Quanti sono stati i dipendenti di scuola e sanità a essere andati in pensione prima del tempo grazie alla riforma di Salvini? I primi dati che ci sono stati offerti dall’Inps sono dati aggregati ma confermano il nostro sospetto: la struttura pubblica ha perso personale prezioso, senza alcun ricambio
Da almeno sette mesi a questa parte, più o meno dai primi giorni in cui l’Italia si è ritrovata a fare i conti con il Covid-19, la convivenza quotidiana con la pandemia ha costretto il nostro paese a fare costantemente i conti con una serie di infiniti stress test capaci di misurare in modo spietato la capacità effettiva di resistenza del nostro sistema istituzionale. Il Covid-19 ci ha insegnato che per governare una pandemia non esistono modelli perfetti (Germania a parte?) e che quando l’onda diventa troppo grande anche le strutture più resistenti vengono inesorabilmente travolte. Ma la convivenza con il virus ci ha insegnato anche a studiare con maggiore attenzione quali sono i punti di fragilità del nostro paese. E accanto ad alcune fragilità contingenti, di cui molto si parla, come quelle legate alla capacità di rafforzare il nostro sistema sanitario, vi sono altre fragilità strutturali, di cui poco si parla, che meriterebbero di essere messe a fuoco per avere, anche a futura memoria, un’inquadratura più completa su alcuni vizi importanti del nostro paese. E uno dei vizi di cui si è meno parlato durante la pandemia – vizio che si trova all’origine di alcuni importanti deficit strutturali mostrati in questi mesi dall’Italia – è quello che coincide con una parola e con un numerino che hanno contribuito in modo sostanziale a rendere più fragile l’Italia: quota 100.
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