Il M5s e il Pd di Emiliano vogliono la chiusura dell’area a caldo. Il Mef prepara mezzo piano industriale puntando sull'area a caldo, ma manca l'altra metà basata sull'idrogeno che spetta al Mise. Nell'incertezza il governo nazionalizza e affida tutto ad Arcuri.
C’è una vicenda, parallela a quella del Mes, che si sta consumando negli stessi giorni e negli stessi termini: l’Ilva. C’è un accordo siglato dal governo contestato dai parlamentari del M5s che fanno fatica a rimangiarsi il programma elettorale (dallo “smantellamento” del Mes alla chiusura dell’Ilva). E così la classe dirigente di governo – dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo, Sergio Costa e Stefano Patuanelli, fino al capo politico Vito Crimi – viene ferocemente attaccata dai militanti e dagli eletti nel territorio. Se per il Mes il giorno fatidico sarà domani, con il voto della risoluzione se esiste ancora una maggioranza, per l’Ilva sarà il giorno successivo, il 10 dicembre, quando dovrebbe arrivare la firma – rinviata dal 30 novembre – dell’accordo tra ArcelorMittal e lo stato, rappresentato dal solito Domenico Arcuri in qualità di amministratore delegato di Invitalia, che entrerà nel capitale del polo siderurgico con una quota del 50%. Contro questo accordo si sta mobilitando la base del M5s: “Il Mise e il ministero dell’Ambiente guidati dal M5s si sono dimostrati subalterni al Mef a guida Pd, e non all’altezza – dice il deputato tarantino del M5s Giovanni Vianello –. E’ una vergogna, Vito Crimi dovrebbe dimettersi, verranno sprecati miliardi di soldi pubblici mentre si continuerà ad inquinare e a prorogare la cassa integrazione” .
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