Italietta no, grazie
Il Mes è un guaio. L’unico whatever it takes in Europa possibile è quello fiscale. Ci scrive il leghista Bagnai
Al direttore - Chi le scrive non ama usare il termine “Italietta”, un termine da cui ancora emana il lezzo del nazionalismo fascista che lo coniò per etichettare l’Italia giolittiana. Si potrebbe però fare un’eccezione per qualificare il dibattito che nel nostro Paese si sta sviluppando sulle misure europee contro la crisi: un dibattito articolato su ampollose e gesuitiche disamine, figlie di un accademico “piccolo mondo antico”, ed espressione di un certo provincialismo superficiale: da Italietta, appunto.
Non ha senso, in particolare, contrapporre politica monetaria e politica di bilancio, come ha fatto su questo giornale due giorni fa l’onorevole Renato Brunetta, considerando come alternativi il ricorso alla Bce da un lato e quello ai “quattro pilastri” (MES, BEI, SURE e Next Generation EU) dall’altro. Sul fatto che la ripresa dovesse necessariamente passare per politiche di bilancio più attive esisteva un consenso ampio prima del Covid-19, quando la recessione già stava iniziando a mordere.
Dopo la pandemia questo consenso è diventato unanime. Il tema è come finanziare queste politiche di bilancio, se con emissioni di titoli nazionali, o con altre forme di indebitamento (i famigerati “quattro pilastri”). Abbandonando la dimensione onirica che nell’Italietta caratterizza la riflessione sull’Europa, dobbiamo riconoscere che nell’Europa reale, non in quella sognata da ciascuno a propria immagine e somiglianza, “there is no alternative”. In un momento in cui a famiglie e imprese occorrono risposte immediate i “quattro pilastri” non sono una strada percorribile, semplicemente perché non ci sono. I diversi pilastri rispondono ad un’unica logica operativa: utilizzare il merito di credito di istituzioni “europee” che, a fronte di garanzie “europee”, emettano titoli sul mercato per reperire risorse finanziarie a condizioni migliori di quelle riservate agli Stati membri. I singoli Stati, così, potrebbero indebitarsi con le istituzioni europee a condizioni più convenienti di quelle di mercato.
Un discorso seducente, se non fosse che in un caso (Next Generation EU) ancora manca l’istituzione che dovrebbe raccogliere i fondi, in due casi (BEI e SURE) l’istituzione c’è, ma devono ancora essere versate le garanzie, e dell’unica istituzione operativa, il MES, nessuno si vuole servire. E’ significativo il fatto che solo l’Italietta del Pd abbia aperto un dibattito sul MES. Nonostante le mendaci affermazioni del premier, nessun altro Paese ha voluto prendere in considerazioni questi fondi, perché richiederli sottopone a una procedura di vigilanza rafforzata, alla possibile revisione delle condizioni al termine dell’emergenza (con il concreto pericolo di finire “sotto programma”, cioè di essere commissariati dalle istituzioni), e soprattutto segmenta il mercato del debito nazionale, introducendovi un creditore privilegiato (appunto, il MES). Il risparmio di interessi sui 36 miliardi di debito contratto col MES sarebbe più che compensato dai maggiori interessi che i mercati richiederebbero sul restante debito da collocare.
Per capire come stanno le cose, bisogna uscire dall’Italietta e consultare fonti internazionali, come i siti dei think tank che influenzano Bruxelles: voxeu.org e bruegel.org. Da mesi ormai su quelle pagine i più eminenti economisti mondiali, da Blanchard (MIT) a Buiter (Citicorp), da Gali (Pompeu Fabra) a Giavazzi (Bocconi) indicano nell’intervento della Bce l’unica via di uscita sensata dalla crisi, e il motivo è molto semplice: i “quattro pilastri” non sono quattro scrigni uso “Isola del Tesoro” giacenti in Europa, cui sarebbe indubbiamente stolto non attingere. Sono quattro istituzioni, non ancora operative in tre casi su quattro, che per raccogliere fondi dovranno collocare titoli sul mercato cominciando se va bene fra un semestre.
E voi pensate che fra un semestre, a fronte del rischio che i ritardi nell’affrontare la crisi inneschino qui e altrove una catena di fallimenti, in assenza di un credibile acquirente di ultima istanza gli investitori internazionali si rivolgerebbero con fiducia alla “carta” europea!? Ovviamente no.
Può piacere o non piacere, ma è nelle cose: la Bce, e in particolare una Bce che interpreti la sua “indipendenza” con molto buonsenso, sarà necessariamente parte di ogni scenario di uscita dalla crisi. Non è perché ha ascoltato il Dipartimento Economia della Lega che la Bce ha incrementato (e incrementerà ulteriormente) il suo programma di acquisti, ma perché non aveva alternativa.
Del resto, chi fosse un minimo addentro agli arcana imperii europei aveva immediatamente capito che una volta che voxeu.org aveva tracciato il solco, la Bce lo avrebbe inevitabilmente difeso. Non è perché ha ascoltato il Dipartimento Economia della Lega che il Tesoro si è finalmente deciso a collocare Btp sul mercato, ma perché non aveva alternativa. Purtroppo lo ha fatto poco e tardi: mentre sfogliava la margherita del “MES, non MES”, questo governo ha gestito male il dibattito con l’Europa e peggio gli interventi a sostegno del Paese, non raccogliendo l’esortazione fatta da tutto il centrodestra a proporre un immediato whatever it takes fiscale, da finanziare nell’unico modo immediatamente disponibile: con emissioni di titoli nazionali.
Ma questo è il passato. Da bravi europei, lo congediamo con le parole di Gretchen nel Faust di Goethe: Laß das Vergangene vergangen sein. Longanesi avrebbe definito il nostro premier un uomo così egocentrico che se va a un matrimonio vorrebbe essere la sposa, e al Governo l’opposizione. Non stupisce quindi che la poderosa task force di Colao abbia attinto dalle proposte dell’opposizione, riproponendole come governative. Benissimo: almeno è chiaro che su molto del da farsi siamo sostanzialmente d’accordo!
Ora finalmente si venga in Parlamento a votare l’ulteriore scostamento, reso inevitabile dai ritardi accumulati, si agisca per finanziarlo utilizzando le istituzioni esistenti (il Tesoro italiano), si attuino le misure necessarie, e si negozino, invece di “sognarle”, le future istituzioni europee, consapevoli che fuori dall’Italietta il dibattito sulla loro efficacia è molto più cauto e critico.
Senatore Alberto Bagnai, responsabile dipartimento economico della Lega