Il debito italiano esploso per il Covid alla prova del rating
Spread sotto pressione in attesa del giudizio di Moody's e Dbrs. Dal verdetto delle due agenzie si capirà se c'è il timore che l'ultimatum della corte costituzionale tedesca alla Bce è destinato a pesare sul nostro paese
Milano. Se e in che misura la recente sentenza della corte costituzionale tedesca è destinata ad avere un impatto sull’Italia si comincerà a capire dal giudizio sul merito di credito che esprimeranno domani sera (8 maggio) Moody’s e Dbrs. Diversamente dalla mossa irrituale di Fitch, che due settimane fa ha declassato l’Italia nel bel mezzo della settimana, le due agenzie di rating rispetteranno la tradizione di Wall Street che vuole che i verdetti sui paesi vengano emessi il venerdì sera e a borse chiuse. Non che la reazione dei mercati a Fitch sia stata scomposta, anzi hanno reagito addirittura positivamente, fiduciosi nelle prospettive di riapertura post Covid e, soprattutto, rassicurati dal paracadute pandemico della Bce, il Pepp, sebbene poi la Banca centrale europea non se la sia sentita di ampliarne la portata dai 750 miliardi attuali.
Ma il punto è proprio questo. Quando a fine aprile è arrivato il downgrande di Fitch, nessuno poteva immaginare che l’azione “salvifica” della Bce nei confronti dei paesi periferici dell’Eurozona potesse essere messa in discussione in qualche modo. E’ opinione diffusa che la sentenza tedesca, anche se è giuridica e non politica, è destinata ad avere un’influenza, un impatto sull’operato della Bce che ha tre mesi di tempo per dimostrare la proporzionalità degli acquisti del Quantitative easing, programma di cui l’Italia è tra i maggiori beneficiari. E l’aumento dello spread sovrano di 20-30 punti base da quando è emersa questa posizione, con i rendimenti dei btp passati in pochi giorni da 1,7 per cento a quasi il 2 per cento, ci dice che sui mercati qualche timore c’è.
Tutto sta a vedere se Moody’s, che già classifica il debito dell’Italia appena una tacca sopra il livello “spazzatura” e Dbrs, che tra le quattro agenzie di rating è, invece, quella che attribuisce all’Italia il voto più alto (tre tacche sopra “spazzatura”), decideranno di incorporare nel loro giudizio il rischio di un potenziale "distanziamento" della Bce o anche quello di una ripresa economica che si prevede sarà più lenta rispetto ad altri paesi dell'Eurozona. In una recente analisi, Moody's ha detto di attendersi che il debito pubblico italiano raggiungerà "livelli record quest'anno", pari al 150 per cento del pil, aggiungendo però che "l'affidabilità creditizia dovrebbe rimanere sostanzialmente inalterata data la natura temporanea della recessione e i continui bassi costi di finanziamento" grazie agli acquisti della Bce. In realtà, dalle ultime previsioni emerge che la caduta del pil dell'Italia nel 2020 sarà di due punti maggiore della media europea e che il debito arriverà quasi al 159 per cento in rapporto al pil.
Le previsioni degli analisti sui rating non sono univoche e c’è da sperare che abbia ragione chi pensa che non sia ancora arrivato il momento di bollare come junk bond i titoli del debito italiano anche perché, sebbene occorrano i declassamenti di almeno due agenzie, la sola bocciatura di Moody's sarebbe comunque sufficiente a scatenare le vendite dei Btp. Nonostante gli ingenti acquisti della Bce, infatti, il debito italiano è ancora per tre quarti nelle mani di banche e investitori privati.