Giovani senza turnover
Corte dei conti, Bankitalia, Ocpi: tutti bocciano Quota 100. Tranne Tridico. E l’Inps non vuole fare una valutazione
Roma. La Corte dei conti, nel suo Giudizio sul rendiconto generale dello stato, ha espresso un giudizio negativo su quota 100: “I risultati sono stati al di sotto degli obiettivi illustrati nella relazione tecnica che accompagnava il provvedimento, avente anche finalità di ricambio generazionale della forza lavoro”. Le parole nette contenute nella requisitoria del procuratore generale presso la Corte, Fausta Di Grazia, non sono certo giunte come una sorpresa. Sono semplicemente la constatazione dei moniti e delle previsioni degli economisti e dei commentatori che conoscevano la materia, la letteratura e i precedenti. Ma per un anno Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il governo gialloverde e i suoi “tecnici”, hanno continuato a dire che il pensionamento anticipato avrebbe fatto aumentare l’occupazione giovanile: 3 nuovi posti di lavoro per ogni quotacentista, assicuravano Salvini e Di Maio. E Pasquale Tridico, all’epoca fidato consigliere di Di Maio al ministero del Lavoro e per questo premiato con la presidenza dell’Inps, assicurava quantomeno che tutti i quotacentisti sarebbero stati sostituiti da giovani.
Non è andata così. Poche settimane fa, prima della requisitoria del procuratore Di Grazia, nel suo “Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica” la Corte dei conti ha stimato un tasso di sostituzione del 40 per cento (meno di un giovane assunto ogni due pensionati), con un impatto negativo sull’occupazione dello 0,2 per cento. A conclusioni analoghe è giunto l’Osservatorio dei consulenti del lavoro che stima un turnover del 42 per cento. Secondo la Banca d’Italia l’effetto di quota 100 è ben peggiore di quello stimato dalla Corte dei conti: una caduta dell’occupazione dello 0,4 per cento. Mentre l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica, in una nota in uscita oggi dal titolo “Quota 100 e il turnover che non c’è”, sostiene che le cose “andranno probabilmente molto peggio”.
Secondo l’Osservatorio diretto da Carlo Cottarelli “il tasso di sostituzione nel settore privato, vista la crisi economica, sarà probabilmente vicino allo zero” e “nel settore pubblico il turnover sarà probabilmente inferiore (anche se leggermente) a 1”. Le analisi e le stime sono univoche e concordanti. E tra l’altro i dati un segnale in netta controtendenza rispetto alla teoria alla base della “staffetta generazionale”: le adesioni a quota 100 sono superiori dove il tasso di attività è più basso, e quindi dove il mercato del lavoro è meno dinamico , l’economia più debole e il turnover più basso. Pertanto quota 100 è stato un provvedimento molto costoso disastroso da tutti i punti di vista, perché ha fatto salire sensibilmente la spesa previdenziale vanificando molti degli sforzi precedenti per tenerla sotto controllo, ha esacerbato gli squilibri e i privilegi del sistema retributivo ed è stata anche molto iniqua, sia dal punto di vista intergenerazionale ma anche da quello dei redditi, visto che è stato un regalo a una fascia benestante (l’assegno medio è stato di 1.979 euro, per i dipendenti pubblici di 2.165 euro).
L’unica personalità che ha fornito stime differenti da tutti gli organismi indipendenti pubblici e privati è Pasquale Tridico. Da consigliere di Di Maio assicurava un ricambio generazionale completo e, successivamente, da presidente dell’Inps in audizione presso la commissione parlamentare di Controllo degli enti previdenziali, ha parlato di “effetti lievemente positivi” di Quota 100. Ma senza citare alcuna fonte né mostrare un dato. Non è la prima volta che Tridico confonde la partecipazione a un talk-show con un appuntamento istituzionale, o il suo ruolo da economista organico del M5s con quello di presidente dell’Inps. Questa confusione tra propaganda e comunicazione istituzionale si è già tragicamente manifestata con le dichiarazioni sulla riduzione del 60 per cento della povertà assoluta grazie al Reddito di cittadinanza, recentemente clamorosamente smentita dai dati ufficiali dell’Istat che danno un impatto di un ordine di grandezza inferiore. C’è però un problema più grande. Quota 100 ha una durata triennale ed è stata definita dallo stesso Tridico una “misura sperimentale”. Prima della sua scadenza, l’anno prossimo, il legislatore dovrà di nuovo mettere mano alle pensioni e avrà bisogno di una valutazione basata sui dati. Ma all’Inps nessuno se ne sta occupando, neppure il suo Centro studi, probabilmente perché l’esito non piace. Quota 100 rischia così di essere una “sperimentazione” che termina senza un risultato, la prima sperimentazione in triplo cieco: quella in cui nessuno vede niente.