Meno dividendi per Fca-Psa ma il Covid lascia immuni le sinergie industriali
Per gli analisti la crisi non impatterà sulla creazione di valore industriale, possibile però un taglio anche della maxi cedola da 5,5 miliardi
Milano. La vera ricchezza di una fusione come quella tra Fiat Chrysler e Peugeot non è rappresentata tanto dai dividendi quanto dalle sinergie industriali che possono essere generate unendo le forze di due grandi gruppi dell’auto. E quest’aspetto non è stato toccato dal Covid, semmai la prospettiva che il mercato americano si riprenda prima di quello europeo – proprio ieri i produttori di quest’area hanno lanciato un appello alla Commissione Ue affinché fornisca un forte stimolo per far ripartire il settore – dovrebbe aumentare l’interesse dei francesi a fondersi con Fca, che negli Usa è meglio posizionata.
Di contro, l’effetto Covid sulle nozze dell’auto c’è e ne risentiranno soprattutto le tasche degli azionisti: sia Fca sia il gruppo francese Psa, infatti, rinunceranno al dividendo ordinario, 1,1 miliardo di euro ciascuno, e non è escluso che un aggiustamento ci sarà anche per la cedola straordinaria (5,5 miliardi) che è previsto venga assegnata a Fca come premio implicito per la sua presenza negli Stati Uniti e per marchi come Jeep, Ram e Maserati. Ma nel suo insieme, la grande fusione delle quattro ruote sta andando avanti – come hanno annunciato i due gruppi mercoledì sera in una nota – e non c’è motivo per dubitare che possa generare il valore atteso – vale a dire 3,7 miliardi di sinergie industriali in cinque anni.
“L’impatto del coronavirus sul mercato dell’auto, seppure imponente come si vede dal crollo quasi totale delle vendite nel primo trimestre, è circoscritto nel tempo”, spiega al Foglio Marco Opipari, analista di Fidentiis. “Se il 2020 sarà un anno da dimenticare, le previsioni per il 2021 sono di ripresa, anche perché il persistere del distanziamento sociale andrà a sfavore della mobilità collettiva e non di quella privata, che, invece, potrebbe addirittura aumentare”. Insomma, l’aggregazione Fca-Psa sembra avere più senso oggi di quanto è stata annunciata lo scorso autunno e se venisse completata nei tempi previsti, cioè entro il primo trimestre 2021, farebbe in tempo a beneficiare della prevista inversione a “U” della domanda di immatricolazioni.
Detto questo, la crisi economica provocata dal Covid si fa sentire e la rinuncia al dividendo ordinario, peraltro attesa dal mercato già da alcune settimane, può essere considerata come una scelta di prudenza sia di Fca sia di Peugeot che, come spiega Opipari, devono entrambe far fronte alla diminuzione della posizione finanziaria netta e alla necessità di aumentare le riserve di liquidità. Ma corrisponde anche all’impegno che stanno assumendo le società che ricevono aiuti di stato per l’emergenza Covid. In Francia, per esempio, il governo ne ha fatto, oltre che una regola valida per tutti i tipi di sostegno, compresa la cassa integrazione di cui Psa sta usufruendo come Fca in Italia, un vero punto di onore.
Il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, non ha perso occasione per dire che le aziende devono scegliere tra ricevere contributi pubblici e staccare cedole. E durante una trasmissione televisiva molto popolare ha detto che non firmerà alcun prestito garantito dallo stato francese per una società che pagherebbe i dividendi ai suoi azionisti, precisando: “allo stesso modo, per le aziende di cui è socio, anche lo stato francese voterà contro la distribuzione dei profitti”. Essendo, nel gruppo Psa, lo stato francese primo azionista a pari merito con la famiglia Peugeot, il dividendo non poteva che essere cancellato e Fca non poteva che seguire il suo esempio. Diverso è il discorso per il dividendo straordinario. La reazione del titolo Fca ieri (-2,8 per cento in una giornata negativa per Piazza Affari) riflette soprattutto il timore per una possibile decurtazione dei 5,5 miliardi, di cui buona parte destinata alla finanziaria della famiglia Agnelli, Exor. Secondo Opipari, è possibile ci siano variazioni per effetto della riduzione del valore di borsa degli ultimi mesi di entrambe le società che però non ha alterato i rapporti di cambio, cosa che indurrebbe a ipotizzare un riequilibrio che per Fca si tradurrebbe in un taglio della maxi cedola a 3 miliardi. Ma è solo un’ipotesi.