Il Premio Nobel per l’Economia 2020 va a due studiosi della Stanford University, Paul Milgrom e Robert Wilson, per i loro lavori sul funzionamento dei mercati: soltanto attraverso processi competitivi ben disegnati si può conoscere il valore delle cose. Solo che, a volte, definire correttamente le regole del gioco può essere complicato: i beni scambiati possono non essere omogenei, le informazioni sulle loro caratteristiche possono essere distribuite in modo asimmetrico tra i partecipanti e influenzarne il comportamento e, in ultima istanza, l’esito finale del processo. Che fare, allora? Le aste sono quotidianamente impiegate in tutto il mondo. Si pensi a eBay o alle gallerie d’arte. Gli economisti hanno però dimostrato che possono essere usate anche negli scambi che coinvolgono soggetti pubblici per perseguire interessi di natura collettiva. E’ il caso degli appalti pubblici o dell’affidamento di beni o servizi in concessione a terzi. Per esempio, l’assegnazione dello spettro elettromagnetico a operatori privati delle telecomunicazioni (inclusa l’asta con cui il governo italiano ha incassato 6,5 miliardi per le frequenze 5G). O, ancora, l’allocazione delle quote di emissione di CO2, per perseguire la decarbonizzazione dell’economia al minore costo possibile per la società. Un caso di ancora maggiore attualità è quello del vaccino contro il Covid-19: quando sarà disponibile, gli stati dovranno disegnare adeguati meccanismi di approvvigionamento.
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