Il caso Wirecard fa tremare il sistema finanziario tedesco
A indebolire la Borsa di Francoforte non sono i timori di una nuova ondata di contagi, ma lo scandalo legato al gruppo specializzato in pagamenti digitali
Milano. Sembravano i timori di una nuova ondata di contagi stamattina a rendere incerta la Borsa di Francoforte e invece, pur essendo il tema Covid sotto stretto monitoraggio degli investitori per il nuovo focolaio scoppiato in un mattatoio della Renania-Westfalia, è il caso Wirecard a imporsi come principale fonte di preoccupazione per le ripercussioni che potrebbe avere sull'intero sistema finanziario tedesco. L'ipotesi di uno scandalo finanziario in piena regola sta prendendo sempre più forma dopo che il cda presieduto da Markus Braun ha riconosciuto che la liquidità di 1,9 miliardi di euro “parcheggiata” presso una banca fiduciaria – punto che è stato al centro dei dubbi dei revisori dei conti, che si erano rifiutati di certificare il bilancio 2019 – “probabilmente non esiste”.
Si è scoperto così una falla nei conti del gruppo che, per le sue modalità ricorda tanto la vicenda Parmalat, quando nel 2003 alcuni miliardi di euro scomparvero nella fantomatica società “Buconero” con sede nel Delaware. In Borsa, intanto, il titolo continua a sprofondare con una perdita di capitalizzazione che in pochi giorni ha superato l'80 per cento indebolendo il Dax30, il principale indice del listino di Francoforte dove Wirecard è entrata nel 2018 al posto di Commerzbank. E la situazione sembra destinata a peggiorare dopo che Moody's ha deciso di ritirare il rating della società spiegando che le informazioni a supporto del mantenimento sono “insufficienti o inadeguate” e dopo che Bank of China ha dichiarato di valutare se porre fine a una linea di credito, il che equivarrebbe a togliere ossigeno necessario alla continuità aziendale.
Insomma, l'ipotesi di un crac è tutt'altro da escludere considerando che la somma volatilizzata rappresenta circa un quarto del bilancio del gruppo tedesco, che dovrà riscrivere completamente i conti del 2019 e quelli del primo trimestre di quest'anno. Al centro di tutta la vicenda c'è Marcus Braun, maggiore azionista e ceo per oltre un ventennio, che nel fine settimana si è dimesso dopo aver paventato la possibilità che la società abbia subito una colossale frode, cosa di cui al momento non c'è evidenza e, anzi, è emerso che le due banche asiatiche dove avrebbero dovuto essere depositati i soldi (Unibank e Bank of Philippine Island) hanno dichiarato che Wirecard non è neanche loro cliente.
Il punto è che le dimensioni di Wirecard sono rilevanti (5.800 dipendenti, presente in una settantina di paesi). La società è esposta con il sistema bancario tedesco e negli ultimi anni ha avviato diversi accordi di collaborazione strategica con partner fintech in vari paesi europei che hanno sottoscritto anche prestiti obbligazionari. Insomma, ci potrebbe essere il classico effetto domino ed è questo che si sta cercando di scongiurare in una fase in cui, per quanto la Germania abbia ha retto finora meglio di altri all'emergenza pandemica, le energie del paese sono tutte concentrate sulla ripartenza economica. E uno scandalo finanziario da gestire rappresenta un duro colpo alla reputazione di tutto il sistema.