Si fa presto a dire lavoro. Ho passato diversi piacevoli minuti in compagnia di Maurizio Landini, venerdì scorso a “In Onda” con Luca Telese e David Parenzo, e nel corso della chiacchierata con il segretario della Cgil sono emersi molti spunti utili per capire qual è oggi il vero tabù culturale nascosto dietro alle problematiche sul lavoro. In questa specifica fase della nostra storia, le problematiche legate al lavoro sono problematiche che appartengono a tutto il mondo e non bisogna essere degli scienziati dell'economia per capire che quando la crescita va giù inevitabilmente anche i posti di lavoro vanno giù. Vale per l'Italia, che secondo le previsioni più rosee registrerà a fine anno un calo del pil pari al 10 per cento, e vale per tutti gli altri paesi gravemente colpiti dal coronavirus, e dato che siamo ottimisti non osiamo pensare a cosa potrebbe accadere qualora la virologia da bar sport che sostiene sia tutto finito e che sta spingendo molti cittadini a credere che il virus sia finito, dovesse avere torto. Il punto, dunque, non è riconoscere la necessità di assistenzialistiche misure tampone, cosa che anche i più temibili tra i liberisti oggi riconoscono che sia necessaria, ma il punto è rendersi conto che intervenire sulla rivoluzione in corso nel mondo del lavoro usando solo la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti è come voler affrontare una pandemia distribuendo aspirine.
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