Lo statalismo di ritorno apre una nuova stagione per le Authority
Ora il campo di gioco è più stretto, ma le Autorità indipendenti svolgono ancora un ruolo fondamentale
In appena due anni di legislatura sono cambiati il collegio dell’Autorità dell’Energia (Arera), il presidente della Consob, il presidente dell’Autorità garante della concorrenza (Antitrust), il presidente dell’Autorità anticorruzione, il collegio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom); dalla primavera è attesa la nomina del consiglio dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb); in autunno toccherà all’Autorità di regolazione dei Trasporti (Art). Il potere politico, nelle sue diverse articolazioni (a volte l’esecutivo, a volte il legislativo, a volte in combinazione, secondo quanto previsto dalle leggi istitutive), sta definendo una “nuova costellazione” del potere regolatorio.
Le nomine avvengono in tempi in cui il sistema articolato di pesi e contrappesi, di cui le Authority costituiscono un pilastro essenziale, volto a evitare un'ingerenza diretta della politica nel funzionamento del mercato, non gode di grandissima salute. E anche le tecnocrazie, che impersonavano il modello dello Stato regolatore, non sono particolarmente ben viste. La nuova costellazione del potere regolatorio sarebbe dunque meno rilevante per le sorti dell’economia italiana e le Autorità indipendenti sarebbero incamminate su un Sunset Boulevard? Non necessariamente. È utile intanto ricordare che il ridimensionamento del ruolo delle Autorità rappresenta, fin dalla loro travagliata nascita, una sorta di fiume sotterraneo che attraversa la cultura politica e giuridica italiana, dove le ideologie favorevoli all’intervento pubblico nelle forme più intrusive (pianificazione e programmazione, proprietà e gestione pubblica delle imprese, sussidi statali, concessioni e autorizzazioni discrezionali) sono sempre state forti e radicate.
Segni nella direzione del ridimensionamento si erano manifestati già nella fase ascendente del modello delle Autorità indipendenti attraverso il trasferimento ai ministeri di settore di alcune competenze inizialmente attribuite alle autorità di regolazione. Ora, in tempi di “statalismo di ritorno” quel fiume è tornato alla luce del sole e scorre impetuoso. Le Autorità di regolazione potranno tuttavia mantenere un loro ruolo se sapranno raccogliere alcune sfide. Ne vedo in particolare tre. La prima consiste nel continuare a esercitare con autorevolezza il potere regolatorio, seppure in uno stretto, maggiore che in passato, coordinamento con il governo: in un periodo di rinazionalizzazioni e di riduzione della concorrenza lo spazio per la regolazione di certo non si riduce. Ovviamente ci saranno tentativi di interferenza ma questi ci sono sempre stati e non dipendono dalla proprietà. Più stretto il sentiero per l’autorità della concorrenza, anche se lo scrutinio del potere di mercato dei giganti del tech resta un campo di battaglia molto ampio, pur condotto nel rispetto della regola che le imprese non vanno attaccate solo perché hanno una posizione dominante.
In virtù del capitale umano e delle competenze acquisite in ormai un ventennio di attività, le autorità – ed è la seconda opportunità – potranno monitorare con analisi accurate gli effetti delle decisioni di politica economica del governo, in un periodo di ridisegno dei mercati; in altri termini dovranno valorizzare i loro poteri di segnalazione, anche in relazione al Recovery plan (che richiede espressamente indicatori sulle misure proposte). Infine, le Autorità potranno incunearsi nel gioco istituzionale, nell’ampio ridisegno degli equilibri dell’economia italiana che è in corso: le Authority rappresentano uno strumento che arricchisce il processo decisionale, in qualche caso anche uno scudo dietro cui il governo può ripararsi. Non è un caso che il presidente del Consiglio, a conclusione del negoziato su Autostrade, abbia sottolineato come i Benetton abbiano “accettato di riformulare il piano tariffario secondo le nuove indicazioni dell’autorità regolatoria (Art)”. Che ci sia un terzo che fornisce “indicazioni” evoca il ruolo di un consigliere imparziale e dà lustro a un processo decisionale che rimane politico.
Cambiando settore, il Movimento 5 stelle, dopo aver proposto all’inizio della legislatura la soppressione dei poteri di tariffari dell’Arera nel settore idrico, si è reso conto di come il patrimonio di competenze di quell’Autorità poteva essere finalizzato a disegnare tariffe più eque e a realizzare l’idea dell’“acqua bene comune”, e sembra aver abbandonato quel progetto. Ed è tutt’altro che marginale il ruolo che potranno giocare Agcom e Antitrust sulla vicenda della rete unica nelle tlc, per evitare che la fine della concorrenza infrastrutturale e il passaggio a un monopolio regolamentato si traduca in un danno per i consumatori.
Quindi: farsi trovare pronti nei momenti in cui si deve intervenire e giocare le proprie carte, nell’interesse dell’economia nazionale. Nel nuovo contesto le Authority dovranno mostrare, oltre alla competenza, una capacità di manovra con il governo che non era nel disegno originario dei “puristi”. Ma sarebbe inutile evocare contesti culturali e istituzionali che non ci sono più (e quando c’erano non erano poi così solidi): il “campo di gioco” per le Authority è divenuto più stretto ma vi sono spazi per esercitare un ruolo utile per la ripresa dell’economia italiana. Vedremo se e come saranno in grado di cogliere questa opportunità.