Il collasso si può evitare
Burocrazia da sanare. Prestiti da cambiare. Liquidità da migliorare. Filiere da preservare. Tasse da tagliare. Lavori da tutelare. Idee per una fase 2 con più fatti e meno demagogia
Liberare la burocrazia dalla paura della firma
E’ tempo di voltare pagina. Il mondo delle costruzioni non può attendere neanche una giornata in più, il rischio è la chiusura in blocco di tutte le aziende del settore. Due milioni di famiglie dipendono da noi: stanno tirando avanti con la cassa integrazione ma sono ansiosi di tornare in cantiere perché noi vogliamo redditi da lavoro, non sussidi. Non chiediamo di prestare attenzione alle nostre esigenze a scapito di altri, sappiamo che l’intero paese versa in grave difficoltà, ma le costruiscono rappresentano il 22 per cento del pil nazionale. Dopo una stagnazione quasi decennale, chiediamo procedure più snelle per ritrovare il dinamismo perduto. Vogliamo un confronto politico con chi conosce il settore, il problema che abbiamo scontato negli anni è che il legislatore spesso interviene senza avere la benché minima idea di quali siano le nostre specificità e bisogni. Spesso abbiamo dovuto adeguarci a normative ispirate dal pregiudizio e dall’inversione dell’onere della prova: chi costruisce non può essere trattato come un presunto colpevole. Noi chiediamo un ampio programma di semplificazione burocratica e normativa. Vogliamo concorrere alle gare, e a tale scopo servono poche norme, e chiare. La pubblica amministrazione è bloccata dalla cosiddetta “paura della firma”: il pericolo di incappare in una denuncia per abuso d’ufficio terrorizza i funzionari che sono sempre più restii a sottoscrivere gli atti. Ma di questo passo tutto è bloccato. Noi costruttori vogliamo tornare a parlare con architetti e ingegneri anziché doverci continuamente confrontare con avvocati e giuristi. Siamo tecnici, dobbiamo stare nei cantieri. Adesso scopriamo che il contagio Covid sarebbe equiparato a un infortunio sul lavoro: ma come si fa a individuare il luogo preciso dove si è contratto un virus che ha un periodo di incubazione pari a quattordici giorni? C’è poi il tasto dolente del regolatorio: negli ultimi 25 anni il Codice degli appalti è stato rimaneggiato ed emendato ben 312 volte. Dal 2016 una versione scellerata del Codice ha bloccato la pa ma senza le gare bandite dalla pa per noi è la fine. Il 90 per cento dei bandi infatti sta sotto la soglia europea dei cinque milioni e mezzo di euro. Quanto alla burocrazia, abbiamo calcolato che, per un’opera del valore superiore a cento milioni di euro, occorrono sedici anni per espletare le procedure necessarie prima dell’apertura del cantiere: i due terzi del tempo sono destinati all’iter autorizzativo e di progettazione. In conclusione, il governo si ricordi che il mercato immobiliare si fonda sulla fiducia dell’investitore. Oggi questa fiducia si è azzerata. Servono massicci aiuti alle famiglie affinché tornino ad apprezzare il bene casa. Noi proponiamo, per esempio, di dimezzare l’IVA sulle compravendite immobiliari che oggi, nelle transazioni tra privati, si attesta intorno al 4 per cento per immobili nuovi ed energeticamente efficienti. Dobbiamo saper innovare all’insegna della sostenibilità per avviare un vasto piano di rigenerazione urbana nella tutela dell’ambiente.
