"Abbandonati dallo stato". Il comparto del gioco legale scende in piazza
Gli operatori di sale giochi, scommesse, bingo e slot chiedono al governo di poter riaprire al più presto
Sono arrivati un po' da tutta Italia, in rappresentanza dei 150 mila lavoratori del comparto del gioco legale, per manifestare direttamente in Piazza del Popolo, a Roma, contro la decisione del governo di non provvedere a una data certa per la riapertura di sale giochi, scommesse, bingo e slot. Un atteggiamento discriminatorio che, come aveva spiegato al Foglio il presidente di Acadi Geronimo Cardia, rischia da una parte di far perdere migliaia di posti di lavoro e alcuni miliardi di euro di introiti per le casse pubbliche (750 milioni per ogni mese di chiusura), dall'altra favorisce le alternative illegali, non normate dall'intervento dello stato e in mano alla criminalità organizzata.
Secondo gli organizzatori erano oltre quattromila le presenze nella capitale, per un settore che è stato tra i pochi a non avere un orizzonte temporale certo per la ripartenza, e sui si è abbattuta la scure di un nuovo prelievo dello 0,5 per cento sul totale raccolto attraverso le scommesse che l'articolo 271 del dpcm del 17 maggio vuole destinare all'istituzione di un "Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale".
Se tra gli obiettivi della manifestazione di piazza c'era quello di ottenere l'interesse delle istituzioni affinché valutassero e predisponessero con le associazioni di categoria dei protocolli sanitari per poter riaprire in sicurezza, l'assessore alla Sanità della regione Veneto, Manuela Lanzarin, aveva anticipato come fosse atteso per oggi l'ok della Conferenza delle regioni alle linee guida per poter procedere alla riapertura del comparto. Via libera che, come riferisce Agipronews, è arrivato sulla base di un protocollo che prevede lo scaglionamento nell'accesso dei clienti nelle agenzie di scommesse, sale slot e bingo; un ripensamento degli spazi al fine di evitare assembramenti, e una lista di oneri in materia di sanificazione e areazione che competono al singolo esercente. Ora l'accordo dovrà essere valutato dall'esecutivo e recepito in un apposito decreto. Nel frattempo chi manifesta chiede che sia lo stato a "smettere di giocare con le nostre vite".