Da qui al 2036 il 33 per cento della spesa pubblica (un euro su tre) se ne andrà in pensioni, ma solo se aumenteranno popolazione, crescita e produttività. Altrimenti il sistema sarà insostenibile per i giovani
“Quota 100 è stata un’offerta temporanea triennale, che scadrà l’anno prossimo. Non è all’ordine del giorno il rinnovo”, aveva detto il presidente del Consiglio al Festival dell’economia di Trento. Essendone stato l’autore, Giuseppe Conte non ha potuto dire la verità, ovvero che Quota 100 è stato una misura deleteria, ma ha spiegato che era “un progetto triennale che veniva a supplire a un disagio sociale” prodotto dalla riforma Fornero. Il governo si troverà però a gestire un nuovo “scalone” prodotto proprio da Quota 100, che il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (in accordo con la Cgil) intende affrontare con nuove forme di prepensionamento. Prima di spingersi ulteriormente lungo questo sentiero, però, il governo e le forze politiche di maggioranza dovrebbero osservare quali sono le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico evidenziate nella Nadef presentata dallo stesso Conte e dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
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