L’Italia, ancora più di altri paesi, ha bisogno di una grande trasformazione nel lavoro, nell’organizzazione delle imprese, nello studio, nel modo di pensare; e la pandemia lo ha confermato. Non è solo questione di risorse economiche o di infrastrutture, ma soprattutto di cultura, perché serve davvero una rivoluzione intellettuale per entrare in pieno nel nuovo mondo digitale. Rete unica, ibrida, convergente, fissa, mobile: una discussione futile se non si capisce che cosa si fa e come si utilizzano gli strumenti a disposizione. Concentrare la disputa sui mezzi anziché sul fine è peggio che inutile, è dannoso. Alberto Calcagno parla di “patente digitale”: possiamo costruire le migliori autostrade del mondo, moltiplicando le corsie, eppure resteranno vuote se non ci sarà chi è in grado di utilizzarle. Usando un’altra metafora, le infrastrutture sono le fondamenta, ma è importante sapere che tipo di palazzo costruirci sopra. E proprio questo è il punto debole del gran parlare che si fa in Italia.
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