I dati inventati di Tridico
L’Istat conferma che il Rdc non ha affatto ridotto la povertà assoluta del 60 per cento. Che dice ora l’Inps?
Roma. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha diffuso dati falsi sull’impatto del Reddito di cittadinanza sulla riduzione della povertà. Il Foglio lo aveva già scritto a dicembre, appena Tridico aveva dato fiato alle trombe della propaganda grillina, ma ora lo conferma l’Istat che ha diffuso i dati sulla povertà in Italia nel 2019 (quindi in fase pre Covid). Il Rdc non ha affatto ridotto la povertà assoluta del 60 per cento.
Era questo il dato sorprendente che, lo scorso dicembre, il presidente dell’Inps ha iniziato a sbandierare in una serie di interviste. “L’impatto che abbiamo calcolato del RdC sulla povertà è di una riduzione forte dell’intensità della povertà, di circa -8 per cento, una riduzione di circa -1,5 per cento dell’indice di Gini, cioè della disuguaglianza, e di circa -60 per cento del tasso di povertà. Questi dati sono straordinari”. Un concetto, quello della riduzione del 60 per cento del tasso di povertà a causa del Rdc, che Tridico ha ripetuto in più occasioni e su diversi media. E successivamente rilanciato dagli altri trombettieri della propaganda grillina: “Abolita no, ridotta di molto sì. Povertà, l’impatto del Reddito”, titolava il Fatto quotidiano: “L’impatto sulla riduzione del tasso di povertà assoluta è tra il 59 e il 60 per cento”, scriveva il giornale citando come fonte il centro studi dell’Inps che in realtà non ha mai prodotto quel dato, frutto invece di una fantasiosa e personale elaborazione di Tridico. Quel risultato, completamente infondato, è stato per settimane il fulcro della macchina comunicativa del M5s, ripetuto costantemente dai parlamentari invitati nei talk-show, ribadito dalla viceministro dell’Economia Laura Castelli (“I dati elaborati dal centro studi e ricerche e dal coordinamento statistico dell’Inps non lasciano dubbi: il reddito di cittadinanza funziona! L’impatto è stato clamoroso: si è più che dimezzato, -60 per cento, il numero di persone in condizioni di povertà assoluta”. La bufala è arrivata ai massimi livelli istituzionali, quando durante la conferenza stampa di fine anno il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato: “Sono orgoglioso del Reddito di cittadinanza, è una misura che rivendico e mi batterò con tutte le mie forze perché sia conservata. Si è rivelata molto efficace per contrastare la povertà assoluta: le statistiche ci dicono che in otto mesi abbiamo un -60 per cento della povertà. E’ un risultato incredibile”. E il risultato, come scrivevamo all’epoca pressoché inascoltati, è davvero “incredibile”: ma nel senso che non può essere creduto. Per diversi motivi tecnici (ad esempio l’incongruenza con le altre variazioni contenute degli altri indici di povertà che emergevano dalle analisi fatte dal Centro studi dell’Inps), ma soprattutto per un motivo banale: il 60 per cento dei poveri assoluti era addirittura una quota superiore a quella dei beneficiari del Reddito di cittadinanza. L’Inps, nonostante le ripetute richieste di un chiarimento, non ha mai risposto quale fosse la fonte di quel dato, da dove cioè il suo presidente l’avesse tirato fuori.
Dopo sei mesi è arrivata finalmente una risposta, ma non dall’Inps. L’Istat, con la pubblicazione delle sue annuali statistiche sulla povertà, ha smentito le affermazioni di Tridico. Nel 2019, dopo quattro anni di aumento, si è ridotta per la prima volta la povertà assoluta: “Sono quasi 1,7 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta con una incidenza pari al 6,4 per cento (7,0 per cento nel 2018), per un numero complessivo di quasi 4,6 milioni di individui con un’incidenza del 7,7 per cento ( 8,4 per cento nel 2018)”. La povertà assoluta è quindi diminuita di 0,6 punti e non del 60 per cento, come sostenevano Tridico e, dietro di lui, tutto il M5s e li premier Conte. Il numero di individui in povertà assoluta è sceso di circa 400 mila unità (da 5 a 4,6 milioni), quindi circa il 9 per cento, molto meno del 60 per cento che invece avrebbe dovuto corrispondere a 3 milioni di poveri in meno.
Anche gli altri dati sono meno positivi rispetto alle stime preliminari di altri indicatori di povertà fatte dal Centro studi dell’Inps e diffuse da Tridico. Ad esempio l’intensità di povertà e la povertà relativa, che secondo il presidente dell’Inps si sarebbero ridotte rispettivamente dell’8 e dello 0,8 per cento, secondo i dati dell’Istat sono rimaste pressoché costanti (anzi, l’intensità di povertà – che misura quanto poveri sono i poveri – è addirittura aumentata di circa un punto: dal 19,4 al 20,3 per cento).
A questo punto il tema non è tanto il merito, ovvero l’impatto del Rdc (che sulla riduzione della povertà è stato comunque positivo) e neppure i dati Istat sulla povertà (visto che ormai appartengono a un altro mondo, quello pre Covid). Ma c’è una questione di metodo, che riguarda l’affidabilità dell’Inps: è normale che al vertice di una delle più importanti agenzie della Pubblica amministrazione ci sia chi gioca con i dati a fini di bassa propaganda politica? E’ umanamente comprensibile da parte di Tridico la gratitudine verso chi lo ha nominato, ma il presidente dell’Inps dovrebbe seguire il principio dell’indipendenza e non quello della riconoscenza.