L'epidemia ha messo ulteriormente in luce le disfunzioni dell'intreccio perverso fra politica e apparato burocratico. Se non si riforma la Pubblica amministrazione, introducendo merito ed efficienza, l’Italia non riparte. Qualche proposta dall'ultimo libro di Tito Boeri e Sergio Rizzo
Il Covid, come abbiamo purtroppo imparato a conoscere, è una malattia che colpisce soprattutto le persone più fragili. Allo stesso modo colpisce più duramente le fragilità delle organizzazioni sociali. E in Italia l’apparato pubblico, il corpaccione statale, di certo non scoppiava di salute. Si portava dietro una serie di criticità, di patologie, che con l’epidemia sono diventate più evidenti e gravi di prima. Anche per questo motivo l’Italia, che già prima era più lenta degli altri paesi, ora che si è fermata fa fatica a riprendersi. Nel libro di Tito Boeri e Sergio Rizzo, “Riprendiamoci lo stato” (Feltrinelli), la descrizione delle disfunzioni della macchina pubblica è impietosa e va dalle inefficienze alle ruberie, in tutti i settori. Tutto fa parte di quella che gli autori definiscono come il vero male del paese che non è la burocrazia, ma la “poliburocrazia”. Ovvero “l’intreccio perverso fra politica e amministrazione che affligge da anni la nostra macchina pubblica”.
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