Gabriele Buia
presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili
“Occorrono sedici anni per espletare le procedure necessarie prima dell’apertura di un cantiere: è ora di svoltare” (Buia)
La priorità è una: la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro
L’agenda per la ripartenza deve tenere insieme il lavoro di messa a punto dei presidi per il monitoraggio, il contenimento e il contrasto della pandemia con quanto occorre fare per riavviare e riorganizzare imprese, lavoro e sistema paese nella “nuova normalità” della convivenza con il virus. Sul versante della vigilanza sanitaria, si tratta tra l’altro di sostenere applicazione e sviluppo dei protocolli per la sicurezza sul lavoro (anche con un tax credit dedicato) e di confermare che il rispetto delle regole definite nel protocollo siglato dalle parti sociali lo scorso 24 aprile assicura all’imprenditore certezza e tranquillità rispetto ad eventuali contestazioni in materia di responsabilità civile e penale. E’ poi evidente che ripartire significa, sul terreno economico, risolvere il cortocircuito della crisi di liquidità (crisi che si fa pericolosa opportunità per le mafie). La lezione del debutto sul campo delle buone intenzioni del “decreto liquidità” dice a chiare lettere che occorre fare di più: per prestiti a burocrazia zero e pienamente garantiti, ma anche e soprattutto per robusti indennizzi e contributi a fondo perduto da riconoscersi a fronte delle cadute di fatturati e ricavi causate dall’impatto dell’emergenza sanitaria e per incentivi alla ricapitalizzazione. Moratorie fiscali più ampie e un credito d’imposta rafforzato per locazioni commerciali e contratti d’affitto d’azienda sono ulteriori interventi necessari al pari di una maggiore agibilità delle compensazioni fiscali e di tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni davvero tempestivi. Sul versante degli ammortizzatori sociali, resta confermata la necessità della prosecuzione degli interventi della cassa integrazione, del fondo di integrazione salariale e del sistema di indennità per lavoratori autonomi e professionisti. Quanto al lavoro da preservare, è ormai tempo di ripristinare piena agibilità per i contratti a termine e il lavoro occasionale, e di agire per la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro. Il “passaggio stretto” della finanza pubblica rende poi decisivo il varo degli “innovativi strumenti europei” richiamati dal Def come strumenti capaci di tenere insieme una politica di bilancio di contrasto della crisi, la sostenibilità della finanza pubblica e la crescita di lungo termine. Ma intanto sta nella responsabilità dell’Italia avanzare con speditezza sul terreno delle riforme necessarie con l’obiettivo di un sistema Paese che funzioni meglio e punti su ricerca e sviluppo, innovazione e digitalizzazione, trasporti e logistica. Del resto, abbiamo straordinari “giacimenti” cui applicare questo tipo di approccio: la coesione territoriale, la ripartenza del nostro turismo (anche attraverso l’impulso fiscale alle vacanze degli italiani in Italia), la riorganizzazione delle nostre città ed il nuovo ruolo del commercio di prossimità, le aggregazioni di rete e di filiera nel tessuto dell’impresa diffusa, la resilienza della qualità del made in Italy e dell’Italian way of life. Ce la possiamo fare: con l’attenzione dovuta alle urgenze, ma anche con la responsabilità di un progetto che guarda all’Italia che verrà.
Carlo Sangalli
presidente di Confcommercio
“Moratorie fiscali più ampie e un credito d’imposta rafforzato per locazioni commerciali e contratti d’affitto d’azienda” (Sangalli)
Burocrazia e innovazione: abbattiamo le barriere per ripartire
Il settore elettrico ha risposto alla sfida del coronavirus lavorando intensamente per far funzionare gli ospedali, le fabbriche, la nostra vita quotidiana. Ciò è avvenuto grazie all’enorme impegno di imprese e lavoratori, facendo leva su un assetto tecnologico che fa del sistema elettrico italiano uno dei più digitali e avanzati del mondo. Mentre affrontiamo l’emergenza, creiamo le condizioni per realizzare un progetto che ponga lo sviluppo sostenibile al centro della ripartenza. Ci muoviamo in un quadro già chiaro, definito dagli obiettivi del New Green Deal europeo: dobbiamo concentrarci sul come rendere questo piano realizzabile superando le barriere derivanti da procedimenti autorizzativi assurdamente tortuosi e frizionali. La decarbonizzazione spinge fondamentalmente su due leve: lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che quasi triplicheranno la capacità grazie ai nuovi investimenti e al ripotenziamento di quelli esistenti, e la sostituzione del carbone con gas. Semplificazione drastica dei procedimenti autorizzativi e attivazione dei meccanismi di mercato della capacità sono due priorità impellenti. Gli investimenti nel settore idroelettrico sono stati bloccati da un quadro concessorio incerto e penalizzante. Prendere atto della insostenibilità di questa situazione prorogando la durata delle concessioni per tutti gli operatori consentirebbe un immediato rilancio degli investimenti. Lavoriamo sulla ulteriore digitalizzazione delle reti, concentriamoci sui sistemi di accumulo promuovendo la generazione distribuita, sosteniamo lo sviluppo su scala industriale delle nostre eccellenze manifatturiere nel campo del fotovoltaico. Investire nello stoccaggio e nelle tecnologie per l’efficienza energetica, spingere la decarbonizzazione attraverso l’uso di tecnologie elettriche in tutti i settori, a partire dall’automotive, sono altrettante priorità. Cogliere, infine, le enormi opportunità di efficienza nel settore residenziale e della pubblica amministrazione in grado di attivare una filiera molto ampia e capillare. Abbiamo una visione di rilancio del paese che vede la possibilità di accelerare gli investimenti previsti dal piano di decarbonizzazione concentrandoli nel prossimo biennio, con un importo complessivo di circa 40 miliardi, un impatto sul pil di 50 miliardi e oltre 300mila lavoratori coinvolti. Abbiamo un progetto, le tecnologie e la forza d’impresa: abbattiamo le barriere per ripartire.
