Problema: ma come si fa ad accelerare il futuro se chi dovrebbe far girare la macchina del paese piuttosto che ingranare le marce per andare avanti sceglie di ingranare le marce per andare indietro? In un libro illuminante pubblicato qualche settimana fa con Rizzoli, il professor Pietro Ichino, giuslavorista con gli attributi, che i lettori di questo giornale conoscono bene, ha dedicato spazio a un tema purtroppo poco presente all’interno del dibattito pubblico del nostro paese e ha invitato la classe dirigente italiana a riflettere su un punto importante: prima che sia troppo tardi, occorre che i sindacati dei lavoratori e i sindacati degli imprenditori si rendano conto che nell’èra dell’automazione, dell’intelligenza artificiale e della globalizzazione, senza innovazione organizzativa e tecnologica nessuna impresa può avere un futuro. “Ai lavoratori è indispensabile un sindacato che sappia guidarli nella valutazione del piano industriale innovativo e che, nel caso di valutazione positiva, sappia guidarli nella negoziazione della scommessa comune con l’imprenditore su quel piano. E che sappia essere un partner autorevole dell’imprenditore nella gestione dell’innovazione”. Con parole semplici, Ichino coglie il cuore del problema e offre ai sindacati degli imprenditori e dei lavoratori qualche spunto utile per riflettere attorno al tema dei temi: in una stagione in cui il mondo accelera, in cui l’economia cambia e in cui il lavoro si trasforma, ci si può permettere di avere sindacati che più che occuparsi di pensare al futuro si occupano di pensare solo a come riportare in vita il passato?
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