Il premio Nobel per l’Economia Paul Samuelson si starà rigirando nella tomba nel vedere riproposte vecchie ricette economiche da lui archiviate sia sul piano logico sia pratico. Una tra tutte: il “pump-priming”, ovvero l’“adescamento” che si usava per attivare le vecchie pompe idrauliche, applicato al moltiplicatore fiscale. Secondo questa logica, le risorse che un governo mette in campo per stimolare la crescita attraverso spesa pubblica e investimenti possono innescare una crescita virtuosa che si auto alimenta al punto che i guadagni di pil e di gettito fiscale sarebbero sufficienti ad azzerare l’indebitamento aggiuntivo iniziale. Purtroppo, come appunto dimostrato da Samuelson, la spesa pubblica non ha questi effetti miracolosi. In sostanza, non c’è una via d’uscita dall’alto debito attraverso la spesa pubblica o lo stimolo alla domanda, sia pur per investimenti. E pur tuttavia, bisogna riconoscere che la situazione di oggi è particolare, e diversa dal passato per vari aspetti. Innanzitutto, l’economia mondiale ha attraversato una crisi senza precedenti, segnata al suo inizio da un improvviso arresto cardiaco che ha richiesto – letteralmente – la ventilazione artificiale per evitare una morte prematura, con fallimenti di imprese a livello sistemico e disoccupazione alle stelle.
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