Nuovi equilibri nella Corte di Karlsruhe dopo la sentenza sulla Bce
Lascia dopo 10 anni Voßkuhle, l’artefice della giurisprudenza “sovranista” della BVerfG. Avanzano giudici più “europeisti”
All’indomani della sentenza con la quale il Tribunale costituzionale di Karlsruhe ha censurato l’omissione di cui si sono resi responsabili governo e Parlamento per non aver contestato alla Bce di essersi sottratta all’obbligo di tenere in adeguato conto gli effetti economici delle proprie misure di politica monetaria nell’ambito del Pspp (Public securities purchase programme), il presidente del Tribunale, Andreas Voßkuhle, ha concluso il proprio mandato. Eletto nel maggio 2008 su proposta della Spd dal Bundestag, Voßkuhle, giuspubblicista con un passato di studi tra Baviera e Baden-Württemberg, è diventato presidente appena due anni dopo, plasmando la giurisprudenza costituzionale tedesca sull’integrazione europea. In particolare, dietro l’idea che la Bce abbia agito al di fuori del proprio mandato e che la Corte di Giustizia del Lussemburgo non sia stata, a sua volta, in grado di controllare questo “eccesso di potere”, c’è una precisa concezione dei rapporti tra Unione europea e stati membri che è tornata a echeggiare nella sentenza del 5 maggio: gli stati restano i signori dei Trattati (Herren der Verträge) e l’Unione non è una federazione, ma un ente di collegamento tra stati (Staatenverbund) con un alto deficit di legittimazione democratica. Se così stanno le cose, la Corte di Giustizia Ue non ha un potere pieno di decidere sulla conformità degli atti delle istituzioni ai Trattati, ma è legittimata a farlo, fintantoché non leda i principi supremi degli ordinamenti costituzionali nazionali.
Questa costruzione risale alla sentenza sul Trattato di Maastricht, ma ha riacquistato vigore con quella sul Trattato di Lisbona, quando Karlsruhe individuò una serie di materie essenziali per la capacità di autodeterminazione dello stato, tali per cui soltanto una revisione costituzionale della Legge Fondamentale avrebbe consentito una loro cessione al livello sovranazionale. Da allora ogni trasferimento di poteri sovrani al livello Ue è stato attentamente vagliato dal Tribunale costituzionale, che, ove necessario, ha chiesto a governo e Parlamento di onorare la loro responsabilità attraverso la richiesta di ulteriori informazioni o l’adozione di nuove deliberazioni. Questa impalcatura concettuale, che si regge su una comprensione del diritto soggettivo all’autodeterminazione democratica, è favorita dalla possibilità per ogni cittadino di proporre ricorso diretto a Karlsruhe.
Molti si domandano che ne sarà di questo modo di intendere i rapporti con l’Ue, ora che uno dei principali artefici di questa giurisprudenza è uscito di scena e tenuto conto che il giudice relatore della sentenza del 5 maggio, Peter Michael Huber, ha davanti a sé due anni di mandato. La questione è complessa e ha a che fare con la struttura del Bundesverfassungsgericht, diviso in due Senati, ciascuno composto di otto giudici, oltre che con le modalità di elezione dei giudici, scelti a metà dal Bundestag e metà dal Bundesrat (rappresentativo dei Länder). Proprio in questi giorni, il Bundesrat ha eletto Astrid Wallrabenstein in sostituzione di Voßkuhle nel II Senato. Sostenuta dai Verdi, la Wallrabenstein insegna diritto pubblico a Francoforte e ha un focus specifico su diritti sociali e migranti. Contestualmente, il Bundesrat ha anche eletto a nuovo presidente l’attuale vicepresidente Stephan Harbarth, avvocato ed ex politico della Cdu. Manca, infine, il sostituto di Johannes Masing, giurista di provenienza socialdemocratica, sulla cui successione l’Spd non ha ancora trovato un accordo. E’ probabile che la vicepresidenza sia affidata a Doris König, europeista e autrice di numerose opinioni dissenzienti, tanto che si sospetta che l’unico membro contrario del II Senato alla sentenza sul Pspp sia stata proprio lei. Il Tribunale costituzionale federale si avvia quindi verso una stagione in cui i conflitti interni non diminuiranno, ma mancherà il carisma di Voßkuhle per evitare che esplodano.