Simone Mori
presidente di Elettricità Futura
Una formula per un credito d’imposta per i prossimi tre anni
Dall’inizio dell’emergenza sono ormai passati due mesi e abbiamo urgente bisogno di interventi concreti ed efficaci per il nostro settore, altrimenti le imprese collasseranno. Abbiamo compreso che la necessità immediata era quella sanitaria e di ammortizzatori sociali per il lavoro, e abbiamo apprezzato lo sforzo del governo in tal senso. Il problema è che ora le aziende non hanno più la forza di attendere. Nel decreto di maggio ci aspettiamo misure serie: finanziamenti immediati a fondo perduto e un aiuto forte alla fiscalità. Soldi veri e non solo prestiti. Serve un pacchetto di provvedimenti eterogenei con lo stralcio delle tasse (TARI, IMU), concessioni per l’intero anno e un credito d’imposta per i prossimi tre anni sul 50 per cento della perdita del fatturato 2020. Non siamo disposti a pagare tasse per un periodo nel quale non abbiamo incassato nulla. Chiediamo la detassazione totale del costo del lavoro per i dipendenti stagionali e parziale per i dipendenti fissi. Stiamo vivendo una crisi senza precedenti e l’Ue ha previsto strumenti di sostegno economico a cui è possibile accedere. E’ necessario che una quota significativa del Recovery fund sia disponibile per finanziare le piccole e medie imprese anche nel settore turistico. Ma non basta. Il governo si deve impegnare in sede europea per l’abrogazione della direttiva Bolkestein che prevede la messa in gara delle concessioni e che rischia di compromettere la sopravvivenza di campeggi, porti turistici e stabilimenti balneari. Il futuro del turismo, un ‘industria che rappresenta il motore economico di intere regioni del nostro paese, appare nero e, se non verranno prese specifiche misure di sostegno, rischiamo di non risollevarci più.
Marina Lalli
presidente di Federturismo
Liquidità immediata e finanziamenti a dieci anni
Non sappiamo ancora quali siano gli esiti, in termini di contagi, della Fase 2 e ci auguriamo che il senso di responsabilità dimostrato dagli italiani dia i frutti sperati. Ma, ribadendo la necessità di garantire la sicurezza e la salute di tutti, il governo ha anche il dovere morale di guardare oltre, alle cosiddette Fasi 3 e 4, per consentire al paese di tornare a correre. Ho la sensazione, confermata dai molti imprenditori grandi e piccoli che fanno parte della nostra filiera, che, al di là di un impianto generale tutto sommato condivisibile, molte delle misure annunciate siano rimaste lettera morta. La liquidità nei conti correnti degli imprenditori è ancora insufficiente, gravemente insufficiente; la cassa integrazione non è arrivata a tanti, e a quelli a cui è arrivata è stata spesso anticipata dagli imprenditori. Hanno annunciato un decreto aprile che ad oggi non abbiamo ancora né visto né valutato come associazione di categoria fondamentale per il paese. Capite bene che l’incertezza, da sempre tallone d’Achille del nostro paese, adesso rischia di farci sprofondare. Cosa chiediamo? Cose semplici: liquidità vera e immediata e coordinamento tra gli attori in campo. Allungamento dei finanziamenti che arriveranno con il decreto liquidità: sei anni sono pochi, ne servono almeno dieci. Fine del “cortocircuito” tra Abi e ministero di Giustizia, in relazione alla responsabilità delle banche sui finanziamenti che verranno erogati. Proposte fiscali che diano impulso ai consumi interni, come il rinnovo del bonus mobili. Riapertura veloce dei negozi di mobili per consentire che la filiera sia operativa dalla a alla z. Sostegno alle pmi per la partecipazione a fiere internazionali e un vero e proprio piano di rilancio del Made in Italy. La nostra filiera vanta un saldo positivo di 7,8 miliardi di euro su 36 e contribuisce, per il 16 per cento, al benessere del paese; a gennaio crescevamo dell’1,8 per cento ma a marzo abbiamo registrato un 30 per cento di insoluti, quota che ad aprile è salita al 60 per cento. Non abbiamo più tempo se non vogliamo perdere un’eccellenza del sistema economico che fattura ogni anno 42 miliardi di euro, il 5 per cento del pil industriale. Senza risposte rapide, quest’anno il comparto è destinato a un meno 20 per cento del suo giro d’affari: parliamo di otto miliardi, con la conseguenza che oltre 60mila posti di lavoro sarebbero a quel punto a rischio. Chi come noi imprenditori è abituato a fare cose reali ha bisogno di risposte reali. Mobili, lampade, edifici e arredi sono pensati da architetti e designer, ma poi c’è chi trasforma queste idee in realtà. Ecco, vorrei che il governo, come noi, concretizzasse velocemente i propri provvedimenti.
