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Il governo aiuti coi soldi europei la piccola e media impresa, dice Cna

Claudio Di Donato

Per la Confederazione l’utilizzo efficiente di tutte le risorse comunitarie rappresenta la pietra angolare per rimettere il paese sul sentiero della crescita

Tra i paradossi italiani spesso non viene sottolineata la coesistenza di una architettura normativa barocca e complicata con un dibattito politico il cui tratto distintivo è l’eccesso di semplificazione anche su questioni complesse. Il tutto condito con robuste dosi di ideologismo e moralismo d’antan. In un’ottica tutta italiana, il tema della politica e degli strumenti europei per rilanciare l’economia colpita dalla pandemia riflette la distonia tra un approccio europeista a prescindere e un pregiudizio sulla casa comune come se esistesse una valida alternativa. Il rischio è indebolire gli interessi del paese e non scorgere alcuni cambiamenti nella traiettoria e negli equilibri europei.

 

Mentre l’Europa è alla vigilia di un delicato negoziato, l’Italia si caratterizza per le aspre polemiche sul Mes e sul Recovery Fund. Per la Cna (Confederazione degli artigiani e della piccola e media impresa) l’utilizzo efficiente di tutte le risorse comunitarie rappresenta la pietra angolare per rimettere il paese sul sentiero della crescita. Una visione più pragmatica riuscirebbe a cogliere la svolta importante provocata dal Covid-19.

 

Finalmente la politica monetaria e quella fiscale in Europa hanno intrapreso la stessa direzione e riversano particolare attenzione al sostegno delle piccole e medie imprese, riconosciute tassello fondamentale del sistema economico europeo. Una novità rilevante, considerando che anche nel recente passato il mancato sincronismo, e talvolta vere e proprie frizioni come nelle crisi bancarie, tra Bruxelles e Francoforte ha rappresentato il punto debole delle politiche anti crisi europee. Nella visione italiana invece gli strumenti monetari sembrano essere alternativi a quelli fiscali. La risposta europea sarà tanto più efficace quanto più la le misure economiche e fiscali saranno complementari e aggiuntive a quelle monetarie. L’azione della Bce è strutturata per rispondere nell’immediato all’emergenza mentre quella di Bruxelles è in larga parte orientata a sostenere le politiche per la crescita.

 

Per l’Italia, quindi, la questione non dovrebbe riguardare la scelta dello strumento, piuttosto le modalità di impiego. Da tempo Cna sollecita la definizione urgente di progetti di medio lungo periodo per potenziare la produttività e un deciso rafforzamento della capacità di spesa. L’insieme degli strumenti possono attivare per il nostro paese risorse intorno ai 500 mld di euro, di cui circa 220 per l’acquisto di titoli di Stato grazie al Pandemic Emergency Purchase Programm e circa 170 dal Recovery Fund. Un altro aspetto che fatica ad emergere dal dibattito è che la strumentazione della politica monetaria è ben definita e operativa mentre gli interventi di politica fiscale sono da disegnare. Gli eccessi di semplificazione possono condurre a letture erronee.

 

Il confronto in Europa, causa Covid-19, ha modificato in profondità i riferimenti tradizionali, il gruppo del rigore e disciplina fiscale contrapposto a quello della spesa facile e solidarietà. La stessa genesi della proposta della Commissione segna una svolta. Storicamente l’asse franco-tedesco si sarebbe attivato per individuare il compromesso al termine del negoziato. In questa circostanza ha giocato d’anticipo, segnale che Parigi e Berlino restano indispensabili ma non hanno più la forza per assicurare il consenso. Ci sono molte questioni da dirimere e che non si possono ricondurre a due schieramenti. Ad esempio la dimensione del bilancio è ancora aperta, così come la composizione tra le risorse a fondo perduto e i finanziamenti. Non meno importanti saranno i criteri di ripartizione, quanto durerà il programma, le modalità di rimborso dei prestiti, gli obiettivi e le condizioni delle misure. A questi si aggiungono elementi storici di ogni negoziato sul bilancio europeo: la ripartizione delle risorse tra agricoltura, politiche di coesione, la questione dei rimborsi che interessa soprattutto Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia. Un gruppo che si è spaccato confermando che in questo negoziato le ideologie non esistono, è una questione di soldi e interessi degli stati. Il nostro paese dovrebbe evitare la trappola dei riferimenti ideologici e costruire un elenco puntuale di priorità per tornare a crescere sul quale cucire la strategia per il negoziato. In parallelo la Cna ribadisce l’esigenza di ridisegnare il moloch statale attraverso un’azione potente di semplificazione accompagnata da un fisco moderno, da rinnovata capacità di progettazione e da strumenti capaci di trasmettere al sistema produttivo le ingenti risorse in arrivo. Può sembrare una mission impossibile ma nella nuova Europa segnata dalla pandemia la risorsa più scarsa è diventata il tempo.

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