Roma. Un quadrilatero composto da Intesa Sanpaolo, Generali, Mediobanca e Unipol, s’accinge a occupare il centro di quella che un tempo veniva chiamata la galassia finanziaria del nord. L’offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa su Ubi si è conclusa con successo (il gruppo guidato da Carlo Messina ha ottenuto il 72 per cento delle azioni e può integrare la banca bergamasca). Da questa fusione esce rafforzata anche la Bper (Banca popolare dell’Emilia-Romagna) controllata da Unipol, alla quale andrà una quota importante di clienti (si parla di attività pari a 20 miliardi di euro), per evitare posizioni oligopolistiche della banca milanese. Un’altra casella del risiko lombardo-veneto dovrebbe essere occupata tra oggi e domani: l’accordo tra le Assicurazioni Generali e la Cattolica, la compagnia storicamente legata alla curia di Verona, sul quale è chiamata a decidere l’assemblea. Nell’un caso e nell’altro si sono manifestate resistenze, fisiologiche in ogni fusione e concentrazione, ma segnate in modo particolare dal particolarismo anche territoriale che caratterizza l’Italia e ha impedito finora la costruzione di un sistema finanziario moderno e robusto. Alla fine gli azionisti della Ubi hanno ottenuto un aumento del valore dell’offerta e hanno ceduto di fronte alla prima banca italiana.
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