Emanuele Orsini
presidente di FederlegnoArredo
Azzerare l’Imu che gli alberghi dovranno pagare nel 2020
Il turismo sta pagando un prezzo altissimo: è stato il primo settore ad avvertire le avvisaglie della crisi e sarà probabilmente l’ultimo ad uscirne. Il mercato è completamente fermo (ad aprile meno 99,1 per cento per gli stranieri e meno 96,4 per cento per gli italiani). Secondo il nostro Centro studi, il 2020 registrerà la perdita di oltre 305 milioni di presenze, con una perdita di fatturato del settore ricettivo pari a quasi 17 miliardi di euro (meno 71,4 per cento). E vengo agli interventi che si rendono necessari per fronteggiare questo tsunami. Uno dei problemi principali che attanagliano le imprese è la mancanza di liquidità. Il credito tarda ad arrivare nonostante quanto stabilito dai provvedimenti governativi. Aggiungo che i prestiti non bastano: è necessario intervenire anche con erogazioni dirette, commisurate al fatturato perso. E’ positiva la proroga della cassa integrazione che è stata annunciata, ma sappiamo già che per molti diciotto settimane non basteranno perché ad ottobre saranno ancora in mezzo al guado. Il bonus a favore delle famiglie che scelgono di trascorrere le vacanze in Italia è un’idea interessante ma tengo a dire che non è questa la priorità delle imprese. Se le uniche risorse destinabili al turismo sono quelle che vengono indirizzate a questo incentivo, noi diciamo con chiarezza che è meglio farci altro. Con poco meno di un miliardo di euro si potrebbe, ad esempio, azzerare l’Imu che gli alberghi dovranno pagare nel 2020. Si dovrebbe pensare anche agli alberghi in affitto che in questo periodo sono tenuti a pagare il canone di locazione pur in presenza di un sostanziale azzeramento dei ricavi. E’ inoltre necessario mettere mano a tutte le scadenze fiscali. Noi chiediamo di prorogare e rateizzare tutto ciò che è prorogabile e di abolire tutto ciò che è ingiusto. Non è sufficiente una proroga di alcuni mesi. Non meno importanti per un’impresa sono i profili concernenti le responsabilità connesse al rischio di contagio nei confronti di clienti e dipendenti. Noi abbiamo definito un protocollo, dal nome “accoglienza sicura”, che garantisce agli ospiti e ai collaboratori il massimo livello di protezione, senza per questo trasformare gli alberghi in ospedali. Siamo in attesa di conoscere il parere del governo. E ci auguriamo vivamente che a nessuno venga in mente di dettare regole diverse da regione a regione. Noi ovviamente lottiamo con i denti perché vogliamo ripartire al più presto e confidiamo che i provvedimenti in itinere, opportunamente modificati, e quelli che verranno forniscano alle imprese il sostegno e le certezze necessarie perché le imprese da sole non ce la fanno.
