentrata sulla riscoperta della biodiversità. Andranno inoltre adeguatamente supportati tutti gli organismi del terzo settore, laici e religiosi, che possano offrire una rete di protezione a queste persone.
Abbiamo quindi di fronte tante sfide ma anche tante opportunità per creare un nuovo paradigma di sviluppo per il nostro Paese: più europeo, più sostenibile, più tecnologico, più meritocratico, più attento al sociale e meno burocratico.
Al Paese di Leonardo da Vinci non sono mai mancate la grinta e le idee.
Adesso è giunta l’ora di ritrovare uno spirito di corpo e di pensare che è un momento storico in cui ciascuno di noi può partecipare alla rinascita del Paese. Un qualcosa di cui si potrà andare fieri così come lo furono i nostri connazionali che, nel secondo dopo Guerra, si rimboccarono le maniche e fecero dell’Italia la quinta potenza industriale del mondo.
* Luigi De Vecchi è chairman Emea Banking, Capital Markets & Advisory di Citi