Cornuto e tassato. Il governo continua la crociata contro il gioco legale
Il settore è ancora in lockdown, i gestori e i dipendenti sono in sofferenza. E nel decreto Rilancio c'è un prelievo dello 0,5 per cento sulla raccolta scommesse per finanziare il “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale”
Sul Foglio abbiamo già raccontato, a più riprese, la paradossale situazione in cui si trova oggi in Italia il settore dei giochi legali. Vittima di una battaglia ideologica che sta mettendo in difficoltà circa 75 mila persone (tante quelle che lavorano nella filiera) e che, come raccontato dal presidente di Acadi, Geronimo Cardia, ha già privato lo stato di 1,5 miliardi di gettito erariale (750 milioni per ogni mese di lockdown). Senza contare il fatto che l'assenza di gioco legale favorisce l'illegalità.
Nonostante l'inizio ufficiale della Fase 2 il Dpcm approvato dal governo lo scorso 17 maggio recita ancora, senza alcuna indicazione ulteriore, che “sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse e sale bingo”. Qualcosa potrebbe cambiare, forse, a partire dal 15 giugno, ma gli operatori continuano a chiedere di accelerare i tempi. Come se non bastasse il decreto Rilancio ha assestato un altro colpo.
All'articolo 217, infatti, prevede l'istituzione di un “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale”. Una misura fortemente voluta dal ministro Vincenzo Spadafora che, per finanziarlo, ha deciso di inserire, fino al 31 dicembre 2021, un contributo dello 0,5 per cento sul “totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali”. Secondo le stime di Agipronews, calcolate sulla base imponibile degli incassi del 2019 (14,5 miliardi complessivi), l’aumento fiscale ammonterebbe a 72 milioni l’anno (più 17 per cento). E a pagarlo saranno tutti gli attori della filiera.
Il decreto in realtà fissa come limite massimo del finanziamento del Fondo 40 milioni di euro per l’anno 2020 e 50 milioni di euro per l’anno 2021. Ma il risultato cambia di poco. Peraltro nel testo non si spiega affatto a chi verranno destinate queste risorse e ci si limita a dire che “i criteri di gestione del Fondo” verranno decisi dal ministero dello Sport di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze.
Il settore, ovviamente, non ha gradito anche perché nessun altro, al momento, è stato colpito da simile “prelievo forzoso”. Ma è da fine marzo che governo e mondo dello sport discutono di questa possibilità (inizialmente si parlava dell'1 per cento) e anche il presidente della Figc, Gabriele Gravina, aveva sostenuto l’idea del prelievo sulle scommesse. Qualcuno maliziosamente fa notare che, in questo modo, il governo ha posto in parte rimedio a un danno creato precedentemente, quando il M5s aveva fortemente voluto, e ottenuto, che il decreto Dignità vietasse alle società di scommesse sportive di fare pubblicità per almeno 12 mesi.
Sul Foglio Sportivo dello scorso 11 aprile, nella rubrica Calcio e Finanza, avevamo raccontato che nel periodo 1 luglio 2019 e 29 febbraio 2020, la raccolta delle scommesse sportive in Italia è cresciuta del 17,6 per cento con un incremento del 21,8 per cento per quelle online. E così a pagare il prezzo del divieto sono state società calcistiche, mondo dello sport e media. Qualche esempio: la Roma ha dovuto rinunciare a 15,5 milioni dall’accordo con Betway, la Lazio a 7 milioni del rinnovo dello sponsorizzazione di Marathonbet, il Milan ha dovuto rinunciare all'accordo con StarCasinò e l’Inter con Bwin (i nerazzurri avrebbero ricevuto 1,1 milioni per il 2019/20 compresi 100mila euro come bonus per la qualificazione in Champions). Insomma, non proprio spiccioli.
Adesso qualcosa, forse, potrebbe rientrare. E poco importa che a pagarlo saranno anche i cittadini che operano nel settore e che continuano a non poter aprire le loro attività. Cornuti e tassati.