Bernabò Bocca
presidente di Federalberghi
“Il bonus per le vacanze in Italia ? Non è questa la priorità delle imprese. Con quei soldi è meglio farci altro” (B. Bocca)
Sospendere il Codice degli appalti per almeno sei mesi
Una situazione eccezionale non può essere guardata con occhi ordinari. Servono interventi progettuali, non a pioggia ma ben mirati, che seguano tre direttrici fondamentali: fiscalità, liquidità e semplificazione burocratica. Va esteso l’utilizzo dell’autocertificazione da bilanciare con controlli capillari da parte della pubblica amministrazione e con un inasprimento di sanzioni. Bisogna introdurre un correttivo legislativo a tutela del datore di lavoro in caso di contagio del lavoratore per coronavirus: va garantita l’esenzione di responsabilità civile e penale del datore che si sia attenuto a tutte le disposizioni di sicurezza. E poi, per dare liquidità al sistema imprenditoriale, proponiamo di commutare in elargizioni dirette i crediti d’imposta vantati dalle aziende sia sotto il profilo fiscale sia in termini di super e iperammortamento. Quanto ai prestiti alle imprese, pur ribadendo che sarebbe meglio intervenire con contributi a fondo perduto come avviene in altri paesi, prendiamo atto dell’orientamento del governo e chiediamo di allungare il periodo di restituzione dai sei anni, fissati dal Decreto liquidità, ad almeno dodici o quindici. In questa fase emergenziale andrebbero poi abolite tasse inutili come la plastic tax e la sugar tax. Per promuovere inoltre un massiccio programma di manutenzioni e nuove costruzioni sarebbe auspicabile la sospensione del Codice degli appalti per almeno sei mesi con adozione della normativa europea anche in tema di subappalto, elevando il limite dal 40 al 50 per cento per la categoria prevalente e al 100 per cento per le categorie scorporabili, così da permettere alle piccole medie imprese di inserirsi maggiormente sulle quote di mercato.
Maurizio Casasco
presidente della Confederazione della piccola e media impresa (Confapi)
Trasformare in credito di imposta le imposte anticipate
Nei mesi di lockdown abbiamo continuato a produrre con il 30 per cento di fatturato in meno, principalmente a causa della chiusura della ristorazione. Al governo chiediamo di riaprire con urgenza bar e ristoranti per arginare perdite mai viste prima per i singoli comparti: meno 40 per cento vino; meno 45 per cento formaggi tipici, meno 35 per cento salumi. La ristorazione deve ripartire al più presto, ovviamente applicando scrupolosamente le regole a tutela di lavoratori e consumatori. Servono aiuti economici a fondo perduto, le imposte anticipate andrebbero trasformate in credito di imposta, soprattutto per le piccole e medie imprese. Chiediamo appositi strumenti di sostegno per chi impiega e valorizza il prodotto italiano, con crediti di imposta per le imprese che trasformano il prodotto agricolo italiano e finanziamenti a fondo perduto ai ristoranti che promuovono il made in Italy con l’acquisto di prodotti nazionali. Al ministro del lavoro Catalfo chiediamo espressamente di semplificare ed accelerare l’accesso alla cassa integrazione destinando anche risorse alle politiche attive e alla formazione. Abbiamo accelerato in fabbrica i processi di automazione e controllo delle linee produttive a distanza che richiedono una forza lavoro specializzata.
Luigi Scordamaglia
consigliere delegato di Filiera Italia
“Una burocrazia asfissiante sta determinando lentezze inconcepibili nell’esecuzione di provvedimenti indispensabili” (Mutti)
Cancelliamo una volta per tutte i freni alla competitività
Abbiamo due emergenze da affrontare, che hanno una radice comune. Quella del presente, contraddistinta da una forte esigenza di liquidità da parte delle imprese, si scontra con una debole, incerta capacità di esecuzione e con una rilevante dispersione delle risorse messe in gioco. La seconda, da affrontare in tempi altrettanto brevi, senza perdere tempo, è il varo di un piano di rilancio nazionale. Il tempo delle diagnosi su quello che serve al paese è finito. L’agenda delle cose da fare è chiara, i contenuti noti da tempo. Che poco o nulla sia stato fatto in questi anni per la competitività lo abbiamo visto chiaramente negli ultimi mesi. Covid-19 ha suonato la sveglia, ha portato al pettine mali endemici e ne ha amplificato gli aspetti problematici. Una burocrazia asfissiante, unita a un quadro normativo confuso, stanno determinando una lentezza inconcepibile nell’esecuzione di provvedimenti indispensabili per il mantenimento della base produttiva. Ne deriveranno perdita di competitività, tensioni occupazionali e sociali, indebolimento delle capacità di spesa delle famiglie. Cancelliamo una volta per tutte i freni alla competitività, finalizziamo la spesa pubblica su ciò che serve, evitiamo di finanziare aziende decotte, concentriamo le risorse sulle realtà capaci di competere. Avviamo un progetto di potenziamento infrastrutturale, riformiamo il sistema formativo, creiamo le condizioni per una piena legalità e tempi della giustizia ragionevoli. Non ci sarà un nuovo piano Marshall. E gli investitori difficilmente troveranno appetibile portare i loro capitali in un paese dove parole come concorrenza e merito fanno fatica a trovare cittadinanza.
Francesco Mutti
presidente di Centromarca