Mano mano che gli stati membri adottano provvedimenti per rilanciare le loro economie, alcuni governi ne approfittano per introdurre misure mirate che avvantaggiano attori economici nazionali a danno dei concorrenti europei
Bruxelles. Il mercato interno dell’Unione europea rischia di essere una delle grande vittime collaterali della reazione degli stati membri all’impatto economico del pandemia di Covid-19. Il problema non sono più le mascherine o i ventilatori polmonari, che avevano smesso di circolare liberamente nell’Ue a causa delle restrizioni alle esportazioni imposte da alcuni paesi – Germania e Francia in primis – all’inizio della crisi sanitaria per garantire il proprio approvvigionamento. Il problema non sono nemmeno i prodotti alimentari o pezzi di ricambio per le auto, che avevano iniziato a scarseggiare dopo la decisione unilaterale di diversi stati di reintrodurre le frontiere interne provocando centinaia di chilometri di code di camion carichi di merci. Il principale agente patogeno per il mercato interno sono gli aiuti di stato che di fatto favoriscono le imprese dei paesi (come la Germania) che hanno più margini fiscali. Ma c’è anche un virus più surrettizio: mano mano che gli stati membri adottano provvedimenti per rilanciare le loro economie, alcuni governi ne approfittano per introdurre misure mirate che avvantaggiano attori economici nazionali a danno dei concorrenti europei. Ma la Commissione di Ursula von der Leyen, che dovrebbe svolgere il ruolo di guardiano, per il momento preferisce evitare le infrazioni.
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