Non c'è sviluppo sostenibile senza agricoltura. Strategia per il rilancio del paese
Tra emergenza Covid-19 e investimenti per il futuro, il settore dell’agroalimentare italiano è ora davanti a una sfida epocale
Lo avevamo detto presentando le Linee programmatiche del nostro ministero nell’ottobre scorso: agricoltura, pesca e agroalimentare al centro dell’agenda politica e sociale del paese. Non abbiamo dunque dovuto aspettare, fortunatamente, la drammatica emergenza – prima sanitaria, adesso anche produttiva, economica e sociale – del Covid-19 per avere ben chiare centralità e strategicità di questa filiera per il nostro paese e per l’interesse nazionale.
Non a caso dico: questo settore è una parte rilevante dell’interesse nazionale. In termini produttivi ed economici vale circa il 14 per cento del pil con 219,5 miliardi di euro, ristorazione compresa. In termini di sovranità, qualità e sicurezza alimentare, garanzia degli approvvigionamenti, tutela e salvaguardia del territorio, del paesaggio, e di risorse preziosissime come suolo, acqua e aria. In termini di leadership europea. Per il valore aggiunto pari a 33 miliardi di euro che posiziona l’agricoltura italiana prima della Francia e della Spagna, e i diversi primati dei nostri prodotti, come evidenzia anche il lavoro della Fondazione Edison su “Le eccellenze agricole italiane”. E’ italiano oltre il 35 per cento del valore commercializzato dell’Ue di mele e uva, il 47 per cento di kiwi, il 61 per cento di nocciole sgusciate, il 35 per cento di prodotti vivaistici. Con il Made in Italy agroalimentare che è protagonista anche nel mercato dei prodotti certificati biologici e in quello delle Indicazioni geografiche, che detiene il primato mondiale dei riconoscimenti e un fatturato di 15 miliardi di euro all’origine.
Di questo sistema complesso (ricordo che il rapporto dell’European House Ambrosetti, “La creazione di valore lungo la filiera agroalimentare estesa in Italia” registra il fatturato economico complessivo del food in 538,2 miliardi di euro, per oltre due milioni di imprese e 3,6 milioni di occupati), l’agricoltura rappresenta il cuore pulsante. Oltre 1 milione di imprese che danno lavoro a più di 1,4 milioni di persone (917 mila in agricoltura e 486 mila nell’industria di trasformazione) e attraggono, più di altri settori, le nuove generazioni. Determinando insieme all’industria di trasformazione uno snodo strategico del sistema-paese come l’export agroalimentare. Lo scorso anno, il settore ha messo insieme circa 45 miliardi di euro pari a quasi il 10 per cento delle esportazioni totali nazionali: un valore rilevante per la reputazione del nostro paese, che si riverbera poi in termini di indotto e attrattività.
La Strategia nazionale per il sistema agricolo, agroalimentare, forestale, della pesca e dell’acquacoltura consegnata al Presidente Conte, compresa nel masterplan “Progettiamo il rilancio” in forma di schede e risorse aggiuntive da impegnare (circa 4 miliardi), non è dunque il frutto di un’emergenza, a cui pure dobbiamo sapere rispondere in tempi e termini adeguati e coerenti, quanto di un impianto programmatico-politico già tracciato e avviato con la Legge di Bilancio 2020, che adesso richiede obbligatoriamente implementazione, rafforzamento, una nuova più forte e condivisa consapevolezza. Questo affinché il posizionamento del settore, maturato in anni di impegno da parte di tutti gli attori economici e sociali della filiera, non venga vanificato, né siano intaccate le posizioni di leadership mondiale guadagnate. E affinché, anche attraverso la policy indicata proprio nella Strategia si sia capaci di garantire al sistema agroalimentare nazionale le risposte adeguate e di indicare alle nuove generazioni un paradigma produttivo e occupazionale positivo.
Una premessa concettuale è indispensabile: la filiera della vita va ripagata dell’enorme impegno messo in campo in questi mesi per garantire un bene essenziale come il cibo e consentire a noi tutti la salvaguardia di abitudini e consuetudini alimentari. E’ necessario valutare con attenzione come l’emergenza si sia riverberata su segmenti di eccellenza, mettendoli a dura prova. Ad esempio, sulle filiere fortemente penalizzate dal blocco del canale Ho.Re.Ca (Hotellerie, Restaurant, Cafè), dal rallentamento dell’export, dal modificarsi degli orientamenti da parte dei consumatori ben indicati dai periodici Report Ismea, dalla necessaria riorganizzazione del lavoro all’interno delle catene produttive.
La Strategia individua dunque risposte a una crisi generata nel presente, inedita per gravità e vastità, e contemporaneamente costruisce e nutre lo sguardo lungo, a garanzia del futuro lungo alcuni assi: potenziamento delle imprese e delle filiere; lotta al dissesto idrogeologico e tutela di risorse come suolo, acqua, foreste; tracciabilità e trasparenza sull’origine dei cibi; promozione internazionale; sostenibilità integrale e sicurezza nei controlli. Per dare risposte al presente e mettere a dimora il dopo. Partiamo da una verità: dinanzi alla crisi climatica l’agricoltura è parte della soluzione. E all’appuntamento con la sfida epocale delle trasformazioni climatiche e del futuro verde, quella italiana si presenta con le carte più che in regola, forte di un assorbimento netto paragonabile a quello dell’intera attività forestale e con un credito altrettanto forte in termini di biodiversità. Nessuno sviluppo sostenibile si può immaginare senza garantire al settore la centralità, adeguatamente sostenuta, che merita e ad agricoltori, allevatori e pescatori la giusta tutela del reddito. L’Italia può giocare da protagonista la partita del Green Deal europeo, esserne uno dei veri motori di proposte. E’ questa la condizione imprescindibile perché agricoltura, pesca, agroalimentare si affermino come settori del futuro, continuando ad attrarre, come accaduto finora, le nuove generazioni con performance importanti, siglando il patto necessario tra sostenibilità, ricerca, innovazione, qualità, legalità e tutela del lavoro. Il futuro del sistema-paese, il vero rilancio, passa da qui.
*Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura